Repressione in Venezuela, 50 morti e Maduro manda altri 2mila soldati

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Venezuela, 50 morti e Maduro manda altri 2mila soldati | Avanti!

18-05-2017 - Liberato Ricciardi

La situazione è ormai fuori dal limite in Venezuela dove sono ben 50 i morti per le repressioni e le proteste che stanno attraversando il Paese in queste ultime settimane. L’ultima vittima è un ragazzo appena 15enne ucciso da un proiettile mentre usciva di casa per andare a fare delle commissioni. Si tratta di José Francisco Guerrero, morto a causa di una manifestazione antigovernativa nello stato di Tachira, nell’ovest del Venezuela.
Adesso il governo venezuelano ha fatto sapere che manderà duemila soldati a sedare le proteste nello stato di Tachira, la regione è diventata un luogo di violente proteste contro lo stato di emergenza economico stabilito dal presidente Nicolás Maduro.
Nel frattempo la popolazione è allo stremo, la Caritas ha istituito dei “siti sentinella” dove portare i bambini per controllare i livelli di nutrizione e fornire integratori alimentari e farmaci di base. Sono state condotte visite a domicilio, per cui i bambini a rischio ricevono un aiuto medico e nutrizionale. L’altro grande rischio per la salute è la mancanza di acqua potabile: non c’è una manutenzione corretta dei serbatoi e non c’è cloro per renderla potabile. I bambini già malnutriti si ammalano più gravemente se prendono un parassita dall’acqua inquinata.

“Una crisi così grave ha bisogno di aiuti nazionali e internazionali per poter gestire ai massimi livelli decisionali un disastro di tali dimensioni”: lo ha sottolineato Susana Rafalli, esperta in emergenze alimentari che lavora per Caritas in Venezuela, commentando l’inchiesta condotta da Caritas Venezuela – rilanciata da Caritas internationalis – in quattro Stati e a Caracas, la capitale. “È andato tutto in disgrazia: lavoro, cure sanitarie, famiglia, casa, le persone povere hanno perso tutto e cercano un’ancora di salvezza – ha denunciato -. La comunità umanitaria e la popolazione venezuelana devono iniziare a intervenire su vasta scala”. Anche il sistema sanitario del Venezuela ha collassato: gli ospedali hanno esaurito i farmaci e le forniture sanitarie, e aumentano le malattie trasmesse dalle zanzare, come zika, dengue, malaria, chikungunya, e il tasso di mortalità infantile e materno. Negli ospedali manca perfino il latte in polvere per i neonati. “Abbiamo bisogno di medicinali di base”, ha chiesto Rafalli.

Mentre per la comunità internazionale è ormai maturata la convinzione che “in Venezuela i rischi di una potenziale guerra civile sono concreti”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, in un’informativa al Senato sul Venezuela. “È un Paese a cui teniamo molto per i legami storici, oserei dire di sangue”, ha aggiunto Alfano, spiegando che “i rischi della situazione coinvolgono almeno 150mila cittadini italiani”.
Nel Paese sudamericano l’opposizione chiede elezioni anticipate e rifiuta la decisione di Maduro di convocare un’Assemblea costituente per riformare la Carta del 1999. Per tutta risposta il presidente venezuelano ha nuovamente prolungato lo stato di emergenza per altri due mesi, iniziativa che restringe le garanzie costituzionali in tutto il Paese.
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Venezuela, 50 morti e Maduro manda altri 2mila soldati | Avanti!
 
19/05/2017 13:03

“Riaffermiamo la nostra vicinanza al popolo che si esprime oggi nelle strade e in altri ambiti della società in difesa dei loro diritti violati da chi sta profanando la Costituzione”. Con queste parole, i vescovi della Conferenza episcopale venezuelana hanno denunciato la crescente violazione dei diritti umani e la violazione della Costituzione del Paese. Nell’Esortazione pastorale presentata alla fine di una Assemblea Straordinaria, ieri sera, i presuli hanno ribadito che la proposta del governo di riformare la Costituzione non solo non è necessaria ma è anche "pericolosa per la democrazia venezuelana, per lo sviluppo umano integrale e per la pace sociale”.
In questo contesto, la Chiesa incoraggia il popolo a manifestare le proprie legittime richieste in forma pacifica. “Il popolo è il vero soggetto sociale della democrazia” e la forma “privilegiata” per uscire dalla crisi è il ricorso al voto.

