l’epoca delle grandi privatizzazioni italiane che decretarono l’inizio della fine del Paese, iniziò proprio con il "suicidio" di .....

tontolina

Forumer storico
e chi c'era al governo? DRAGHI
che ci aspetta ora? sarà decretata finalmente la fine degli italiani spogliati di tutto?

Il “suicidio fatto male” (apposta) di Catricalà ed i significati lugubri dell’evento, in attesa degli accadimenti che il morituro… (Condoglianze alla famiglia)
Maurizio Blondet 26 Febbraio 2021


….Il giorno prima di morire Raul aveva detto in Foro Buonaparte che sarebbe andato da Di Pietro il giorno dopo a spiegare tutto. Sta di fatto che morì prima di andare in Procura, memore della morte di Gabriele Cagliari, anche quella una strana morte come spiegò nei dettagli il giudice Almerighi nel suo libro “Suicidi”(?)
Ve la faccio semplice: la prima Tangentopoli, a cui seguì la piccola Tangentopoli II tra il 2012 ed il 2014, fu costellata di episodi mai spiegati. Leggetevi il libro del giudice Almerighi, se lo trovate ancora, e capirete.
Sappiate solo una cosa: l’epoca delle grandi privatizzazioni italiane che decretarono l’inizio della fine del Paese, iniziò proprio con la morte di Raul Gardini. E senza dimenticare che Guido Carli firmò il Trattato di Maastricht, che come ben sapete era aborrito dalla prima Repubblica, come ministro di un governo decaduto, proprio causa Tangentopoli, Craxi docet (…).
Anche la morte di Raul Gardini sembrava tutt’altro che un suicidio, con lavori in strada in Piazza Belgioso lasciati a metà, con annessi martelli pneumatici mi dicevano i colleghi di Montedison; oltre a dettagli salienti che troverete se leggerete il libro sopra citato. Ad esempio, che l’attuale procuratore capo di Milano piangeva come un bambino alla morte di Gardini, ma chiaramente se ne guardò bene dall’indagare le ragioni di quelle lacrime quando divenne procuratore capo della Procura che seguì ai tempi le indagini, sbattendo di fatto contro un muro.

Chiaramente, la stessa procura che non trovò nulla di anomalo nella morte di Gabriele Cagliari (ex presidente ENI) in carcere, suicidatosi con un sacchetto di plastica stretto al collo.

A Roma invece gli eventi sono da sempre più spettacolari, assieme all’ignavia italica – unita ad ignoranza – che non fa capire al popolino lercio che ad accettare certe derive poi arrivi precisamente dove siamo oggi, nella merda, basta attendere qualche anno, pochi.
Vedasi la morte di Castellari, il vero ras delle partecipazioni statali dei tempi, coinvolto in scandali indicibili, non solo di armi che coinvolgevano anche la monarchia belga e/o olandese se ricordo bene, sembra (il caso Dutroux era in Belgio, mai dimenticarlo, ndr); se nel caso le morti di Gardini e Cagliari sarebbero state diciamo dissimulate nella loro vera essenza, quella di Castellari No!

Infatti, si sa, a Roma della forma se ne fregano, da millenni, non ne hanno bisogno: dunque Castellari morì in un modo a dir poco strano, per suicidio con un colpo alla testa ma con l’arma infilata nella cintola dei pantaloni (evidentemente accadde qualcosa di miracoloso…). Naturalmente la procura di Roma, alias Porto delle Nebbie, concluse che si trattava di suicidio, come poteva essere altrimenti!

Arriviamo a Catricalà, che in teoria si è ucciso in balcone essendo in possesso di una pistola calibro 38 a tamburo. Il Corriere della Sera ci informa che è stato rinvenuto il bossolo dello sparo mortale su un balcone di un altro appartamento (appartamento vuoto, similitudine con Gardini?); chiaramente, si sa, il bossolo salta da un balcone ad un altro. Soprattutto in una pistola a tamburo, che non espelle bossoli (rammentando che il calibro “9 corto” citato da Dagospia, alias 9×19, è appannaggio solo delle forze dell’ordine e dei militari, non dei civili, ndr)

Eppoi volete mettere, suicidarsi in balcone, negli ultimi attimi di vita?

