RASSEGNA STAMPA 4

FORTEBRACCIO

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[center:0058e81c5e]CASTA STAMPATA[/center:0058e81c5e]

L’altro giorno, riuscendo a restare serio, il Cainano ha comunicato: “io sono l’editore più liberale della storia della carta stampata”, da Gutenberg in avanti.

Alla domanda “chi lo dice?”, ha risposto: “i miei collaboratori”.

Cioè i suoi dipendenti.

Illustrando poi il suo personale concetto di stampa libera, l’editore più liberale della Storia ha poi di nuovo chiesto la cacciata di Santoro per “uso criminoso della tv” e si è detto “deluso dai giornali su cui ha influenza la Fiat: Montezemolo poteva muoversi in modo diverso, a direttori e giornalisti bisogna dire di stare di qua o di là”.

Cioè: Montezemolo l’ha deluso perché lascia troppo liberi i suoi giornali.
Infatti lui ha ingaggiato Ciarrapico perché “ci servono i suoi giornali”.
I giornali, com’è noto, non servono a dare le notizie, ma a far vincere le elezioni. Possibilmente a lui.

Il nostro sistema dell’informazione, che alle persone normali appare come il più comatoso, servile e censurato del mondo, a lui sembra ancora troppo sbarazzino, corrosivo.

Ma ci sta lavorando.

L’altro giorno, per esempio, mentre lui tuonava preventivamente contro “i brogli della sinistra”, due presidenti di seggio finivano in galera per brogli di Forza Italia alle comunali a Palermo contro Leoluca Orlando.

Ma, a parte qualche breve di cronaca, stampa e tv non se ne sono nemmeno accorte.

Intanto a Milano venivano condannati in appello la sua segretaria Marinella Brambilla e il suo assistente Niccolò Querci: 1 anno e 4 mesi per falsa testimonianza.

Cioè per aver mentito sotto giuramento ai magistrati, negando l’incontro dell’8 giugno 1994 a Palazzo Chigi tra l’avvocato Fininvest massimo Maria Berruti e l’allora premier Silvio Berlusconi.

Subito dopo quella visita, Berruti depistò le indagini sulle mazzette Fininvest alla Guardia di Finanza, promettendo l’eterna gratitudine del Cavaliere ai finanzieri corrotti che avessero taciuto sulle tangenti del Biscione.

Poi si difese in tribunale sostenendo di aver inquinato le prove per “tutelare la stabilità del governo”.
Condannato a 8 mesi per favoreggiamento, fu premiato con un seggio alla Camera: ora è ricandidato per la quarta volta e verrà presto raggiunto da Salvatore Sciascia, l’ex capo dei servizi fiscali Fininvest, condannato per avere corrotto dei finanzieri, new entry delle liste del PdL.

La notizia della condanna di due dei pochissimi collaboratori del Cainano rimasti finora incensurati ha riscosso enorme successo presso la stampa e la tv: nemmeno una parola al Tg1, Tg2, Th3, Tg4, Tg5, Studio Aperto, TgLa7; manco una sillaba sui giornali, a parte una breve di 21 righe sul Corriere.

Lo stesso giorno La Marcegaglia Spa, il gruppo della meravigliosa Emma, neopresidente di Confindustria, patteggiava 500 mila euro di pena pecuniaria e 250 mila di confisca, e la sua controllata NE Cct Spa altri 500 mila euro di pena e 5 milioni di confisca,

mentre il vicepresidente Antonio Marcegaglia (fratello di Emma) si beccava 11 mesi per corruzione nel 2003, infatti, Marcegaglia Spa pagò una mazzettona di 158 mila euro al manager Enipower Lorenzo Marzocchi per un appalto di caldaie da 127 milioni.

Una notizietta da niente, se si pensa che Confindustria espelle gli imprenditori che, minacciati anche di morte dalla mafia, si piegano a pagare il pizzo (dunque, per la legge, sono vittime di estorsione).

Che intende fare, invece, l’associazione presieduta da Emma Marcegaglia che pagava tangenti senz’alcuna costrizione né minaccia, sol per arraffare appalti in barba alla libera concorrenza? La domanda non si pone neppure, perché nessuno – a parte 20 righe sul Corriere e 7 e mezza sulla Stampa – ha dato ha dato la notizia.

Per fortuna, in tanta desolazione, il giornalismo d’inchiesta sopravvive almeno su un quotidiano: il Giornale. Ieri l’house organ berlusconiano sparava in prima pagina una grande inchiesta dal titolo promettente: “ecco l’Italia degli indegni.

Top manager, fannulloni, giudici.
Vi sveliamo l’altra casta, quella di chi guadagna troppo e fa carriera ingiustamente”.

Inchiesta affidata a Vittorio Sgarbi, condannato definitivamente a 3 anni per truffa ai danni dello Stato per aver lavorato 3 giorni su 3 anni alla Sovrintendenza di Venezia.

Uno che, in fatto di indegni e fannulloni, è un’autorità di livello mondiale.
Prossima puntata: una puntata sui politici che prendono l’ambulanza al posto del taxi, a cura di Gustavo Selva.


Marco Travaglio

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[center:903270cbb7]Il duello mancato tra Walter e Silvio [/center:903270cbb7]


Uno dopo l'altro anziché uno davanti all'altro.
Una staffetta senza passaggio di testimone, neppure un incrocio di sguardi.

Di più, nella nostra tv, non si può avere: Berlusconi non vuole il faccia a faccia con Veltroni perciò i due marciano in fila indiana, uno alla volta, prima uno poi l'altro senza pausa pubblicitaria.
Nello studio tv una scena surreale, mai vista prima probabilmente su nessuno schermo del globo.

