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Fmi, Banca Mondiale e Wto: il mea culpa della globalizzazione. E ora si studia il reddito di cittadinanza
In vista dei consueti incontri di primavera a Washington e del G20 di Amburgo, il Fondo montetario ha unito le forze con la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale del commercio Wto per elaborare un rapporto sulla globalizzazione: "Il commercio ha avuto effetti negativi su alcune tipologie di lavoratori e su alcune comunità"
dalla nostra corrispondente TONIA MASTROBUONI
Fmi, Banca Mondiale e Wto: il mea culpa della globalizzazione. E ora si studia il reddito di cittadinanza
BERLINO - Il mea culpa sulla globalizzazione prosegue e contagia ormai le istituzioni che l'hanno difesa e promossa da sempre. Christine Lagarde, stamane, ha messo le mani avanti: "abbiamo pensato a un rapporto comune sulla globalizzazione già a ottobre, ancora ignari degli sviluppi politici oltreoceano".
Ma è chiaro che la riflessione critica che sta venendo da qualche mese da istituzioni come il Fondo monetario internazionale che Lagarde dirige, ha subito un'accelerazione con l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump.
In vista dei consueti incontri di primavera a Washington e del G20 di Amburgo, il Fondo ha dunque unito le forze con la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale del commercio Wto per elaborare un rapporto con qualche novità. "Il commercio ha avuto effetti negativi su alcune tipologie di lavoratori e su alcune comunità" si legge nel documento presentato stamane a Berlino.
Tuttavia, se già al Forum mondiale dell'economia di Davos, Lagarde aveva ammesso che la globalizzazione ha avuto qualche effetto negativo sul "primo mondo", bisogna stare lontani da tentazioni protezionistiche. Il direttore generale del Wto, Roberto Azevêdo, ha infatti messo in guardia dal fatto che "azioni unilaterali" come quelle sui dazi annunciate da Trump possono scatenare "reazioni imprevedibili". Peraltro, come ha precisato Lagarde, se la globalizzazione ha contribuito a "schiacciare i salari", è anche vero che ad aumentare la pressione sulle buste paga "ha contribuito molto di più l'innovazione tecnologica".
Studiando gli effetti in particolare sui lavoratori dell'industria manifatturiera in Europa e negli Stati Uniti, il rapporto conclude che "risulta evidente quanto forte possa essere l'effetto in assenza di politiche che accompagnino" la globalizzazione. A chi le chiedeva quali possano essere queste misure, Lagarde ha risposto che "non c'è una formula magica, dipende dalle specificità dei singoli Paesi". Ma che un esempio positivo è la Danimarca che "combina in modo particolarmente efficace i principi del lavoro flessibile con meccanismi di disoccupazione efficienti e politiche per favorire il reimpiego".
Alla fine dell conferenza stampa, la numero uno del Fmi ha anche ammesso che "non abbiamo ancora formulato un'opinione sul reddito di cittadinanza, ma la riflessione è in corso". Nel frattempo, ha rivelato, "stiamo facendo pressioni su molti Paesi perché aumentino i salari minimi". Quello della domanda interna troppo debole anche per gli stipendi al palo è ormai un problema che si pongono tutti, anche istituzioni che hanno predicato per anni la moderazione salariale come la Banca centrale europea.
Per il rapporto Fmi-Wto-Banca mondiale sono importanti in particolari politiche attive per il lavoro che facilitino il ritorno all'occupazione ma anche una rete sociale per proteggere chi è "esposto alla competizione", sostiene il documento. I sistemi di istruzione e di formazione dovranno "preparare i lavoratori alle nuove sfide del mercato occupazionale, soprattutto in ambiti come l'immobiliare, il credito o le infrastrutture". Regole "forti" che regolino il commercio aiutano la competitività ma servono anche a riassicurare i cittadini sul fatto che il commercio internazionale sia trattato in modo equo. Jim Wong Kim, presidente della Banca mondiale, ha sottolineato che la globalizzazione "è anche una questione di giustizia sociale: ha tirato fuori milioni di persone dalla povertà".