Sulla grave situazione nel Paese, Alina Tufani ha intervistato mons. Diego Padrón, presidente della Conferenza episcopale venezuelana:

R. – Abbiamo ribadito che siamo i pastori del popolo di Dio e perciò, nel nome di Dio, noi chiediamo al nostro popolo di essere consci della gravità di questo momento e allo stesso tempo di favorire tutto ciò che porta alla vita e condannare tutto ciò che porta alla morte. Lo diciamo perché vogliamo mettere in rilievo il diritto che ha il popolo a manifestare le sue opinioni. Perciò la lotta si fa anche nel confronto delle idee perché ci sono due visioni diverse della situazione: la visione restrittiva del governo che vuole soltanto considerare giusto ciò che propone e la visione del popolo che manifesta il suo diritto a pronunciarsi contro il governo.

D. - Voi ribadite il vostro rifiuto alla proposta del governo di una assemblea per la riforma della Costituzione, riforma che considerate pericolosa…

R. – Certo. Pericolosa nel senso del cambiamento della natura propria dello Stato venezuelano. Noi siamo uno Stato di giustizia, di diritto, democratico e la Costituente vuol dire tutt’altro, vuole un Paese dove il popolo abbia la capacità di eleggere i suoi rappresentanti; invece, secondo questa nuova idea della Costituente i rappresentanti del popolo saranno eletti da un organismo e cioè il voto sarà attraverso un’elezione di secondo grado. Perciò noi non possiamo ammettere questa Costituente che è interamente contro la Costituzione che definisce la natura del nostro Stato come uno Stato democratico, che vuol dire la possibilità di espressione del popolo a livello generale e individuale.

D. - Per difendere lo stato di diritto le strade sono piene di persone che manifestano e anche rischiano la vita per la forte repressione che c’è di questa protesta…

R. - Noi abbiamo l'alternativa tra la vita e la morte e l'alternativa tra lo Stato democratico e la dittatura. Dobbiamo essere consapevoli che vale la pena lottare in strada oppure avremmo una situazione di dittatura, cioè di soggezione a un sistema che abbiamo visto in altri Paesi che alla fine non funziona perché porta soltanto la povertà e la miseria ai popoli.

D. – Voi parlate anche della crisi economica, parlate di mancanza di cibo e di medicine…

R. – E’ una realtà della vita ordinaria in questi due ultimi anni che viviamo tutti, anche noi vescovi proviamo la mancanza di ciò che è fondamentale per vivere. Non possiamo vivere in condizioni normali, la qualità della vita si abbassa, perciò posso ribadirlo: noi dobbiamo andare in strada, manifestare, è un diritto naturale, costituzionale. Noi non chiediamo al popolo di sacrificare la vita ma vogliamo che il popolo abbia coscienza che dobbiamo difendere la vita.

D. – Avete sottolineato la violenza repressiva da parte delle autorità ma anche dei gruppi paramilitari conosciuti come "collettivi". La situazione è più grave ancora?

R. - Certo, è più grave ancora perché questi gruppi - che sono tanti, collettivi, paramilitari … - sono armati e cercano solo la morte dei cittadini. Loro intervengono naturalmente in ogni manifestazione e perciò i nostri giovani devono o ritirarsi o affrontare la morte perché è una situazione di vera guerra militare: giovani disarmati, popolo disarmato, di fronte a gruppi che hanno armi.

Vescovi Venezuela: popolo scenda in piazza per evitare dittatura - Radio Vaticana
 
Venezuela: ancora proteste e repressione, ucciso paramedico. Vittime salgono a 51

19 maggio 2017
CARACAS - Non si fermano le proteste e la repressione in Venezuela. Mentre a Caracas si è mantenuto il solito copione dei cortei di opposizione bloccati dalle forze dell'ordine, a Maracaibo (seconda città del paese) un paramedico è stato ucciso durante una manifestazione e la situazione a Tachira (ovest del paese) continua ad essere estremamente tesa, malgrado l'invio di rinforzi militare nella regione. Con quest'ultima vittima salgono a 51 i morti dall'inizio delle proteste.

