giuseppe.d'orta
Forumer storico
Entro il 26 Agosto 2005 è data, in teoria, la facoltà a tutti i creditori Parmalat di votare la proposta di concordato. L’esito della votazione è assolutamente scontato.
Di fatto è impossibile che il concordato fallisca; questo grazie al combinato disposto del meccanismo del silenzio assenso e del pacchetto di voti posseduto dalle banche e dai fornitori (che certamente voteranno si’). Allo stato dei fatti, fra l’altro, il fallimento del concordato sarebbe anche una vera e propria tragedia nella tragedia perche’ porterebbe alla liquidazione della società.
Dopo gli anni passati dal crack, dopo l’operato di Bondi (che, comunque lo si giudichi, ha rimesso in sesto la società la quale continua a produrre e, indubbiamente, ha più valore unita e funzionante che non venduta a pezzi attraverso una procedura molto poco trasparente come sempre è la liquidazione di una società) il fallimento del concordato sarebbe un’ulteriore beffa per i risparmiatori.
E’ inutile girarci attorno. Ancora una volta i risparmiatori sono stati quelli che c’hanno rimesso maggiormente.
Tutte le vicende così dette di risparmio tradito di questi anni dovrebbero aver insegnato una cosa: la tutela ex-post di una qualunque “fregatura” nel mondo della finanza è molto poco efficace. Quando un emittente fallisce o attraversa un forte momento di crisi l’investitore ha pochissima forza negoziale: il più delle volte è posto davanti ad un out-out e deve solo scegliere fra perdere tutto (o quasi) o accettare fortissime perdete.
L’unica tutela efficace è quella preventiva. Nel nostro decalogo per l’investitore finanziario non esperto consigliamo, seccamente, di non investire in singoli titoli. Se si è piu’ esperti si può anche scegliere di costruirsi un portafoglio di titoli, ma deve regnare il principio delle diversificazioni, il che significa che ogni titolo non dovrebbe pesare più dell’1/2% (e ciò significa anche avere un portafoglio molto complesso di 50/100 titoli, è facile che un investitore non esperto con un portafoglio così complesso faccia peggio della media del mercato che potrebbe avere con un semplice ETF).
Tornando al caso Parmalat, scendendo leggermente più nei dettagli tecnici, c’è da valutare l’opzione di vendere i titoli sul mercato.
Si tratta, purtroppo, di una valutazione alquanto complessa perché dipende dal valore futuro della nuova Parmalat il quale, a sua volta, dipenderà in parte molto consistente dall’andamento delle azioni legali intraprese da Bondi nei confronti delle banche.
Si può ipotizzare che al momento, il mercato valuti i titoli fornendo una stima ragionevolmente affidabile del valore futuro della nuova Parmalat, in questo caso (salvo per l’effetto dei Warrant, che comunque è limitato essendoci il limite dei 650) sarebbe abbastanza indifferente vendere il titolo o aspettare lo scambio con le azioni.
In ogni caso è importante comprendere che una stima affidabile del valore della nuova Parmalat è assolutamente impossibile da dare.
A nostro giudizio, quindi, la scelta fra vendere il titolo adesso (incassando intorno al 20% del valore nominale) o attendere il concambio è una scelta che deve essere valutata principalmente in rapporto al peso che l’intero investimento, una volta scambiato, avrà nel proprio portafoglio.
Qualora il titolo Parmalat abbia un valore molto rilevante, può essere opportuno diminuirne il peso anche vendendo prima il titolo (magari, può essere opportuno mantenere quella quota che da diritto, oltre alle azioni, anche ai warrant) ed iniziando a fare scelte d’investimento, questa volta, più consapevoli; magari, se proprio non si è assolutamente esperti di finanza (e non si vuole prendersi il tempo per documentarsi un po') si può seguire il decalogo per gli investitori finanziari non esperti - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=61134.
Di fatto è impossibile che il concordato fallisca; questo grazie al combinato disposto del meccanismo del silenzio assenso e del pacchetto di voti posseduto dalle banche e dai fornitori (che certamente voteranno si’). Allo stato dei fatti, fra l’altro, il fallimento del concordato sarebbe anche una vera e propria tragedia nella tragedia perche’ porterebbe alla liquidazione della società.
Dopo gli anni passati dal crack, dopo l’operato di Bondi (che, comunque lo si giudichi, ha rimesso in sesto la società la quale continua a produrre e, indubbiamente, ha più valore unita e funzionante che non venduta a pezzi attraverso una procedura molto poco trasparente come sempre è la liquidazione di una società) il fallimento del concordato sarebbe un’ulteriore beffa per i risparmiatori.
E’ inutile girarci attorno. Ancora una volta i risparmiatori sono stati quelli che c’hanno rimesso maggiormente.
Tutte le vicende così dette di risparmio tradito di questi anni dovrebbero aver insegnato una cosa: la tutela ex-post di una qualunque “fregatura” nel mondo della finanza è molto poco efficace. Quando un emittente fallisce o attraversa un forte momento di crisi l’investitore ha pochissima forza negoziale: il più delle volte è posto davanti ad un out-out e deve solo scegliere fra perdere tutto (o quasi) o accettare fortissime perdete.
L’unica tutela efficace è quella preventiva. Nel nostro decalogo per l’investitore finanziario non esperto consigliamo, seccamente, di non investire in singoli titoli. Se si è piu’ esperti si può anche scegliere di costruirsi un portafoglio di titoli, ma deve regnare il principio delle diversificazioni, il che significa che ogni titolo non dovrebbe pesare più dell’1/2% (e ciò significa anche avere un portafoglio molto complesso di 50/100 titoli, è facile che un investitore non esperto con un portafoglio così complesso faccia peggio della media del mercato che potrebbe avere con un semplice ETF).
Tornando al caso Parmalat, scendendo leggermente più nei dettagli tecnici, c’è da valutare l’opzione di vendere i titoli sul mercato.
Si tratta, purtroppo, di una valutazione alquanto complessa perché dipende dal valore futuro della nuova Parmalat il quale, a sua volta, dipenderà in parte molto consistente dall’andamento delle azioni legali intraprese da Bondi nei confronti delle banche.
Si può ipotizzare che al momento, il mercato valuti i titoli fornendo una stima ragionevolmente affidabile del valore futuro della nuova Parmalat, in questo caso (salvo per l’effetto dei Warrant, che comunque è limitato essendoci il limite dei 650) sarebbe abbastanza indifferente vendere il titolo o aspettare lo scambio con le azioni.
In ogni caso è importante comprendere che una stima affidabile del valore della nuova Parmalat è assolutamente impossibile da dare.
A nostro giudizio, quindi, la scelta fra vendere il titolo adesso (incassando intorno al 20% del valore nominale) o attendere il concambio è una scelta che deve essere valutata principalmente in rapporto al peso che l’intero investimento, una volta scambiato, avrà nel proprio portafoglio.
Qualora il titolo Parmalat abbia un valore molto rilevante, può essere opportuno diminuirne il peso anche vendendo prima il titolo (magari, può essere opportuno mantenere quella quota che da diritto, oltre alle azioni, anche ai warrant) ed iniziando a fare scelte d’investimento, questa volta, più consapevoli; magari, se proprio non si è assolutamente esperti di finanza (e non si vuole prendersi il tempo per documentarsi un po') si può seguire il decalogo per gli investitori finanziari non esperti - http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=61134.