Il debutto
San Siro impazzito per il ragazzo-leggenda
La grande attesa per il brasiliano viene premiata. Il baby campione non delude: «Sono felice»
MILANO — Come Will Smith, il suo attore preferito, nel film attualmente sui nostri schermi, è già leggenda. E dopo stasera è già previsto più di un sequel. Non perché Alexandre Pato sia l'ultimo
Alexandre Pato (Ap)
rappresentante della razza umana sulla terra, sebbene qualcosa rappresenti: è l'ultimo iscritto, in ordine di apparizione, alla categoria fenomeni annunciati. Ancora prima di toccare il suo primo pallone ufficiale è già un ragazzo solo al comando a cui il Milan affida la seconda parte della sua stagione, quella della risalita in Italia e dell'ennesimo galà in Europa. Arriva dopo sei mesi d'attesa quasi messianica e si sa come finiscono spesso i «salvatori» nel nostro paese che trasforma anche le cose più belle in monnezza (per non parlare delle più brutte, ma questa è un'altra storia). Per lui si sono mossi tutti, dalla famiglia agli amici, dalla fidanzata Sthefany Brito — che con quella «h» fuori posto e cotale fidanzato è destinata a trovare qualche ingaggio qui da noi — a Silvio Berlusconi con la sciarpa a pois. Il presidente benedice il nuovo pupillo: «È umile e rispettoso come Kaká e se farà vedere metà delle cose che ha mostrato in allenamento è destinato a grandi cose». E Pato mostra, non c'è che dire, a cominciare dalle scarpe arancioni. La prima cosa che tocca nel campionato italiano, però, non è il pallone, ma Paolo Cannavaro. Il popolo l'ha già adottato, Pato non farà la fine di tanti altri, bruciati all'esordio, lui brucia le tappe. Comunque vada sarà un successo. E va bene, perché Pato ha sempre segnato ai suoi esordi e lo fa anche ora. Piange o no, dopo l'abbraccio della squadra? Sì, è commosso, non c'è mistero. Non sono un mistero i suoi numeri, basta grattare via le croste di una partita post-vacanziera. Lo battezza anche Edy Reja: «Non pensavo fosse così forte». Al primo dribbling un'ovazione, al primo tiro (21', centrale, Iezzo respinge coi pugni) un delirio, ai primi errori sotto porta va bene lo stesso, riproverà, alla prima scivolata tradito dalle sue scarpe numero 40 che perdono contatto con l'infido terreno di San Siro, parte il coro d'appoggio: «Pato, Pato». Nella roulette del gol, però, il «7» di Pato tarda a uscire. Stranezze, ma il numero segnante del Milan è il «99» quello di Ronaldo, che realizza due reti. Oltre a tutto il resto, allora, il ragazzo ha virtù taumaturgiche. Pato non gioca d'azzardo ma con i piedi. Lancio di Favalli, controllo a superare Domizzi, tocco di destro sull'uscita di Iezzo. La festa, le lacrime e il cuore con le mani mostrato a Sthephany. C'è tutto, c'è il campione, c'è il contorno. «Sono contento, ma il Fenomeno è sempre Ronie. Sono felice per come la squadra mi ha aiutato. Dedico il gol alla mia famiglia e alla mia fidanzata. Adesso vado a dormire, da domani si pensa al futuro. Voglio diventare grande col Milan». Parla un italiano ancora farraginoso, ma si fa capire. E poi alle leggende non si chiede di parlare, ma di esserci. E Pato c'è.