Gli Stati Uniti, intanto, hanno imposto sanzioni su otto giudici della Corte Suprema venezuelana, responsabili della decisione che ha innescato le violente proteste in corso nel Paese. Ed il presidente Donald Trump, incontrando il presidente della Colombia Juan Manuel Santos, ha apertamente condannato le violenze definendo la situazione in Venezuela "una disgrazia". Quindi, ha assicurato, che gli Stati Uniti "faranno il possibile" per aiutare il paese latinoamericano.

Nella capitale Caracas, l'opposizione aveva organizzato una manifestazione contro la repressione, con cortei che, partendo da quattro punti della metropoli, dovevano convergere verso la sede del ministero degli Interni. Come sempre, però, la Guardia Nazionale ha impedito che i manifestanti raggiungessero la parte occidentale di Caracas, feudo del chavismo, bloccando i cortei con cannoni idranti, lacrimogeni e cariche di alleggerimento. Almeno una cinquantina di persone sono rimaste ferite negli scontri con le forze dell'ordine, secondo le informazioni raccolte dai media locali negli ospedali locali.

A Maracaibo, capitale dello stato di Zulia, la repressione è stata più violenta, con la presenza dei "colectivos", i gruppi irregolari chavisti che hanno attaccato i manifestanti. E' così che Paul Moreno (24 anni), studente di medicina e volontario della Croce Verde nell'Università di Zulia, è morto travolto da un pickup senza targa e scortato da uomini armati che circolavano in moto.
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Venezuela: cortei e scontri a Caracas, ucciso un paramedico a Maracaibo
 
Venezuela, l’ultima frontiera del Quarto Mondo. Alle origini della grande crisi sudamericana - Bergamo News

di Marco Cangelli - 15 maggio 2017 - 6:49

Negli ultimi giorni il Venezuela è nel completo caos a causa di continue proteste promosse da cittadini comuni e puntualmente represse dalla polizia su ordine del presidente Nicolas Maduro. Il paese è ormai sull’orlo della guerra civile ed il rischio che la democrazia degeneri in dittatura ormai è cosa fatta.
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La causa di questo caos è la risorsa che per anni avrebbe dovuto arricchire il paese: il petrolio. Il Venezuela, da inizio Novecento, è sempre stato noto come uno dei più grandi esportatori di petrolio al mondo e nel 1999 è riuscito persino a superare l’Arabia Saudita per la presenza di giacimenti nel sottosuolo (circa 235 miliardi). Una risorsa immensa se ben sfruttata, ma il Venezuela, a causa della sua instabilità politica e dell’ingerenza delle multinazionali straniere non è mai riuscito ad usufruire a pieno del tesoretto in suo possesso. Il tutto è peggiorato nello stesso 1999, quando Hugo Chavez sale al potere.

L’attuazione di un piano economico di stampo socialista applicato dal presidente sudamericano per aumentare la ricchezza del paese si è basato su riforme populiste ed assunzione di personale nella compagnia petrolifera statale, la PDVSA , fino a tre volte superiore al necessario, il tutto usando esclusivamente i petroldollari e disinteressandosi completamente dell’ammodernamento dei mezzi di estrazione petrolifera. La strategia ha funzionato per anni grazie all’inesorabile aumento del prezzo del greggio, almeno fino al 2008, quando un barile di petrolio costava 130 $, ma la strategia è divenuta insostenibile non appena la tariffa petrolifera ha iniziato a calare, facendo crollare l’economia venezuelana fino ai livelli attuali raggiunti con la presidenza Maduro, a capo del Venezuela dal 2013.

Un’economia basata quasi in esclusiva sull’esportazione di petrolio (il 95 % del PIL circa) ed un mancato sviluppo dell’industria di settore hanno portato alla riduzione della produzione giornaliera di petrolio calcolata ormai ad un terzo rispetto a quella del 1999, oltre che ad un guadagno netto di molto inferiore a causa del deprezzamento mondiale dell’oro nero. Tutto ciò ha scatenato un fenomeno speculativo in grado di svalutare quasi completamente la moneta nazionale, il bolivar, nei confronti del dollaro, con una conseguente perdita d’acquisto per i consumatori oltre al blocco delle importazioni di prodotti anche di prima necessità a causa del debito pubblico sempre più esorbitante.

