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Solo il manager è inaffondabiledi Emiliano Fittipaldi

Un miliardo e mezzo di fondi statali bruciati in sette anni. Perdite abissali. Ma Pecorini guida la Tirrenia dal 1984. E sogna di sopravvivere alla privatizzazione La nave Tirrenia 'Rubattino' nel porto di PalermoÈ sbagliato definirlo l'ultimo boiardo di Stato. Lui è di più: è il campione assoluto della categoria. È, senza dubbio, il più grande di tutti. L'ho capito definitivamente quando l'ho visto fianco a fianco al presidente George Bush, durante i funerali di papa Giovanni Paolo II... L'ex ufficiale di bordo, ormai in pensione, fa un ritratto sintetico dell'amministratore delegato della Tirrenia, ma assai fedele alla realtà. Il caso di Franco Pecorini non sembra infatti avere eguali nella storia della Repubblica. Mentre i potenti signori delle partecipazioni statali sono stati spazzati via da Tangentopoli e dalle privatizzazioni degli anni '90, Pecorini è al timone della più grande compagnia pubblica di navigazione d'Europa da 23 anni.

Il manager ha resistito al cambio di 17 governi, alla caduta del muro di Berlino e alla bufera di Mani Pulite. Per lui lo spoil system non esiste: dal 1984 crisi economiche e scandali hanno fatto saltare i vertici di Alitalia per ben otto volte, mentre i cambi alle Ferrovie sono stati sei. Alla Tirrenia, zero: la poltrona nel piano nobile della sede di Rione Sirignano, a Napoli, è ormai proprietà privata.
Eppure il gruppo non naviga certo in acque tranquille. La compagnia, controllata al 100 per cento dalla Fintecna, società gestita a sua volta dal ministero dell'Economia, è uno dei carrozzoni pubblici più sbrindellati d'Italia. Una barca piena di falle, che perde la bellezza di circa 200 milioni di euro l'anno. L'ultimo bilancio certificato è in attivo, ma è un puro artificio contabile: ogni anno il rosso è appianato da generosi aiuti di Stato. Quasi un miliardo e mezzo di euro, considerando solo il periodo 2000-2007. Soldi che escono dalle tasche dei contribuenti, e che servono a pagare i circa 3 mila tra amministrativi (400) e marittimi e a far navigare una flotta di novanta, vecchissime navi.


Il Gentiluomo di Wojtyla Nonostante i disastri finanziari, il cavaliere del Lavoro Franco Pecorini, nato 66 anni fa a Gavorrano in provincia di Grosseto, resta intoccabile. Di lui si sa pochissimo. L'uomo è riservato e le sue dichiarazioni pubbliche, nonostante la longevità del suo regno, si contano sulle dita di una mano. Di certo, la ragnatela delle sue amicizie politiche è spaventosa. Temuto da tutti, amico dell'intero arco costituzionale, la carriera dell'abile boiardo parte in Rai, dove entra da giovane, e prosegue nella Finmare, la finanziaria dell'Iri che sosteneva le società armatoriali a rischio fallimento. Accreditato di simpatie socialiste, nel 1984, quando Prodi è capo dell'Iri e Bettino Craxi presidente del Consiglio, da segretario generale e capo delle relazioni esterne viene promosso alla guida dell'azienda di cui diventerà dominus indiscusso. "È come l'imperatore Commodo", si legge nei blog dei marinai che gli dedicano lettere anonime e attacchi feroci, accusandolo persino di aver disseminato decine di spie e ispettori sulle navi: "Pecorini ha voluto scriversi una pagina nella storia della Tirrenia. Non importa come, l'importante è essere ricordato".

Il suo sogno, dicono i nemici, è che la fine del suo regno coincida con quella di Tirrenia. Finora l'attuale governo sembra volerlo accontentare. Romano Prodi, che lo conosce bene, il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi e Tommaso Padoa-Schioppa, dopo aver cacciato Elio Catania dalle Fs e Giancarlo Cimoli da Alitalia, non hanno voluto aprire il dossier Pecorini. "È troppo potente", sussurrano sconsolati gli armatori privati. Vincenzo Onorato e Manuel Grimaldi sono tra gli avversari più tenaci: da anni cercano di rovesciare il suo impero, con scarso successo. Pecorini sembra godere di rendite di posizione non solo in tutti i partiti politici (dai Ds a Forza Italia, dalla Margherita ad An) e in Confcommercio (è vicepresidente dell'associazione), ma anche di entrature importanti in Vaticano: non a caso ha avuto il raro privilegio di essere nominato da Wojtyla tra i Gentiluomini di Sua Santità, gli unici laici che possono prestare servizio nelle cerimonie ufficiali della Santa Sede. Esponenti del clero (testimoni oculari raccontano di aver visto persino il cardinale Re) non mancano mai nemmeno alle grandi feste che il patron di Tirrenia organizza per commemorare santa Barbara, la protettrice della Marina. L'indebitamento netto viaggia sugli 800 milioni di euro (dati della Corte dei conti), ma questo non impedisce a Pecorini di prendere in prestito una nave di linea per qualche giorno, di invitare ammiragli, politici e prelati - chiosano i sindacati - e di spendere decine di migliaia di euro per addobbi, buffet luculliani e personale aggiunto. La Filt-Cgil della Liguria ha denunciato addirittura mancati ricavi per la soppressione di alcuni viaggi e per l'uso sulla tratta Genova-Porto Torres di un'imbarcazione più lenta e meno capiente della Bithia, il nuovissimo traghetto scelto dall'amministratore per brindare a champagne con gli ospiti eccellenti.
(22 giugno 2007)

L'Espresso
 

matabo

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Che invidia, che invidia, che invidia!

Altro che lauree, dottorati e master dei miei stivali. Queste sono le persone da cui c'e' solo da imparare!
 

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