Le telecamere inquadrano Berlusconi che esce dalla porta sul retro mentre Veltroni entra da quella davanti, i quattro giornalisti chiamati a intervistarli restano seduti ai loro posti così come Giuliana Del Bufalo direttore di Rai Parlamento nella sua giacchetta rossa intonata al tavolo.

Sembra una seduta di laurea, senza applausi però.

"Sembra il dentista", si innervosisce Berlusconi scontento fin dal principio per via della polemica del giorno, quella che lo oppone al Quirinale: "Sono sempre i giornalisti a strumentalizzare", si lamenta con gli intervistatori un attimo prima di iniziare: "Anche sulle donne ero stato così attento, l'altro giorno, a dire che sono domine e padrone della casa".

Perseguitato dalla stampa nemica, ecco come si sente Berlusconi, e poi circondato da istituzioni ostili: "Confermo, non è un'opinione è la realtà: sono tutte a sinistra".

Inoltre un dettaglio tecnico per lui non secondario: "Chi va in onda dopo di me avrà il vantaggio di avermi già ascoltato".
Alla stessa ora su altro canale va in onda Roma-Manchester, circostanza che potrebbe minimizzare la portata della contesa. Niente affatto invece.

Nervosissimo lo staff di Berlusconi presidia il territorio di Saxa Rubra fin dalle otto, ci sono accordi ferrei per non fare incontrare i leader e per tenere lontana la stampa non-Rai, la palazzina B dove si svolge la trasmissione in diretta è trasformata in una specie di Città proibita alla quale si accede solo fino a mezz'ora prima e su visita guidata, accompagnati e controllati da alti funzionari.

Una troupe di Ballarò gira gli esterni.
David Sassoli e Maurizio Mannoni si affacciano dalle rispettive stanze scendono a vedere che succede.
Tutto il paese Rai esce nei vialetti.
Si vedranno? Si parleranno? Non è mai successo in campagna elettorale: sarà oggi?

Escluso, non è oggi.

Veltroni non ha manifestato il desiderio di intrattenersi con Berlusconi, verrà dunque fatto accomodare qui dove ora c'è un maggiordomo in livrea che prepara le pizzette e poi fatto salire al primo piano dalla scala di destra.

Berlusconi non ha fatto sapere di volersi fermare a stringere la mano a Veltroni perciò l'auto lo raccoglierà subito fuori dall'uscita secondaria.
Nessuno dei due ha bisogno di trucco.
Berlusconi arriva già truccato da casa, non si fida di mani ignote né di luci non devote. Ecco difatti l'ispettore dei faretti, già operatore Mediaset oggi alto collaboratore del leader.

Ecco il regista al seguito quello che firmò negli anni d'oro Colpo Grosso.
Ecco il fotografo personale del leader che si presenta declinando le generalità: Anticoli Livio.

Causa traffico partita arriva con un filo di ritardo persino il Suv Chevrolet con vetri oscurati e sei body guard con auricolare a bordo che apre la strada alla berlina del leader del Popolo delle libertà.

Cinque minuti alle nove, si comincia.
Berlusconi ha un tappeto di capelli compatti che gli disegnano sul cranio una sagoma come quella di Diabolik ed ha cambiato cravatta. Non è più quella a pois degli ultimi dieci anni, questa è azzurro acceso quasi viola con disegni cachemire rossi, devono avergli detto che è più giovanile.

Tuttavia il taglio della giacca l'impostazione oratoria, i lunghi monologhi e i sorrisi forzati ne denunciano ciò che anche Veltroni fra poco non mancherà di ricordare: l'età, lo stile da imprenditore anni Cinquanta quello che dice con orrore

"la sinistra è radicata nell'ortodossia marxista" e poi si rivolge a Bonaiuti, suo sottoposto già sottosegretario alla presidenza del Consiglio, spazientendosi davanti ai microfoni aperti: "Ma dov'è Bonauti quando serve deve sempre andare al bagno".

Nel merito rilevante solo il passaggio sui precari, che secondo Berlusconi in Italia non esistono: sono appena il 12 per cento e quasi tutti (per l'esattezza l'80 per cento del 12) destinati ad essere assunti a tempo indeterminato.

"I giovani siano imprenditori di se stessi", fine della questione.
Unica notizia politica: le porte aperte a Casini ove mai decidesse di tornare.

Lo scambio di accuse ascoltato fin qui e si vede che era per gioco.
Veltroni arriva che Berlusconi sta già parlando da un quarto d'ora.
Lo accompagnano in quattro: Roscani, Verini, Coldagelli e Martino.

Al loft c'è una squadra che sta seguendo la trasmissione, pronta ad intervenire in caso di bisogno di notizie o suggerimenti.
I bottoni della camicia slacciati.

Se Berlusconi esce stizzito dicendo sembra di essere dal dentista avanti il prossimo anche lui entra con una battuta, "ciao Giuliana, come mi devi chiamare? Come vuoi, anche eccellenza".

È disinvolto, parla a bassa voce, guarda in camera.
Dice che i precari esistono, che l'immondizia a Napoli non è un problema di ieri e l'Alitalia neppure.

Parla di talenti, di semplicità e di una Bocconi al sud per fare una gioventù migliore.
E' contento, quando esce.

"Per me vinciamo, ma vinciamo perché abbiamo un lavoro da fare e io mi fido degli italiani.

Davvero: mi fido di loro. La cosa peggiore che può capitare a questo paese è di continuare cosi".


Concita De Gregorio

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