tontolina
Forumer storico
Michele Maggi non è più con noi
di francesco caranti
27 marzo 2006 09.00 stampa l'articolo invia l'articolo
Mi capita spesso ... mi capita da quando ero bambino ... e la mamma lo sapeva e un po’ tremava.
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Quando le mie notti sono particolarmente inquiete e la mattina mi sveglio agitato e anche un po’ tremante, di solito la campana suona sempre a morto.
Non c’è niente da fare ... provo con un caffè ... faccio un salto in chiesa ... cerco la pace nella solita camminata Casalecchio–Bologna per andare in ufficio: partenza alle sette e cinquanta, arrivo alle nove.
E anche giovedì sedici marzo è successa quella cosa: avevo sognato Michele con i compagni di viaggio della sua editoria: Stella, Erika, Marilena, Marco.
Sono tutti miei amici, dal 2002.
Il sogno non era un granché: Michele era stanco e provato dopo il trasloco da via Monte Nevoso a via Ferri. Dalla mia dimensione onirica osservavo il suo lavoro e temevo per le sue fatiche, per la carretta che era solito tirare ogni giorno e, pur dormendo, ero preoccupato per il suo futuro, del futuro dei suoi amici-dipendenti, mi agitavo dei suoi problemi e vivevo con lui le preoccupazioni del domani, di chi fotocopia i suoi libri, di probabili stock invenduti negli alti scaffali di Cinisello Balsamo, della sua grande ma rischiosissima impresa editoriale.
Mi domandavo come potesse, Michele, reggere una vita del genere: Borsa, Editoria, Business ... ma specialmente ... ingrati sciacalli ... giovani hackers rompicoglioni sempre e vigliaccamente disposti ad azzerare un lavoro nobile e onesto in cambio di basse speculazioni di cloni.
... sì ... perché, come al solito, al mondo c’è qualcuno che crea e altri mille che sfruttano e distruggono.
E questo mi fa male ... mi fa male vederlo verso chi ha capacità ed energie, in quelli che rischiano in proprio i loro mezzi, i loro soldi, la loro fatica quotidiana.
La preoccupazione del sedici marzo si è stemperata un po’ quando alle due ho ricevuta una mail da Stella che non sentivo da qualche settimana: ciao Franz .. scusami se non mi sono fatta viva per quel libro ... esco adesso dall’ospedale ... Michele sta meglio.
Guarda un po’ ... questa volta il sesto senso per fortuna aveva fatto cilecca ... qualche problema su Michele c’era stato davvero ma per fortuna le cose erano rientrate.
Meglio così!
Il diciassette ho chiamato Erika per via di un libro ... ho fatto un po’ fatica a chiederlo ... ma la paura era passata ... Michele aveva subito un intervento ma ora stava bene.
Una conferma in più, pensai, per ritenere nullo quel maledetto sogno.
Va bene così, pensai, ognuno nasce con la sensibilità che si merita per capire e anticipare gli eventi ... come diceva mia mamma, spesso – per fortuna – mi sbagliavo.
Che bello! Mi ero sbagliato davvero!
Ma Michele non ha retto ... contrariamente alle previsioni ... un contrattempo stupido col destino, una questione non programmata, un calcolo sbagliato, una vita che se ne va per niente senza più poterci far nulla.
Si ha un bel da dire che si deve essere se stessi anche nelle trasformazioni maggiori. Non è vero. Se stessi non lo si è più. Si diventa degli altri.
Lavorare con lui era stato per me un modo per curare me stesso e per garantire un po’ il mio futuro.
E’ vero: quando l’ho visto per la prima volta in via Monte Nevoso ho visto in lui un manager disinvolto, un professionista aggressivo. Io sono molto più abbottonato: valuto, misuro, scruto.
Ma fu lui a togliermi dall’imbarazzo dicendomi: “va bene, lo facciamo questo lavoro, possiamo investire 2000 copie subito ... dì a Mazziero che parta con la revisione, ti do trenta giorni, poi partiamo con le ciano e i diritti di autore ... vai alla SIAE e deposita subito il titolo.
Ci vediamo a Bologna in aprile, scusami ti saluto perché ho da fare, fai buon viaggio”.
“Ma che tipo” mi dissi! “In dieci minuti analizza la situazione, gli piace, investe almeno almeno ventimila euro a fondo perduto. Ma se fa così con tutti questo si rovina. Avrà i suoi buoni motivi”.
Ci siamo stretti la mano e il giorno dopo ho cominciato a lavorare per lui / con lui.
Da lì ci siamo visti un sacco di volte: alle varie Expo di Piazza Affari, in seminari ... in un triangolo di formazione tra Editoria / Sito / Pubblicazione ... assieme a Pastorino, suo grande amico.