L’attuale situazione del Venezuela è di un paese dove la reale quotazione di mercato del bolivar è di 1 dollaro = 4609,37 bolivar, con il governo che si ostina a mantenere uno scambio pari ad 1:10 inesistente, rendendo quindi impossibile l’acquisto di prodotti stranieri sia allo stato che alla popolazione comune per via dei livelli astronomici dell’inflazione.
Unica soluzione attuabile in questo momento è quella di accettare da parte del governo il reale scambio con il dollaro, ritirare la moneta nazionale ormai senza più alcuna credibilità internazionale e sostituirla con un’altra come la valuta americana, cambiare strategia politica eliminando le riforme socialiste finora attuate e dimettere il regime attualmente a capo del paese.

Se Maduro non sceglierà di fare un passo indietro ed ammettere i propri errori, il Venezuela sarà destinato a divenire uno dei paesi più poveri del mondo ed i suoi abitanti destinati letteralmente a morire di fame.

Venezuela, l’ultima frontiera del Quarto Mondo. Alle origini della grande crisi sudamericana - Bergamo News
 
18/05/2017

In Venezuela Nicolas Maduro militarizza Tachira, al confine con la Colombia, dove ha inviato 2.600 soldati. In questo Stato ci sono stati nuovi assalti e saccheggi ai supermercati a causa della mancanza di alimenti. In Venezuela l’82% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Le proteste antigovernative si susseguono da più di un mese nel paese, i dimostranti chiedono le dimissioni di Maduro e nuove elezioni.

Per preservare l’ordine, il presidente venezuelano ha deciso inoltre per altri due mesi di estendere, senza l’autorizzazione del Parlamento che è in mano all’opposizione, il decreto di “stato di eccezione ed emergenza economica” che permette all’esecutivo di adottare misure urgenti. Secondo aluni analisti il nuovo decreto serve solo per sospendere le garanzie costituzionali e reprimere la protesta.

Il Venezuela in sempre più grave recessione economica sprofonda nel baratro della violenza. Sono 50 le vittime dall’inizio delle manifestazioni contro il governo di Nicolas Maduro. Per ricordare chi ha perso la vita una pacifica veglia notturna è stata organizzata dall’opposizione a Caracas, illuminata dalla sola luce delle candele.

Venezuela nel baratro della violenza: Maduro invia 2.600 soldati a Tachira
 
potremmo dire che Maduro usa le armi chimiche e lanciarli un po di missili?

oppure creiamo una ISIS di terroristi che destabilizza il Venezuela con altri 500.000 morti

sono solo opzioni, ma magari saranno cavoli loro?
 
M.T.. 20.05.2017
«Mio padre è in carcere da 27 mesi senza alcun provvedimento giudiziario, senza processo e senza condanna. Se questo è potuto succedere a lui, che riveste una tra le più importanti cariche del Venezuela, immaginatevi cosa può accadere ai normali cittadini». È un grido di disperazione, quello che lancia Vanessa, figlia di Antonio Ledezma, sindaco della capitale venezuelana Caracas.

Vanessa, che vive in Italia ormai da sette anni, oggi è a Verona per manifestare contro la dittatura del governo di Nicolas Maduro. La sua famiglia sta vivendo sulla propria pelle gli effetti di una politica sempre più autoritaria. Il padre Antonio, dopo essere stato deputato e poi senatore, ha avuto una folgorante carriera politica: vicepresidente del Senato, poi governatore del Distretto federale di Caracas e infine è stato eletto sindaco di Caracas nel 2008, poi riconfermato.

Dramma Venezuela, la figlia di Ledezma in corteo a Verona
 
Pubblicato il 20/05/2017
FRANCESCO PELOSO

Maria Luisa Ungreda è la segretaria del Directorio internacional dell’Associacion Damas salesianas (ADS) con sede in Venezuela, a Caracas. Le damas sono un’organizzazione impegnata nell’assistenza sociale, nell’ambito educativo e formativo, in quello sanitario e sono fortemente radicate in America Latina. Maria Luisa ha risposto alle domande di Vatican Insider sul momento critico che sta attraversando il Paese.


Qual è la situazione sociale in Venezuela? Come vivono le fasce più povere della popolazione in questo momento drammatico?

