NEXI

tontolina

Forumer storico
Il rally di Nexi ha una spiegazione preoccupante: i tassi d’interesse delle carte di credito continuano a crescere
23 dicembre: mentre Piazza Affari arrancava, allineata al trend generale europeo e zavorrata dal calo di Atlantia in seguito all’ennesimo capitolo della saga politica sulle concessioni autostradali, un titolo in particolare andava in controtendenza. All’ora di pranzo, giro di boa della giornata di contrattazioni,

Nexi segnava un 1%
tondo di rialzo, dopo aver toccato anche un +1,56% a 11,85 euro per azione.
Cosa garantiva questo rally all’azione del gestore di carte di credito?
Forse l’abuso delle stesse legate al periodo natalizio e l’aspettativa per il redde rationem fissato per il 15 gennaio, quando le spese per i regali si materializzeranno sui conti correnti dei clienti?
No, a detta degli analisti, il titolo continuerebbe a correre grazie all’annuncio – avvenuto il 19 dicembre scorso – di un accordo per acquisire il ramo di merchant acquiring di Intesa Sanpaolo.

A seguito della firma, infatti, Standard&Poor’s ha deciso di mantenere invariato il rating BB del titolo, confermando anche l’outlook positivo. Il tutto, però, alla luce di un report informativo che cozza un po’ con l’entusiasmo generale attorno a Nexi e all’operazione. Per l’agenzia di rating, infatti, il gestore “finanzierà l’acquisizione interamente con nuovi debiti e, nonostante questo non indebolisca significativamente la view relativa la leva finanziaria di Nexi, ne ritarda comunque il miglioramento che ci aspettavamo nelle metriche chiave”. Insomma, una mezza bocciatura, se la lingua italiana non è un’opinione.
Di fatto, si conferma un peggioramento delle dinamiche di indebitamento e un rallentamento del percorso di consolidamento delle performance di base. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, scampato pericolo rispetto al rischio di un downgrade, insomma. Ma non proprio qualcosa da festeggiare con picchi intraday del titolo addirittura da best performer del Ftse Mib.

In particolare, però, l’outlook positivo è stato deciso in base a un principio di possibile review condizionata: ovvero, S&P’s si riserva la facoltà di migliorare il giudizio di solvibilità di Nexi, a patto che si generino le condizioni in base alle quali sia confermata la capacità di mantenere “il rapporto debito/Ebitda di 4/5 volte e quello tra fondi da operazione e debito sopra il 12% nei prossimi 12 mesi”.

E come sarà possibile?
Nuovi
rumours provenienti da ambienti di stampa parlano di una discussione embrionale fra i soci della società di sistemi di pagamento e quelli di Sia per un’intesa funzionale all’integrazione dei due gruppi. Fin qui, l’ufficialità e la formalità.

In questo grafico, invece, una dinamica decisamente particolare che potrebbe essere alla radice non tanto delle fortune borsistiche immediate di Nexi, quanto del supplemento di fiducia nel futuro implicitamente contenuto nel giudizio di Standard&Poor’s rispetto al rating.

credit_card1.jpg
Deutsche Bank

Nonostante la Fed abbia bloccato repentinamente il suo programma di rialzo dei tassi e, anzi, dalla scorsa estate abbia tagliato il costo del denaro già tre volte, dal mercato benchmark mondiale per l’indebitamento allegro dei consumatori tramite carte di credito/debito e credito al consumo giunge la conferma che le banche abbiano invece alzato i tassi applicati agli strumenti di pagamento elettronico ai massimi storici. Insomma, i tassi bassi che dovrebbero essere di supporto ai cittadini americani, in realtà lo sono delle banche.
Le quali, esattamente come avviene con i tassi negativi sui depositi, stanno trasmettendo le loro criticità alla clientela, al fine di tamponare gli effetti più diretti delle politiche monetarie delle Banche centrali. Bce in testa, vista la ferma volontà ribadita da Christine Lagarde di non toccare i tassi al rialzo per lungo tempo, quantomeno per tutto il 2020.