Insomma, è inutile che vi prenda in giro: quando ero piccolo e morì Gardini le cose erano diverse, non c’era stampa indipendente, non c’erano i blogs. Allora come oggi i suicidi “fatti male”, come quello di Castellari – sempre a Roma – è errato disquisire se siano davvero suicidi, non è assolutamente il punto. [Evitando però di aggiungere che abbiamo tutti fiducia nella correttezza delle indagini].
Infatti, come blog, ritengo che i tempi siano cambiati. E che, soprattutto in tempi di COVID, sua genesi inclusa, non è più importante difendere la forma. Forma, che con un’apparenza così fessa, significa solo una cosa: voler dare un segnale. Si, a partire da Castellari, con la sua morte così assurda (sempre si tratti di morte sua, …), evidentemente voluta “così”, si volle dare un segnale a chi osservava. Ossia che non bisognava opporsi al trend in atto…*

Così fu. E sappiamo anche cosa venne dopo (a chi ad es. fu venduta Montedison, al ministero della difesa Francese, non scherzo).

Ugualmente oggi, Catricalà morto in situazioni così assurde, certamente un segnale, vedremo a chi.

[…] non è più necessario mantenere una benchè minima apparenza: anzi, nel periodo di King Gates e di Bergoglio, il popolo deve capire che non può nulla, che i tempi sono “finiti”, che la gente non comanda più e la democrazia non esiste veramente, quanto meno nelle cose importanti. Il risultato, permettetemi, sono le inettitudini enciclopediche, unite a poca scuola e nulla preparazione specifica per il ruolo ricoperto, ad es . di Di Maio e Salvini, che dovrebbero rappresentare “il nuovo”.
Ossia che i giochi sono fatti dall’alto, i mercati sono manipolati, che i giudici giudicano solo nel rispetto di boundary conditions ben precise ecc. ecc..

l’integrale qui:
 
che giudici giudicano solo nel rispetto di boundary conditions ben precise ecc. ecc..

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E che Trump doveva andarsene, per ragioni più ideologiche e di equilibrio che per sue colpe, infatti l’unica colpa di Trump è stata di fare gli interessi del suo paese, che al 100% ama (al contrario dei politici italiani ad esempio, vedasi quanto sopra). Ma andandosene così, in silenzio, avendo totalmente ragione nella sostanza come dice il Time [vaticinando quanto vi sto spiegando qui], da vero patriota quale è, a parte concordare la sua totale immunità, sappiate che il Presidente ha ottenuto degli accordi anche e soprattutto economici mondiali che toglieranno di mezzo ad es. Angela Merkel, bruciata, che ritengo rischia di non andare nemmeno all’ONU (la vedo meglio a fare le vacanze perenni a Capri più che a Ischia come suo solito).

Rapporti che regoleranno le esistenze economici per i prossimi decenni con l’area perdente al prossimo giro, ossia l’EU. Anche manu militari se necessario: mentre la Cina e Mosca resteranno nella tri-Yalta, Berlino pan-tedesca non ci sarà.

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E se vorrà – Berlino – opporsi al messaggio inviato anche – ma solo marginalmente – dall’Italia, beh, allora c’è sempre Irlmaier.

Dunque, come capite, a parte i messaggi diciamo riduttivamente massonici di alto livello che si celano – nemmeno troppo – dietro la morte di Catricalà, non vedo nessun problema a ridenominare questo periodo come la fine della storia democratica dell’Occidente. In cui, come al solito, l’Italia è il piccolo laboratorio che anticipa i tempi, facendo capire al volgo finalmente che non deve nemmeno opporsi.

Dunque, non chiedetemi come finiranno l’Italia e gli italiani, significherebbe non avere capito davvero nulla di cosa sta accadendo davanti ai vostri occhi.

Ah, dimenticavo, per questo intervento i commenti resteranno chiusi.

MD

*

Un po’ come dopo la sciagura di Ustica, in cui decine di militari italiani che erano al corrente di cosa capitò quella notte morirono in strani suicidi, chi appeso ad un albero toccando terra, chi appeso nel bagno allo portasciugamani sempre toccando terra (ce lo spiega il giudice Priore nel suo bel libro “Intrigo Internazionale”, con Fasanella se ricordo bene, notando come a Priore nessuno osi chiedere alcunchè di cosa sa sul passato assimilabile al presente, …). Anche l’incidente di Ramstein delle Frecce Tricolori, in cui morirono decine di persone, vide tra i morti proprio i due testimoni chiave che da lì a pochi giorni avrebbero dovuto testimoniare davanti al giudice Priore sui fatti di Ustica, visto che tali testimoni durante gli eventi della caduta del volo Itavia erano in volo di addestramento sugli Appennini, avendo comunicato con una manovra particolare un possibile atto di guerra sui cieli italiani (…)
 
