tontolina
Forumer storico
Sure, l’Italia verserà 3 miliardi per averne indietro 2,5
È previsione unanime che, in Italia, la crisi economica post Covid-19 si aggraverà in autunno, con un forte aumento della disoccupazione.
Ma dei 100 miliardi del fondo Sure per i disoccupati europei, promessi dall'Eurogruppo il 10 aprile insieme al Mes sanitario e al fondo Bei, è certo che neppure un centesimo sarà disponibile per il nostro paese. Man mano che passano i mesi, appare sempre più chiaro che i famosi mille miliardi e passa di aiuti promessi da Ursula Von der Leyen sembrano destinati a restare nel limbo delle promesse europee non mantenute.
Ricordate?
750 miliardi con il Recovery Plan,
altri 240 con il Mes sanitario,
200 con la Bei
e 100 con il Sure.
Tutte risorse da raccogliere sui mercati con emissioni obbligazionarie per poi concedere dei prestiti e sussidi ai singoli paesi. Il che richiede non solo tempo, ma soprattutto intese politiche tra gli Stati, intese tuttora inesistenti.
È notizia di ieri che il Recovery Plan da 750 miliardi, tra prestiti e sussidi, si è già arenato, bloccato dai contrasti tra i ministri dell'Ecofin: ben otto paesi Ue sono contrari, alcuni vogliono solo prestiti e niente sussidi (Olanda e Austria in testa), altri dicono che non pagheranno mai per un fondo tagliato su misura per i paesi del Sud (Ungheria), e il ministro tedesco delle Finanze, Olaf Scholz, nel tentativo di convincere i riottosi a fare un passo indietro, ha proposto di ridurre il totale da 750 a 500 miliardi, sconfessando di fatto la connazionale Ursula. Risultato: tutto rinviato, con un solo ministro rimasto a difesa del Recovery Plan originario, l'italiano Roberto Gualtieri. Così, per quest'anno, dal Recovery Plan non ci arriverà nulla, né sussidi né prestiti.
Quanto agli altri tre pilastri del tanto decantato bazooka europeo, molto fumo e niente arrosto. Sul Mes sanitario il governo Conte-Gualtieri è spaccato in due, con i grillini contrari. E per attivarlo serve il voto del parlamento, dal quale Conte si tiene abitualmente alla larga, nel timore di uno sgambetto da parte della sua stessa maggioranza.
I prestiti della Bei (Banca europea per gli investimenti) sono nella fase preliminare dell'istruttoria, che richiede da parte dei Paesi Ue il versamento anticipato di 25 miliardi di garanzie su cui basare i 200 miliardi di prestiti.
Idem dicasi per i cento miliardi del Sure, che per ora è un fondo europeo senza neppure un euro in cassa e potrà prestare qualcosa soltanto quando avrà ricevuto dai paesi Ue le garanzie necessarie per emettere delle obbligazioni sui mercati.
Di queste procedure, a quanto pare, sembra che siano all'oscuro molti tra i cosiddetti «europeisti senza se e senza ma» che affollano i salotti tv per magnificare gli aiuti Ue, presentandoli come cosa già fatta. È accaduto anche poche sere fa nel salotto di Barbara Palombelli, dove il giornalista americano Alan Friedman ha definito «ignoranti e in malafede» quelli che in Italia si oppongono al Mes sanitario e agli altri aiuti europei, come il Sure, a suo avviso già richiesto e ottenuto dalla Spagna. Nello stesso salotto era presente l'economista della Lega, Alberto Bagnai, presidente della commissione Bilancio della Camera, che gli ha risposto a tono: la Spagna non può avere ottenuto il Sure per la semplice ragione che i paesi europei stanno ancora versando le quote a garanzia.
Anche l'Italia lo sta facendo, con uno dei tanti articoli del decreto Rilancio in discussione in parlamento. Un testo, ha sottolineato Bagnai, che Friedman avrebbe dovuto leggere prima di dare dell'ignorante e pretendere di dare lezioni a chi, invece, i documenti li ha letti e studiati.