E questi due grafici mostrano un’altra dinamica decisamente interessante, quasi un proxy diretto dello stato di salute della cosiddetta economia reale statunitense.
credit_card2.jpg
Deutsche Bank

I tassi sui prestiti legati al credito al consumo per l’acquisto di auto – nuove e usate – sono infatti a livelli decisamente alti per quanto riguarda gli istituti bancari “ufficiali”, ovvero le banche commerciali con sportelli e filiali fisiche ma sono addirittura peggiori (per la clientela) quando si guarda alle finanziarie private, i cui tassi applicati oggi sono pari a quelli proposti quando il tasso benchmark della Fed era quasi del 3% superiore a quello attuale.
credit_card3.jpg
Deutsche Bank

Il motivo per cui questa dinamica mette le ali a soggetti come Nexi?
Semplice, in America sta salendo – e in maniera preoccupante, quasi un déjà vu della crisi subprime legata ai mutui immobiliari – il numero di insolvenze sui pagamenti delle rate a 90 giorni, sia sulle carte di credito ma soprattutto sui prestiti legati all’automotive.
Quindi, le banche sono autorizzate a caricare maggiori oneri da penale sui clienti e, di conseguenza, le società di sistemi di pagamento elettronici guadagnano maggiormente in commissioni.
Il problema?
Sostanziale: fino a quando non miglioreranno le dinamiche salariali e l’inflazione reale non verrà calcolata in maniera seria, piuttosto che fare riferimento – come si fa oggi, soprattutto negli Usa – a ipotetici panieri ad aumento zero (nonostante la formale guerra commerciale in atto, oltretutto), la criticità base non verrà rimossa.
Cioè,
il ricorso sempre più strutturale all’uso di credito al consumo e indebitamento tramite carte di credito, un qualcosa che sta divenendo sistemico nella gestione delle spese fisse del bilancio familiare. Anche in Europa.
Insomma, sempre più anche da noi si sfrutta il “periodo di tregua” garantito dal pagamento con carta di credito per fare fronte all’aumento delle spese, al netto di salari e stipendi inchiodati al palo.
Periodo di tregua che, ovviamente, ha però un costo. Più o meno occulto, come mostra la dinamica già oggi in atto, nonostante tassi di interesse benchmark sempre più bassi a livello globale.
Sicuramente, salato. Soprattutto in un momento in cui si punta – pur con motivazioni nobili come la lotta all’evasione, al riciclaggio e al crimine organizzato – sempre più verso una cashless society.

E a spingere sull’acceleratore dei rialzi e della fiducia per titoli come Nexi ci pensa anche la dinamica mostrata da questo ultimo grafico, dal quale si evince che in Germania non solo le aspettative legate appunto alle dinamiche salariali e all’indice di fiducia generale nell’economia siano oggi al minimo da sei anni (ovvero, dal fallout quasi nucleare della crisi dei debiti sovrani che stava per far saltare l’eurozona) ma, soprattutto, che in contemporanea la propensione al risparmio dei cittadini sia oggi anch’essa in calo (il dato della linea in blu va letto invertito).

German_real_life.png
Bce

Questo in piena dinamica di tassi di deposito negativi, quindi con il forte rischio – già annunciato ufficialmente, in alcuni casi – di trasferimento di quell’onere anche sui correntisti (per ora, solo i più facoltosi) da parte degli istituti di credito. Insomma, criticità che si sommano e che sembrano aprire prospettive tutt’altro che rosee per l’economia reale e il fronte dei consumi, al netto di una bassa propensione al risparmio che è figlia del costo della vita ormai check-by-check e non di progettualità futura.
Chi ne beneficia?
Le forme dilazionate di pagamento, àncora di salvezza dei cittadini e risorsa da spremere per le banche.

E come nella miglior tradizione della spietatezza borsistica, il sangue nelle strade fa la gioia dei listini. In questo caso, soprattutto per titoli come Nexi.
 
Azioni Nexi in rally, fusione con Sia (controllato al 25,70% da Cassa Depositi e Prestiti, concorre con Nexi) più vicina (grazie anche a Unicredit)
By Liliana Farello
10 set 2020

L’accordo Sia-Unicredit lascia aperta una porta alla fusione con Nexi, le cui quotazioni salgono di oltre il 6%.
Bene anche la prospettiva di incentivi per i pagamenti elettronici

Alle 14:10 le azioni Nexi guadagnano il 6,26% a 16,29 euro L’accordo Sia-Unicredit potrebbe essere rinegoziato già nel 2021
In arrivo anche incentivi dal Governo: 300 euro di rimborso ogni 3.000 euro spesi per via elettronica

In una giornata caratterizzata da alta volatilità sugli indici di Borsa europei, sul Ftse Mib brillano le azioni Nexi, in rialzo di oltre il 6% grazie alle voci di un accordo sempre più vicino per la fusione con Sia.

