Quel drink in più lasciando socchiuso l'uscio...

Di tutte le cose vergognose della sentenza della Corte d'appello di Torino che ribalta la condanna per stupro (la cerniera rotta segno di scarsa qualità dei pantaloni, non di violenza; la "gentilezza" di lui come alibi, come se lo stupro fosse roba da bruti che grufolano e non il crimine più trasversale che ci sia; la porta socchiusa come incoraggiamento), ce n'è una che trovo particolarmente irritante e significativa ed è l'uso del verbo "osare", un "invito a osare". Verbo che sa più di cavalieri intrepidi che di stupratori, che ha qualcosa di romantico, di eroico e di ammirevole. Dove sta il consenso in quell'osare? È previsto o è solo un impiccio in più sulla strada degli audaci? Ma soprattutto, se lei è visibilmente ubriaca, come può essere lecito "osare"? "Occasione che non si fece sfuggire" si legge ancora nella sentenza e di nuovo l'accusato ne esce ritratto come un giovane audace e valoroso. Una donna ubriaca dietro la porta socchiusa di un bagno è un'occasione, quindi, da non lasciarsi sfuggire. La condanna implicita in questo racconto dei fatti è tutta per la vittima, che frustra gli ardori del giovane audace, che gli rovina la festa, "l'esaltazione del momento".
Non ho intenzione di sostituirmi ai giudici e non so che cosa sia successo davvero quel giorno. Ma di una cosa sono abbastanza sicura. Quando il sesso nel racconto collettivo avrà più a che fare con il consenso che con la prevaricazione, allora sarà molto più difficile per tutti non riconoscere uno stupro.
 
Il confine tra stupro oppure no, tra molto amici è sempre molto opinabile.
Che poi in primo grado, già praticamente assolto visto i 2 anni presi
 
Di tutte le cose vergognose della sentenza della Corte d'appello di Torino che ribalta la condanna per stupro (la cerniera rotta segno di scarsa qualità dei pantaloni, non di violenza; la "gentilezza" di lui come alibi, come se lo stupro fosse roba da bruti che grufolano e non il crimine più trasversale che ci sia; la porta socchiusa come incoraggiamento), ce n'è una che trovo particolarmente irritante e significativa ed è l'uso del verbo "osare", un "invito a osare". Verbo che sa più di cavalieri intrepidi che di stupratori, che ha qualcosa di romantico, di eroico e di ammirevole. Dove sta il consenso in quell'osare? È previsto o è solo un impiccio in più sulla strada degli audaci? Ma soprattutto, se lei è visibilmente ubriaca, come può essere lecito "osare"? "Occasione che non si fece sfuggire" si legge ancora nella sentenza e di nuovo l'accusato ne esce ritratto come un giovane audace e valoroso. Una donna ubriaca dietro la porta socchiusa di un bagno è un'occasione, quindi, da non lasciarsi sfuggire. La condanna implicita in questo racconto dei fatti è tutta per la vittima, che frustra gli ardori del giovane audace, che gli rovina la festa, "l'esaltazione del momento".
Non ho intenzione di sostituirmi ai giudici e non so che cosa sia successo davvero quel giorno. Ma di una cosa sono abbastanza sicura. Quando il sesso nel racconto collettivo avrà più a che fare con il consenso che con la prevaricazione, allora sarà molto più difficile per tutti non riconoscere uno stupro.

In verità, l'hai già fatto.
Se non si sa cosa sia realmente accaduto (né mai lo si saprà, al di fuori dei due protagonisti della vicenda), la sentenza va presa per quello che è: una provvisoria verità processuale, né più né meno. Andranno in Cassazione e verrà meno, presumibilmente, la provvisorietà della verità, che diventerà verità processuale definitiva.
Poi scusa, la tua pregiudiziale avversione verso l'essere maschile rende ricusabile ogni tua opinione al riguardo: se il soggetto avesse anche solo posato gli occhi sulla ragazza, ammesso che questo si possa configurare reato penale di "osservazione indebita", tu l'avresti condannato comunque.
E allora cosa ci sta a fare la magistratura ?
 
In verità, l'hai già fatto.
Se non si sa cosa sia realmente accaduto (né mai lo si saprà, al di fuori dei due protagonisti della vicenda), la sentenza va presa per quello che è: una provvisoria verità processuale, né più né meno. Andranno in Cassazione e verrà meno, presumibilmente, la provvisorietà della verità, che diventerà verità processuale definitiva.
Poi scusa, la tua pregiudiziale avversione verso l'essere maschile rende ricusabile ogni tua opinione al riguardo: se il soggetto avesse anche solo posato gli occhi sulla ragazza, ammesso che questo si possa configurare reato penale di "osservazione indebita", tu l'avresti condannato comunque.
E allora cosa ci sta a fare la magistratura ?
Ho parlato linguaggio.
 
Ho parlato linguaggio.

Certe sentenze reggono o cedono per dei paradossi linguistici e di logica. Non deve essere facile fare il magistrato penale: deve riuscire a tradurre il suo convincimento in una sentenza che abbia requisiti di logica e lingua italiana. Quante sentenze vengono riformate per illogicità, nonostante l'imputato abbia commesso il fatto penalmente perseguito ?
Tante, il giudice Carnevale era famoso: le ribaltava principalmente per vizi di logica. Eppure il reo era un mafioso conclamato.
 
Di tutte le cose vergognose della sentenza della Corte d'appello di Torino che ribalta la condanna per stupro (la cerniera rotta segno di scarsa qualità dei pantaloni...

Per esempio: quello che era un elemento di prova (la cerniera rotta), viene integrato con l'opinione del giudice, senza che possa essere dimostrata la fondatezza della sua asserzione. Questo, quindi, presumo verrà valutato e pesato attentamente in Cassazione.

QUOTE="Claire, post: 1046700602, member: 18666"]
la "gentilezza" di lui come alibi....
[/QUOTE]

Altrettanto, vedi sopra. La gentilezza è dato di fatto, l'interpretazione come "alibi", data dal giudice, potrebbe essere considerata come sua opinione illogica rispetto ad un contesto nel quale si esamina un atto violento.

Tuttavia, quel giudice, qualcosa doveva pur scrivere per giustificare la sua sentenza. E non è facile esprimere su carta (in un contesto in cui anche le virgole costituiscono elemento analizzato al microscopio) le conclusioni a cui uno perviene.
 

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