In proposito, Friedman e gli europeisti alle vongole avrebbero tutto da guadagnare se trovassero il tempo di leggere l'ampia analisi che il blog Orizzonte 48, molto attento alle questioni giuridiche europee, dedica alla regolamentazione del Sure. Da cui trae le seguenti conclusioni: «Risulta obiettivamente molto poco realistico che lo strumento Sure possa dare luogo a un tesoretto in tempo utile, questo autunno, e per di più vicino a un ammontare di dieci miliardi entro il 2020». Prima bisogna versare le garanzie, come ha ricordato Bagnai. Poi raccogliere i fondi sui mercati con le emissioni obbligazionarie. Non solo. Poiché l'adesione non è obbligatoria, alcuni paesi Ue potrebbero non partecipare, riducendo così la disponibilità futura. Per cui «l'effettiva erogazione del prestito appare incerta nei tempi e nei volumi».
Ma quanto incerta? Poiché l'Ue ha previsto che la Bei possa disporre di un fondo «fino a 100 miliardi» proprio per il rifiuto a parteciparvi di alcuni paesi, è possibile, per non dire probabile, che la raccolta non superi i 25 miliardi, sostiene il blog. Di questi, l'Italia potrebbe ottenere il 10% come prestito, vale a dire 2,5 miliardi, ma non nel 2020, bensì nel 2021, ammesso che il fondo Bei riesca a partire l'anno prossimo. Il tutto dopo un versamento di 2-3 miliardi di garanzie «irrevocabili, liquide e immediatamente esigibili».
Insomma, un affare in perdita, aggravato da un ulteriore dettaglio: il 10% spettante all'Italia, ovvero i 2,5 miliardi, «potrebbe non essere versato in un'unica soluzione, bensì (articolo 7) in plurimi versamenti». Per questo, nella fase più acuta della recessione, «potremmo avere a disposizione qualche centinaio di milioni in prestito, sui quali risparmiare qualche milione di interessi, ma dopo avere versato 2-3 miliardi di garanzie. Un vero bluff».
Sure, l’Italia verserà 3 miliardi per averne indietro 2,5 - ItaliaOggi.it
L’Italia potrebbe ottenere il 10% come prestito, vale a dire 2,5 miliardi, ma non nel 2020, bensì nel 2021, ammesso che il fondo Bei riesca a partire l’anno prossimo. Il tutto dopo un versamento di 2-3 miliardi di garanzie “irrevocabili, liquide e immediatamente esigibili”
www.italiaoggi.it
È previsione unanime che, in Italia, la crisi economica post Covid-19 si aggraverà in autunno, con un forte aumento della disoccupazione.
Ma dei 100 miliardi del fondo Sure per i disoccupati europei, promessi dall'Eurogruppo il 10 aprile insieme al Mes sanitario e al fondo Bei, è certo che neppure un centesimo sarà disponibile per il nostro paese. Man mano che passano i mesi, appare sempre più chiaro che i famosi mille miliardi e passa di aiuti promessi da Ursula Von der Leyen sembrano destinati a restare nel limbo delle promesse europee non mantenute.
Ricordate?
750 miliardi con il Recovery Plan,
altri 240 con il Mes sanitario,
200 con la Bei
e 100 con il Sure.
Tutte risorse da raccogliere sui mercati con emissioni obbligazionarie per poi concedere dei prestiti e sussidi ai singoli paesi. Il che richiede non solo tempo, ma soprattutto intese politiche tra gli Stati, intese tuttora inesistenti.
È notizia di ieri che il Recovery Plan da 750 miliardi, tra prestiti e sussidi, si è già arenato, bloccato dai contrasti tra i ministri dell'Ecofin: ben otto paesi Ue sono contrari, alcuni vogliono solo prestiti e niente sussidi (Olanda e Austria in testa), altri dicono che non pagheranno mai per un fondo tagliato su misura per i paesi del Sud (Ungheria), e il ministro tedesco delle Finanze, Olaf Scholz, nel tentativo di convincere i riottosi a fare un passo indietro, ha proposto di ridurre il totale da 750 a 500 miliardi, sconfessando di fatto la connazionale Ursula. Risultato: tutto rinviato, con un solo ministro rimasto a difesa del Recovery Plan originario, l'italiano Roberto Gualtieri. Così, per quest'anno, dal Recovery Plan non ci arriverà nulla, né sussidi né prestiti.