Come stanno procedendo gli accordi per la fusione Nexi-Sia?
Superato lo scoglio della valutazione delle due società, a causa del quale le trattative erano entrate in stallo già dall’inizio dell’estate, nello scenario post-covid si aprono ora nuovi scenari.
Secondo quanto trapela dalle colonne di “Bloomberg”, Sia sarebbe vicina a finalizzare un accordo sul contratto id processing con Unicredit – che, secondo gli analisti di Equita, è il cliente che più contribuisce al fatturato di Sia, con oltre il 20% del fatturato.
L’accordo tra Sia e Unicredit risale al 2016, quanto la società di pagamenti digitali aveva acquisito dall’istituto di Gae Aulenti le gestione di 206 mila terminali Pos e Atm in Italia, Germania e Austria con un contratto di 10 anni, all’interno del quale era prevista una clausola per cui le condizioni sarebbero potute essere riviste dopo cinque anni – ovvero nel 2021.

Proprio questa nuova prospettiva apre le porte a una fusione con Nexi, poiché un eventuale nuovo contratto potrebbe eliminare l’unico ostacolo tuttora presenti in vista del matrimonio e dunque, secondo Equita, è possibile che le due società possano finalizzare un accordo già nelle prossime settimane.

“Nel caso l'operazione di fusione con Sia fosse confermata sarebbe strategicamente positiva per Nexi in quanto migliorerebbe il suo posizionamento nella catena del valore e aumenterebbe la diversificazione della clientela per tipologia e geografia", commentavano gli analisti di Equita già all’inizio della settimana. "Ipotizzando un deal tutto equity, 100 milioni di sinergie ed una valutazione di Sia di 17 volte l'ebitda atteso al 2021 - aggiungono - stimiamo un aumento degli utili per azione 2023 di Nexi del 9%".

Un nuovo stimolo dal governo?
A fomentare il rally delle azioni Nexi contribuisce anche la prospettiva di un piano per incentivare l’utilizzo dei pagamenti elettronici da parte del Governo: un bonus da 300 euro l’anno su pagamenti (esclusi quelli online) che raggiungano i 3 mila euro.
Secondo uno studio di Banca d’Italia, il provvedimento potrebbe portare a un aumento delle spese elettroniche di circa il 10%. Inoltre, già il Covid-19 ha portato, tra le altre conseguenze, a un leggero aumento dei pagamenti senza contanti. Gli analisti sottolineano che, stando ai conti del secondo trimestre, i livelli di spesa sarebbero tornati ai livelli pre-pandemia.


Chi è Sia?
Il gruppo Sia, controllato al 25,70% da Cassa Depositi e Prestiti, concorre con Nexi nel settore dei pagamenti digitali e delle infrastrutture tecnologiche destinate a banche, istituzioni finanziarie, imprese e pubbliche amministrazioni. È fortemente affermato a livello europeo, attivo in 50 paesi per lo più nell’Europa dell’est e con sedi in Inghilterra e Polonia.
Durante l’esercizio del 2019 ha registrato ricavi per 733 milioni di euro, in aumento del 19,3% (118 milioni) rispetto all’anno precedente, mentre gli utili sono arrivati a 95 milioni di euro, 19 in più rispetto al 2018, a fronte di un margine operativo lordo di 258 milioni (+28%, 56 milioni, sul 2018) e un Ebit di 123 milioni di euro, 17 milioni in più rispetto al precedente esercizio fiscale.

Nell’azionariato di Sia rientrano anche Banco Bpm (5,33% del capitale), Banca Mediolanum (2,85%) e Deutsche Bank (2,58%).
La forte presenza all’interno del suo azionariato di Cassa Depositi e Prestiti fa scattare il dossier Nexi-Sia tra le priorità di Cdp, insieme a quello Atlantia e al progetto di rete unica in fibra nazionale a guida Telecom Italia.

By Liliana Farello
10 set 2020
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto