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Utente Old Style
Come ottenere buoni rendimenti applicando un basso livello di diversificazione
25 ottobre 2002
di Andrea Faravelli - [email protected]
Il JENSEN FUND, un fondo statunitense specializzato nei titoli Large Cap Growth, ha ottenuto dei brillanti risultati di medio e lungo periodo utilizzando una strategia che punta sulla costruzione di un portafoglio costituito da un ristretto numero di titoli aventi un basso rapporto prezzo / utili
Bob Millen e Robert Zagunis, i money manager alla guida dello Jensen Fund, credono che possano essere realizzati degli ottimi risultati attraverso l'adozione di una strategia basata sull'inserimento in portafoglio di un numero limitato di titoli azionari. Lo Jensen Fund fa parte del gruppo di fondi che dedicano la loro attenzione alle large cap statunitensi. I prodotti del risparmio gestito inclusi in tale categoria presentano, in media, un portafoglio titoli costituito da circa 85 società. I gestori dello Jensen Fund si limitano invece a soli 26 titoli.
Millen e Zagunis giustificano tale scelta affermando che tale strategia costituisca il modo migliore per ridurre i rischi. L'applicazione pratica di tale teoria fa si che lo strumento in questione investa la metà del suo patrimonio in soli dieci titoli azionari. In pratica, i due manager si tirano fuori dal coro di gestori che crede nella diversificazione come metodo principe da utilizzare per perseguire un'attenta ed equilibrata gestione del rischio. Nonostante l'apparente spregiudicatezza delle modalità strategiche utilizzate, lo Jensen Fund è stato capace di ottenere risultati migliori rispetto a quelli messi a segno dai fondi appartenenti alla sua categoria. I buoni risultati hanno riguardato sia le performance che la volatilità della quota. Infatti, nel corso degli ultimi cinque anni, a fronte di una volatilità pari ad un terzo di quella fatta registrare in media dai fondi della sua categoria, lo Jensen Fund ha messo a segno una performance dell'8,97% medio annua.
Anche volendo limitare l'analisi agli ultimi tre anni, il fondo ha dimostrato di essere uno dei pochi della sua categoria a mettere a segno buoni risultati. Questi risultati, alla luce sia dello scoppio della bolla speculativa sia della difficile situazione che perdura sui mercati internazionali ormai da quasi tre anni, trovano una spiegazione nella metodologia utilizzata dai money manager per effettuare la scelta dei singoli titoli da inserire in portafoglio. Millen e Zagunis sono alla continua ricerca di titoli che presentino un prezzo particolarmente scontato rispetto ai fondamentali delle aziende. E' possibile trovare un riscontro di tale comportamento nel fatto che, a fronte di un P/E medio dei large cap growth funds statunitensi pari a 33, il P/E medio del Janus Fund si situa invece intorno a 26.
Allo stesso tempo, il fondo è quello che presenta il miglior andamento relativo al valore che misura la crescita dei profitti aziendali conseguita dalle aziende inserite in portafoglio. Millen e Zagunis investono soltanto in società che sono capaci di garantire un ottimo return on equity. In particolare, i due money manager cercano di individuare società che siano state in grado di realizzare una crescita dei propri profitti pari ad almeno il 15% l'anno per almeno dieci anni consecutivi. Volendo soffermare l'attenzione sul mercato statunitense delle large cap, pare che soltanto 110 società sono state in grado di ottenere tale risultato. Il valore intrinseco dell'azienda è un altro dei parametri fondamentali utilizzati dai gestori nella valutazione di un'azienda. Millen e Zagunis ritengono sconveniente procedere all'acquisto di titoli di una società che non quota ad almeno un 40% al di sotto di quello che è il suo valore intrinseco.
Nel momento in cui i due manager individuano ed acquistano tali titoli, raramente decidono di liberarsene in tempi brevi. Per quel che concerne gli ultimi cinque anni di vita del fondo, il turnover del portafoglio ha infatti interessato soltanto il 20% dei titoli in esso contenuti. I settori privilegiati dai due manager sono quello chimico- farmaceutico e quello finanziario. Il primo riveste un peso pari al 22,49% del portafoglio, mentre il secondo raggiunge il 22,02%. Relativamente al primo settore, Johnson and Johnson, 3M e Pfizer sono tra i titoli preferiti. Per quel che concerne il settore finanziario, il titolo che riveste il maggior peso è quello della MBNA, società attiva nel ramo delle carte di credito.
Secondo il parere dei due money manager, i due terzi delle large cap growth presentano ancora dei livelli di prezzo troppo elevati per essere acquistati. Un terzo delle large cap presenta, sempre a detta di Millen e Zagunis, delle ottime opportunità di investimento. Alcuni titoli, provvisti di buoni fondamentali, si trovano su livelli di prezzo particolarmente convenienti. Attualmente, i settori privilegiati sarebbero quello finanziario e quello dei servizi finanziari. Molti titoli bancari hanno difatti subito un ridimensionamento eccessivo a causa sia del continuo peggioramento delle prospettive di crescita economica sia della loro eccessiva esposizione verso alcune macro- regioni colpite severamente dall'innescarsi di fasi congiunturali pesantemente negative.
da Fondionline
25 ottobre 2002
di Andrea Faravelli - [email protected]
Il JENSEN FUND, un fondo statunitense specializzato nei titoli Large Cap Growth, ha ottenuto dei brillanti risultati di medio e lungo periodo utilizzando una strategia che punta sulla costruzione di un portafoglio costituito da un ristretto numero di titoli aventi un basso rapporto prezzo / utili
Bob Millen e Robert Zagunis, i money manager alla guida dello Jensen Fund, credono che possano essere realizzati degli ottimi risultati attraverso l'adozione di una strategia basata sull'inserimento in portafoglio di un numero limitato di titoli azionari. Lo Jensen Fund fa parte del gruppo di fondi che dedicano la loro attenzione alle large cap statunitensi. I prodotti del risparmio gestito inclusi in tale categoria presentano, in media, un portafoglio titoli costituito da circa 85 società. I gestori dello Jensen Fund si limitano invece a soli 26 titoli.
Millen e Zagunis giustificano tale scelta affermando che tale strategia costituisca il modo migliore per ridurre i rischi. L'applicazione pratica di tale teoria fa si che lo strumento in questione investa la metà del suo patrimonio in soli dieci titoli azionari. In pratica, i due manager si tirano fuori dal coro di gestori che crede nella diversificazione come metodo principe da utilizzare per perseguire un'attenta ed equilibrata gestione del rischio. Nonostante l'apparente spregiudicatezza delle modalità strategiche utilizzate, lo Jensen Fund è stato capace di ottenere risultati migliori rispetto a quelli messi a segno dai fondi appartenenti alla sua categoria. I buoni risultati hanno riguardato sia le performance che la volatilità della quota. Infatti, nel corso degli ultimi cinque anni, a fronte di una volatilità pari ad un terzo di quella fatta registrare in media dai fondi della sua categoria, lo Jensen Fund ha messo a segno una performance dell'8,97% medio annua.
Anche volendo limitare l'analisi agli ultimi tre anni, il fondo ha dimostrato di essere uno dei pochi della sua categoria a mettere a segno buoni risultati. Questi risultati, alla luce sia dello scoppio della bolla speculativa sia della difficile situazione che perdura sui mercati internazionali ormai da quasi tre anni, trovano una spiegazione nella metodologia utilizzata dai money manager per effettuare la scelta dei singoli titoli da inserire in portafoglio. Millen e Zagunis sono alla continua ricerca di titoli che presentino un prezzo particolarmente scontato rispetto ai fondamentali delle aziende. E' possibile trovare un riscontro di tale comportamento nel fatto che, a fronte di un P/E medio dei large cap growth funds statunitensi pari a 33, il P/E medio del Janus Fund si situa invece intorno a 26.
Allo stesso tempo, il fondo è quello che presenta il miglior andamento relativo al valore che misura la crescita dei profitti aziendali conseguita dalle aziende inserite in portafoglio. Millen e Zagunis investono soltanto in società che sono capaci di garantire un ottimo return on equity. In particolare, i due money manager cercano di individuare società che siano state in grado di realizzare una crescita dei propri profitti pari ad almeno il 15% l'anno per almeno dieci anni consecutivi. Volendo soffermare l'attenzione sul mercato statunitense delle large cap, pare che soltanto 110 società sono state in grado di ottenere tale risultato. Il valore intrinseco dell'azienda è un altro dei parametri fondamentali utilizzati dai gestori nella valutazione di un'azienda. Millen e Zagunis ritengono sconveniente procedere all'acquisto di titoli di una società che non quota ad almeno un 40% al di sotto di quello che è il suo valore intrinseco.
Nel momento in cui i due manager individuano ed acquistano tali titoli, raramente decidono di liberarsene in tempi brevi. Per quel che concerne gli ultimi cinque anni di vita del fondo, il turnover del portafoglio ha infatti interessato soltanto il 20% dei titoli in esso contenuti. I settori privilegiati dai due manager sono quello chimico- farmaceutico e quello finanziario. Il primo riveste un peso pari al 22,49% del portafoglio, mentre il secondo raggiunge il 22,02%. Relativamente al primo settore, Johnson and Johnson, 3M e Pfizer sono tra i titoli preferiti. Per quel che concerne il settore finanziario, il titolo che riveste il maggior peso è quello della MBNA, società attiva nel ramo delle carte di credito.
Secondo il parere dei due money manager, i due terzi delle large cap growth presentano ancora dei livelli di prezzo troppo elevati per essere acquistati. Un terzo delle large cap presenta, sempre a detta di Millen e Zagunis, delle ottime opportunità di investimento. Alcuni titoli, provvisti di buoni fondamentali, si trovano su livelli di prezzo particolarmente convenienti. Attualmente, i settori privilegiati sarebbero quello finanziario e quello dei servizi finanziari. Molti titoli bancari hanno difatti subito un ridimensionamento eccessivo a causa sia del continuo peggioramento delle prospettive di crescita economica sia della loro eccessiva esposizione verso alcune macro- regioni colpite severamente dall'innescarsi di fasi congiunturali pesantemente negative.
da Fondionline