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Derivati sul debito: a processo Morgan Stanley, Grilli e Siniscalco. Difensore della banca l’ex sottosegretario Catricalà

Prima udienza del processo in cui la magistratura contabile contesta un danno erariale da 4 miliardi di euro alla banca d'affari, ai due ex ministri del Tesoro, al direttore generale del ministero e alla ex responsabile del debito italiano.
L'accusa: "Ignorati e sottovalutati i rischi".
La difesa: "Contestare il contratto avrebbe devastato il mercato finanziario"


Un organo dello Stato – la Corte dei Conti – che accusa quattro ex ed attuali rappresentati dello Stato e una banca d’affari di aver causato un danno erariale da 4 miliardi di euro. E un ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex presidente Antitrust che indossa le vesti di difensore della banca. A fare da contorno, sostenendo le tesi dell’accusa, un gruppo di associazioni che rappresentano consumatori e utenti dei servizi bancari. A Roma è andata in scena la prima udienza del processo che vede sul banco degli imputati Morgan Stanley, gli ex ministri all’Economia Domenico Siniscalco (dal 2006 nel board di Morgan Stanley international) e Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e Maria Cannata, che per oltre 17 anni – fino allo scorso febbraio – ha gestito il debito pubblico italiano.
Massimiliano Minerva, sostituto procuratore presso la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, ha sostenuto che il ministero dell’Economia ha “ignorato e sottovalutato” i rischi dei contratti derivati sul debito pubblico sottoscritti con Morgan Stanley.
E ha “gestito denaro pubblico come se fosse privato”.
Così durante il gov. Monti tra fine 2011 e inizio 2012 la banca d’affari ha chiesto e ottenuto, senza che il Tesoro si opponesse, l’attivazione di una clausola di estinzione anticipata di uno di questi contratti. Una scelta costata miliardi di euro alle casse dello Stato.
“Contratti nulli perché aleatori? Allora deve essere nullo anche il Superenalotto e tutti i derivati sottoscritti con tutte le banche”, è stata la sua linea di difesa”, ha ribattuto il legale della banca Antonio Catricalà, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Monti nonché ex viceministro allo Sviluppo con Letta.
Antonio Palmieri, difensore di Cannata, dal canto suo ha replicato che “ciò che la Procura afferma avrebbe provocato la devastazione del mercato finanziario, l’immediata e istantanea perdita di fiducia degli operatori finanziari nella Repubblica italiana, l’esodo degli operatori del debito pubblico e il crollo dell’economia, con effetti irreversibili e devastanti“. Minerva ha rigettato l’idea che nel 2011 si stesse scatenando “la tempesta perfetta sull’Italia” e che il Tesoro dovesse quindi considerare nel rapporto con la banca la difficile situazione congiunturale. “Non avevamo i soldi per pagare i dipendenti pubblici – ha detto – ma per Morgan Stanley abbiamo trovato 3 miliardi dall’oggi al domani”.

La clausola di estinzione anticipata e il danno erariale – I magistrati contabili contestano un danno erariale di 4 miliardi complessivi e chiedono a Morgan Stanley di risarcirne 2,8 mentre ne pretendono altri 1,2 da Grilli, Siniscalco, La Via e Cannata. Quest’ultima dovrebbe rimborsare oltre 1 miliardo. L’oggetto del contendere è la clausola di uscita anticipata dai derivati (Ate, additional termination event) prevista dal decreto ministeriale del gennaio 1997 firmato dall’allora ministro Carlo Azeglio Ciampi, coadiuvato al ministero dall’allora direttore generale Mario Draghi, e ribadita dallo stesso Draghi in una circolare del 2001 inviata al ministro Vincenzo Visco.
Nel 2004 Cannata consigliò a Domenico Siniscalco, all’epoca direttore generale del Tesoro, di adottare le stesse forme di derivati con l’opzione di uscita anticipata secondo le procedure indicate da Draghi tre anni prima.
Quella inserita nel contratto Isda Master Agreement sottoscritto nel 1994 con il Tesoro prevedeva, in particolare, che se si fosse trovata esposta oltre un certo livello al debito italiano la banca avrebbe potuto chiedere la chiusura del portafoglio facendosi restituire l’intero valore di mercato della posizione. Che in quella fase era particolarmente alto vista la debolezza finanziaria dell’Italia, i cui titoli di Stato in quei mesi arrivarono a rendere oltre 500 punti più degli omologhi tedeschi a causa del rischio percepito dagli investitori.