In vista dei consueti incontri di primavera a Washington e del G20 di Amburgo, il Fondo montetario ha unito le forze con la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale del commercio Wto per elaborare un rapporto sulla globalizzazione: "Il commercio ha avuto effetti negativi su alcune tipologie di lavoratori e su alcune comunità"
dalla nostra corrispondente TONIA MASTROBUONI
Fmi, Banca Mondiale e Wto: il mea culpa della globalizzazione. E ora si studia il reddito di cittadinanza
BERLINO - Il mea culpa sulla globalizzazione prosegue e contagia ormai le istituzioni che l'hanno difesa e promossa da sempre. Christine Lagarde, stamane, ha messo le mani avanti: "abbiamo pensato a un rapporto comune sulla globalizzazione già a ottobre, ancora ignari degli sviluppi politici oltreoceano".
Ma è chiaro che la riflessione critica che sta venendo da qualche mese da istituzioni come il Fondo monetario internazionale che Lagarde dirige, ha subito un'accelerazione con l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump.
In vista dei consueti incontri di primavera a Washington e del G20 di Amburgo, il Fondo ha dunque unito le forze con la Banca mondiale e l'Organizzazione mondiale del commercio Wto per elaborare un rapporto con qualche novità. "Il commercio ha avuto effetti negativi su alcune tipologie di lavoratori e su alcune comunità" si legge nel documento presentato stamane a Berlino.
Tuttavia, se già al Forum mondiale dell'economia di Davos, Lagarde aveva ammesso che la globalizzazione ha avuto qualche effetto negativo sul "primo mondo", bisogna stare lontani da tentazioni protezionistiche. Il direttore generale del Wto, Roberto Azevêdo, ha infatti messo in guardia dal fatto che "azioni unilaterali" come quelle sui dazi annunciate da Trump possono scatenare "reazioni imprevedibili". Peraltro, come ha precisato Lagarde, se la globalizzazione ha contribuito a "schiacciare i salari", è anche vero che ad aumentare la pressione sulle buste paga "ha contribuito molto di più l'innovazione tecnologica".
Studiando gli effetti in particolare sui lavoratori dell'industria manifatturiera in Europa e negli Stati Uniti, il rapporto conclude che "risulta evidente quanto forte possa essere l'effetto in assenza di politiche che accompagnino" la globalizzazione. A chi le chiedeva quali possano essere queste misure, Lagarde ha risposto che "non c'è una formula magica, dipende dalle specificità dei singoli Paesi". Ma che un esempio positivo è la Danimarca che "combina in modo particolarmente efficace i principi del lavoro flessibile con meccanismi di disoccupazione efficienti e politiche per favorire il reimpiego".
Alla fine dell conferenza stampa, la numero uno del Fmi ha anche ammesso che "non abbiamo ancora formulato un'opinione sul reddito di cittadinanza, ma la riflessione è in corso". Nel frattempo, ha rivelato, "stiamo facendo pressioni su molti Paesi perché aumentino i salari minimi". Quello della domanda interna troppo debole anche per gli stipendi al palo è ormai un problema che si pongono tutti, anche istituzioni che hanno predicato per anni la moderazione salariale come la Banca centrale europea.
Per il rapporto Fmi-Wto-Banca mondiale sono importanti in particolari politiche attive per il lavoro che facilitino il ritorno all'occupazione ma anche una rete sociale per proteggere chi è "esposto alla competizione", sostiene il documento. I sistemi di istruzione e di formazione dovranno "preparare i lavoratori alle nuove sfide del mercato occupazionale, soprattutto in ambiti come l'immobiliare, il credito o le infrastrutture". Regole "forti" che regolino il commercio aiutano la competitività ma servono anche a riassicurare i cittadini sul fatto che il commercio internazionale sia trattato in modo equo. Jim Wong Kim, presidente della Banca mondiale, ha sottolineato che la globalizzazione "è anche una questione di giustizia sociale: ha tirato fuori milioni di persone dalla povertà".