«Una serie di elementi hanno contribuito al fatto che in Venezuela si sia prodotta un’immensa crisi sociale. In primo luogo il controllo del governo su tutti gli ambiti dell’economia; poi lo sviluppo di un’economia nella quale è stato distrutto buona parte dell’apparato produttivo e messa in atto una politica di importazioni indiscriminata; a ciò si aggiunga un’altissima inflazione (la più alta del mondo) e, come corollario, la recente caduta dei prezzi dell’unico elemento di esportazione del Paese: il petrolio; evento che ha ridotto drasticamente la possibilità di importare beni e alimenti. Tutte queste possono essere considerate cause dell’attuale crisi. Come conseguenza, la qualità della vita di tutti, e in modo particolare quella dei settori più poveri, si è abbassata in modo considerevole».

Come cambia la vita quotidiana?

«È normale vedere molte persone, specialmente bambini e anziani per la strada. Ogni giorno ci sono persone, anche famiglie o gruppi, che frugano nei rifiuti per trovare qualcosa da mangiare. Si formano lunghe file davanti ai supermercati e alle panetterie per comprare qualche prodotto a prezzo controllato, mentre altri alimenti possono essere acquistati solo a prezzi altissimi, al di fuori della portata della maggioranza delle persone. Secondo le cifre dell’Osservatorio venezuelano della salute (Ong), 9 milioni di persone non riescono a mangiare due volte al giorno. Il numero delle imprese private si è ridotto in modo drastico, (dal 1998, l’anno in cui fu eletto Chavez, hanno chiuso circa 500mila aziende), gli stipendi, sia nel settore privato che in quello pubblico, sono molto bassi se paragonati a quelli del resto dell’America Latina, per questo cresce il lavoro nero. C’è poi un grave problema sanitario la scarsezza assoluta di medicinali, da quelli di base a quelli necessari per curare malattie croniche o degenerative, o il cancro. Gli ospedali pubblici sono in condizioni di degrado mai viste prima, e quelli privati affollati da così tanti pazienti che riescono con difficoltà ad assisterli. A questo si deve aggiungere la violenza diffusa un po’ ovunque e in modo specifico nei quartieri poveri delle città, il che favorisce la nascita di gruppi di civili armati contro la delinquenza che è cresciuta drammaticamente e vive nell’impunità».
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In Venezuela è crisi umanitaria, mancano cibo e medicine
 
03/07/2017 |

" Si potrebbe parlare di guerra di un governo contro il popolo", denuncia il cardinale Urosa, come riporta la Fides, condannando la repressione violenta compiuta dalle forze di sicurezza del Venezuela e da gruppi paramilitari contro i manifestanti, che nei tre mesi scorsi sono scesi in strada per protestare contro le politiche del governo. Negli scontri, sono state uccise più di 90 persone".
Anche Papa Francesco, in occasione della recita dell'Angelus, ricordando che il 5 luglio ricorrerà la festa dell'indipendenza del Venezuela, ha lanciato un appello "affinché si ponga fine alla violenza e si trovi una soluzione pacifica e democratica alla crisi".

"Noi vescovi chiediamo al governo nazionale di riconsiderare la situazione, di deporre l'atteggiamento di voler impiantare in Venezuela un sistema totalitario militarista-marxista; e, naturalmente, chiediamo di desistere dall'utilizzare risorse legali per smantellare lo stato. Tutto ciò è riprovevole e intollerabile e non è ciò che desidera la maggior parte del popolo venezuelano", chiarisce il cardinale Urosa Savino, in occasione della celebrazione di San Pietro e San Paolo. Il cardinale ha parlato a titolo personale ma ha precisato che è la posizione di tutta la Conferenza Episcopale venezuelana.
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Venezuela, Chiesa: Maduro ha iniziato una guerra contro il popolo


5 LUGLIO 2017 - 23:07

Un 25enne venezuelano è stato ucciso durante una manifestazione contro il governo di Nicolas Maduro a Tariba, nella periferia di San Cristobal, la capitale dello Stato di Tachira, nell'estremo ovest del Venezuela. Secondo alcune testimonianze, il giovane sarebbe stato ucciso da un candelotto lacrimogeno, sparato dalla Guardia Nazionale, che lo ha colpito al torace. Il 25enne è la 91esima vittima dall'inizio delle proteste ad aprile.

Venezuela, ucciso manifestante 25enne: è la 91esima vittima - Tgcom24
 

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