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Derivati sul debito: a processo Morgan Stanley, Grilli e Siniscalco. Difensore della banca l’ex sottosegretario Catricalà
Prima udienza del processo in cui la magistratura contabile contesta un danno erariale da 4 miliardi di euro alla banca d'affari, ai due ex ministri del Tesoro, al direttore generale del ministero e alla ex responsabile del debito italiano. L'accusa: "Ignorati e sottovalutati i rischi". La difesa: "Contestare il contratto avrebbe devastato il mercato finanziario"
di F. Q. | 19 APRILE 2018

Un organo dello Stato – la Corte dei Conti – che accusa quattro ex ed attuali rappresentati dello Stato e una banca d’affari di aver causato un danno erariale da 4 miliardi di euro. E un ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex presidente Antitrust che indossa le vesti di difensore della banca. A fare da contorno, sostenendo le tesi dell’accusa, un gruppo di associazioni che rappresentano consumatori e utenti dei servizi bancari. A Roma è andata in scena la prima udienza del processo che vede sul banco degli imputati Morgan Stanley, gli ex ministri all’Economia Domenico Siniscalco (dal 2006 nel board di Morgan Stanley international) e Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via e Maria Cannata, che per oltre 17 anni – fino allo scorso febbraio – ha gestito il debito pubblico italiano.

Massimiliano Minerva, sostituto procuratore presso la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, ha sostenuto che il ministero dell’Economia ha “ignorato e sottovalutato” i rischi dei contratti derivati sul debito pubblico sottoscritti con Morgan Stanley. E ha “gestito denaro pubblico come se fosse privato”. Così tra fine 2011 e inizio 2012 la banca d’affari ha chiesto e ottenuto, senza che il Tesoro si opponesse, l’attivazione di una clausola di estinzione anticipata di uno di questi contratti. Una scelta costata miliardi di euro alle casse dello Stato. “Contratti nulli perché aleatori? Allora deve essere nullo anche il Superenalotto e tutti i derivati sottoscritti con tutte le banche”, è stata la sua linea di difesa”, ha ribattuto il legale della banca Antonio Catricalà, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Monti nonché ex viceministro allo Sviluppo con Letta. Antonio Palmieri, difensore di Cannata, dal canto suo ha replicato che “ciò che la Procura afferma avrebbe provocato la devastazione del mercato finanziario, l’immediata e istantanea perdita di fiducia degli operatori finanziari nella Repubblica italiana, l’esodo degli operatori del debito pubblico e il crollo dell’economia, con effetti irreversibili e devastanti“. Minerva ha rigettato l’idea che nel 2011 si stesse scatenando “la tempesta perfetta sull’Italia” e che il Tesoro dovesse quindi considerare nel rapporto con la banca la difficile situazione congiunturale. “Non avevamo i soldi per pagare i dipendenti pubblici – ha detto – ma per Morgan Stanley abbiamo trovato 3 miliardi dall’oggi al domani”.

La clausola di estinzione anticipata e il danno erariale – I magistrati contabili contestano un danno erariale di 4 miliardi complessivi e chiedono a Morgan Stanley di risarcirne 2,8 mentre ne pretendono altri 1,2 da Grilli, Siniscalco, La Via e Cannata. Quest’ultima dovrebbe rimborsare oltre 1 miliardo. L’oggetto del contendere è la clausola di uscita anticipata dai derivati (Ate, additional termination event) prevista dal decreto ministeriale del gennaio 1997 firmato dall’allora ministro Carlo Azeglio Ciampi, coadiuvato al ministero dall’allora direttore generale Mario Draghi, e ribadita dallo stesso Draghi in una circolare del 2001 inviata al ministro Vincenzo Visco. Nel 2004 Cannata consigliò a Domenico Siniscalco, all’epoca direttore generale del Tesoro, di adottare le stesse forme di derivati con l’opzione di uscita anticipata secondo le procedure indicate da Draghi tre anni prima. Quella inserita nel contratto Isda Master Agreement sottoscritto nel 1994 con il Tesoro prevedeva, in particolare, che se si fosse trovata esposta oltre un certo livello al debito italiano la banca avrebbe potuto chiedere la chiusura del portafoglio facendosi restituire l’intero valore di mercato della posizione. Che in quella fase era particolarmente alto vista la debolezza finanziaria dell’Italia, i cui titoli di Stato in quei mesi arrivarono a rendere oltre 500 punti più degli omologhi tedeschi a causa del rischio percepito dagli investitori.