Quanto agli altri tre pilastri del tanto decantato bazooka europeo, molto fumo e niente arrosto. Sul Mes sanitario il governo Conte-Gualtieri è spaccato in due, con i grillini contrari. E per attivarlo serve il voto del parlamento, dal quale Conte si tiene abitualmente alla larga, nel timore di uno sgambetto da parte della sua stessa maggioranza.
I prestiti della Bei (Banca europea per gli investimenti) sono nella fase preliminare dell'istruttoria, che richiede da parte dei Paesi Ue il versamento anticipato di 25 miliardi di garanzie su cui basare i 200 miliardi di prestiti.
Idem dicasi per i cento miliardi del Sure, che per ora è un fondo europeo senza neppure un euro in cassa e potrà prestare qualcosa soltanto quando avrà ricevuto dai paesi Ue le garanzie necessarie per emettere delle obbligazioni sui mercati.
Di queste procedure, a quanto pare, sembra che siano all'oscuro molti tra i cosiddetti «europeisti senza se e senza ma» che affollano i salotti tv per magnificare gli aiuti Ue, presentandoli come cosa già fatta. È accaduto anche poche sere fa nel salotto di Barbara Palombelli, dove il giornalista americano Alan Friedman ha definito «ignoranti e in malafede» quelli che in Italia si oppongono al Mes sanitario e agli altri aiuti europei, come il Sure, a suo avviso già richiesto e ottenuto dalla Spagna. Nello stesso salotto era presente l'economista della Lega, Alberto Bagnai, presidente della commissione Bilancio della Camera, che gli ha risposto a tono: la Spagna non può avere ottenuto il Sure per la semplice ragione che i paesi europei stanno ancora versando le quote a garanzia.
Anche l'Italia lo sta facendo, con uno dei tanti articoli del decreto Rilancio in discussione in parlamento. Un testo, ha sottolineato Bagnai, che Friedman avrebbe dovuto leggere prima di dare dell'ignorante e pretendere di dare lezioni a chi, invece, i documenti li ha letti e studiati.
In proposito, Friedman e gli europeisti alle vongole avrebbero tutto da guadagnare se trovassero il tempo di leggere l'ampia analisi che il blog Orizzonte 48, molto attento alle questioni giuridiche europee, dedica alla regolamentazione del Sure. Da cui trae le seguenti conclusioni: «Risulta obiettivamente molto poco realistico che lo strumento Sure possa dare luogo a un tesoretto in tempo utile, questo autunno, e per di più vicino a un ammontare di dieci miliardi entro il 2020». Prima bisogna versare le garanzie, come ha ricordato Bagnai. Poi raccogliere i fondi sui mercati con le emissioni obbligazionarie. Non solo. Poiché l'adesione non è obbligatoria, alcuni paesi Ue potrebbero non partecipare, riducendo così la disponibilità futura. Per cui «l'effettiva erogazione del prestito appare incerta nei tempi e nei volumi».
Ma quanto incerta? Poiché l'Ue ha previsto che la Bei possa disporre di un fondo «fino a 100 miliardi» proprio per il rifiuto a parteciparvi di alcuni paesi, è possibile, per non dire probabile, che la raccolta non superi i 25 miliardi, sostiene il blog. Di questi, l'Italia potrebbe ottenere il 10% come prestito, vale a dire 2,5 miliardi, ma non nel 2020, bensì nel 2021, ammesso che il fondo Bei riesca a partire l'anno prossimo. Il tutto dopo un versamento di 2-3 miliardi di garanzie «irrevocabili, liquide e immediatamente esigibili».
Insomma, un affare in perdita, aggravato da un ulteriore dettaglio: il 10% spettante all'Italia, ovvero i 2,5 miliardi, «potrebbe non essere versato in un'unica soluzione, bensì (articolo 7) in plurimi versamenti». Per questo, nella fase più acuta della recessione, «potremmo avere a disposizione qualche centinaio di milioni in prestito, sui quali risparmiare qualche milione di interessi, ma dopo avere versato 2-3 miliardi di garanzie. Un vero bluff».