Lui era dappertutto e alle volte non ti ascoltava più di tanto perché aveva già in mente quello che avrebbe dovuto fare il giorno dopo. E questo è quello che ti capita quando scrivi: hai finito un pezzo e già ti chiedi cosa devi fare la volta dopo.
Ma io non rischio molto, al massimo posso sbagliare un articolo e la mia pagnotta arriva lo stesso ... ma Michele ha rischiato molto più di me: stipendi da pagare, incontri da preparare, viaggi da fare, corsi da organizzare.
Con la grinta di un milanese tosto, di un imprenditore moderno, di un tessitore di incontri e di occasioni d’oro.
Ma in questa tristissima occorrenza bisogna arrendersi al nuovo che avanza e al vecchio che scompare.
E quello che non mi torna davvero, proprio a me, da sempre abituato ai numeri, è il fatto che il vecchio in realtà sono io e che il giovane era lui, un grande e più giovane amico.
Questa sera vorrei non far trasparire, vorrei non apparire, vorrei camminare, vivere, agire con espressione robotica, come sotto il casco di una motocicletta, come quando si guida l’auto, perché guidando nessuno sa chi sia al volante di una vettura, chi sta realmente spingendo forte l’acceleratore, chi veramente guida quel mezzo dietro a un parabrezza scuro, dietro a un cruscotto.
E vorrei anche saper scrivere e toccare la vostra anima, potervi comunicare, tendere ponti con voi e stringere i giusti legami da radicare nella vostra parte più profonda. Non so perché, non so perché provo questo, né so perché mi viene da scriverlo. E’ un’emozione forte che mi scuso di non essere abbastanza bravo a raccontare e di non saper mascherare dietro alla maschera della mia faccia.
Michele, io ti voglio ringraziare per quello che mi hai saputo insegnare, incutere, godere.
Ti porto una rosa, qui alla Certosa di Bologna ... un simbolo, scusami ... sì, perché non riuscirei mai a vederti in quello stato lì al Musocco di Milano ... in mezzo a tanti sconosciuti che di Imprese, di Borsa e di Editoria non ci capiscono un bel niente.
Addio, carissimo amico!
Il tuo amico Franz!
[email protected].
http://www.soldionline.it/SOL_Editoriale.nsf/alldocs/C7E6B5481C63A4AEC125713E0025EF68/
http://www.tradinglibrary.it/
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27 marzo 2006 09.00 stampa l'articolo invia l'articolo
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E anche giovedì sedici marzo è successa quella cosa: avevo sognato Michele con i compagni di viaggio della sua editoria: Stella, Erika, Marilena, Marco.
Sono tutti miei amici, dal 2002.
Il sogno non era un granché: Michele era stanco e provato dopo il trasloco da via Monte Nevoso a via Ferri. Dalla mia dimensione onirica osservavo il suo lavoro e temevo per le sue fatiche, per la carretta che era solito tirare ogni giorno e, pur dormendo, ero preoccupato per il suo futuro, del futuro dei suoi amici-dipendenti, mi agitavo dei suoi problemi e vivevo con lui le preoccupazioni del domani, di chi fotocopia i suoi libri, di probabili stock invenduti negli alti scaffali di Cinisello Balsamo, della sua grande ma rischiosissima impresa editoriale.
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Una conferma in più, pensai, per ritenere nullo quel maledetto sogno.
Va bene così, pensai, ognuno nasce con la sensibilità che si merita per capire e anticipare gli eventi ... come diceva mia mamma, spesso – per fortuna – mi sbagliavo.
Che bello! Mi ero sbagliato davvero!
Ma Michele non ha retto ... contrariamente alle previsioni ... un contrattempo stupido col destino, una questione non programmata, un calcolo sbagliato, una vita che se ne va per niente senza più poterci far nulla.
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E’ vero: quando l’ho visto per la prima volta in via Monte Nevoso ho visto in lui un manager disinvolto, un professionista aggressivo. Io sono molto più abbottonato: valuto, misuro, scruto.
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Questa sera vorrei non far trasparire, vorrei non apparire, vorrei camminare, vivere, agire con espressione robotica, come sotto il casco di una motocicletta, come quando si guida l’auto, perché guidando nessuno sa chi sia al volante di una vettura, chi sta realmente spingendo forte l’acceleratore, chi veramente guida quel mezzo dietro a un parabrezza scuro, dietro a un cruscotto.
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Michele, io ti voglio ringraziare per quello che mi hai saputo insegnare, incutere, godere.
Ti porto una rosa, qui alla Certosa di Bologna ... un simbolo, scusami ... sì, perché non riuscirei mai a vederti in quello stato lì al Musocco di Milano ... in mezzo a tanti sconosciuti che di Imprese, di Borsa e di Editoria non ci capiscono un bel niente.
Addio, carissimo amico!
Il tuo amico Franz!
[email protected].
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