ROMA IMBIANCATA, ITALIA DIVISA IN DUE. FORZA NEVE!
di GILBERTO ONETO
Nevica, governo ladro! Un sacco di posti sono stati messi in difficoltà da nevicate abnormi – fino a un metro e mezzo di neve – e quasi tutti se la sono cavata da soli. A Roma è venuto giù qualche centimetro ed è sembrato lo sprofondamento di Atlantide: una catastrofe cosmica che giornali e telegiornali si sono affrettati e dilungati a descrivere con toni accorati e accento trasteverino.
Abbiamo visto automobilisti abbandonare la macchina in mezzo alla strada come se stessero per esplodere, qualcuno lamentarsi perché – poverello – si doveva fare ben un chilometro e mezzo a piedi: in pratica la ritirata di Russia. Mancavano nel racconto solo i lupi e i cosacchi! Si sono viste frotte di baldi giovani documentare la catastrofe col telefonino e lamentarsi per i disagi: non se ne è visto quasi nessuno maneggiare pale e badili. In tanti a lanciarsi con gli slittini giù dai sette colli ma in pochi a spalare. L’universale piagnisteo capitolino si è elevato contro gli aiuti che non arrivano, lo Stato assente (da Roma, figuriamoci…), perché non sono intervenuti, perché non hanno fatto niente (anzi gnnente)… con il verbo fare sempre declinato in altre persone che non siano la prima. Invece di piagnucolare sulla mancanza di sale, si dovrebbe prendere atto della carenza di “oli de gumbèt”, un prodotto esotico di cui da quelle parti si soffre di una cronica e consolidata carenza. Si sono anche presi drastici provvedimenti come tenere a casa da scuola i bambini e gli statali dagli uffici: cosa quest’ultima di cui non deve essersi accorto nessuno.
La spolverata di neve ha scatenato il sindaco Alemanno (un cognome inutilmente boreale) contro il capo della Protezione Civile: un bel italico match fatto di recriminazioni, “toccava a te”, “tu dovevi”, “era compito tuo”, nel quale si è passati alla seconda persona. La prima continua a latitare sia al singolare che al plurale.
Questa è Romacapitale: se lo sono scritto sulle auto dei vigili e su tutte le leggi e leggine che disciplinano (si fa per dire) l’enorme trasferimento di soldi dal resto d’Italia e soprattutto dalla Padania. Questa è la città più sovvenzionata del mondo: non esiste alcun altro sito dove converga una quantità di denaro comparabile a quella che arriva qui. Nell’antichità arrivava dall’Impero, poi grazie al Papato, infine “solo” dall’Italia: sono 2.765 anni che questo grosso foruncolo si nutre di risorse altrui. Ma non basta: oggi Alemanno vorrebbe che, oltre che essere mantenuta, Romacapitale fosse anche manutenuta dagli altri. Capito padani? Oltre che al foraggiamento e ai minuti piaceri di RomaDoma, si deve anche provvedere a sgorgarle i lavandini e a spalarle via un paio di centimetri di neve. I loro antenati erano prepotenti e maneschi ma almeno avevano le palle: oggi sono solo prepotenti e frignano davanti alle palle di neve.
Questi adesso vogliono anche ospitare le olimpiadi. Ma quali olimpiadi? Quelle del lamento e della fanigotteria. Una popolare barzelletta francese racconta che la finale della gara di pelandronaggine viene vinta dall’unico concorrente che non si sdraia a terra perché aspetta di essere spinto. Alle olimpiadi romane si aspetterà la spinta della Protezione Civile.
Il Papa la sua piazza se l’è subito pulita e ha sorriso all’Angelus sui guai della città. Da bavarese alpino, in privato, avrà sicuramente espresso giudizi meno bonari. Un consiglio rispettoso: Santità, se ne vada prima che nevichi davvero. Avignone è una città bellissima, la gente è simpatica, il clima mite, si bevono degli straordinari rosati e – soprattutto – c’è un ottimo servizio di spalatura della neve.
Sotto la neve non è collassata solo Romacapitale ma anche altri patriottici prodotti della romanità: linee Enel interrotte, convogli Trenitalia in panne e – Hannibal ad portas! – partite di calcio sospese.
I giornali hanno titolato con enfasi che la neve ha diviso l’Italia in due. Speriamo nevichi per sempre.