“Ministero inerte, non ha valutato i rischi” – Per Minerva il contratto chiuso da Morgan Stanley all’apice della crisi del debito era “fortemente aleatorio, con fortissimi profili di rischio e non di sola copertura”, come dovrebbe essere un normale contratto derivato. Lo Stato, ha detto il procuratore, “dovrebbe sempre avere sotto controllo il proprio denaro e la propria esposizione”. Invece il ministero è rimasto “inerte quando ha scoperto la clausola Ate (additional termination event)”, oggetto del processo: “Si è affidato a Morgan Stanley, senza negoziare e senza opporsi. Ma lo Stato poteva, aveva gli argomenti e quindi doveva opporsi all’esercizio di quella clausola”. “C’è stata una gestione del denaro pubblico come se fosse privato“, ha chiosato Minerva, secondo cui dalle carte depositate emerge come il Tesoro si rimettesse “alle indicazioni che provenivano da Morgan Stanley”. Qui, aggiunge, “non si sta parlando di inadempimento contrattuale di Morgan Stanley ma di una violazione di un obbligo di servizio di natura fiduciaria nel rapporto complessivo instaurato con il Mef nella gestione del debito pubblico”. Il Tesoro ha sempre sostenuto di aver utilizzato i derivati come assicurazione contro il rischio di un aumento dei tassi, soprattutto durante gli anni peggiori della crisi finanziaria. Ma, come spiegato dalla procura della Corte dei Conti a febbraio 2017, alcuni dei contratti “evidenziavano profili speculativi che li rendevano inidonei alla finalità di ristrutturazione del debito pubblico – l’unica consentita dalla normativa per operazioni in derivati – non essendo ammissibile per lo Stato, investitore pubblico, assumersi rischi rilevantissimi”.

Contestata la giurisdizione della Corte. La difesa: “Contratti aleatori? Allora sono tutti nulli” – Il giudice relatore Marco Fratini ha fatto sapere che Morgan Stanley e gli altri imputati hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice contabile. “Morgan Stanley lo ha sollevato sotto un duplice profilo: per mancanza di un rapporto di servizio con lo Stato italiano e per insindacabilità delle scelte di merito”. Antonio Catricalà, difensore di Morgan Stanley, ha sostenuto che “i derivati sono uno strumento ordinario di gestione del debito” e la swaption, l’opzione per la protezione dagli sbalzi sui tassi prevista nel contratto tra il Tesoro e Morgan Stanley, “è stata inserita da Mario Draghi e ha tutte le caratteristiche di legittimità. Si tratta di uno strumento indispensabile per la gestione del rischio” e “l’utilizzo nella gestione del debito di simili strumenti rientra nell’esercizio pieno dell’autonomia dello Stato”. “Morgan Stanley”, ha aggiunto, “non è stato mai un consulente del Tesoro ma una controparte contrattuale”. Quanto al fatto che i contratti derivati sia nulli perché aleatori, “allora deve essere nullo anche il Superenalotto. È evidente che se venissero ritenuti nulli perché illegittimi tutti i contratti derivati, Morgan Stanley e le altre banche dovrebbero fare causa allo Stato italiano”.


I procedimenti già chiusi – Il gip di Roma, nell’autunno del 2015, ha archiviato la posizione della Cannata che era stata indagata anche per manipolazione del mercato, truffa aggravata e abuso d’ufficio. Il tribunale dei ministri che il 22 gennaio 2016 ha poi stabilito che l’allora presidente del Consiglio Mario Monti e l’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non commisero alcun reato.

Dai derivati impatto negativo di 24 miliardi in tre anni – Tra 2013 e 2016, ricorda Reuters, i derivati hanno avuto un impatto negativo sul bilancio pubblico di 24 miliardi: 13,7 sono esborsi netti mentre 10,3 sono riclassificazioni statistiche. Lo scorso anno i derivati hanno avuto sul bilancio pubblico italiano un impatto negativo di oltre 8 miliardi, secondo le statistiche di Eurostat. Gli esborsi ammontano a 4,25 miliardi ma, considerando anche gli aggiustamenti contabili che incidono sul debito pubblico, il totale sale a 8,324 miliardi. Dal Rapporto sul debito pubblico pubblicato sul sito del ministero dell’Economia emerge che al 31 dicembre 2016 il valore di mercato di tutti gli strumenti derivati sul debito era negativo per 37,9 miliardi, a fronte di un valore nozionale di 143,5 miliardi.
 

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