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La lenta agonia dell'euro
20 lug 2011 05:30 | Commenti CdT / Commento
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di ALFONSO TUOR - L’entrata della Spagna e soprattutto dell’Italia nel vortice della crisi mette in evidenza che in gioco è la sopravvivenza della moneta unica europea.

La crisi dell’euro, ufficialmente iniziata il 6 maggio del 2010 con il pacchetto di salvataggio di 110 miliardi di euro a favore della Grecia, si è infatti via via estesa ad Irlanda e Portogallo e ora non colpisce più solo economie di dimensioni relativamente modeste, ma la terza e la quarta economia di Eurolandia.

In totale questi cinque Paesi rappresentano il 34% (ossia un terzo) del PIL dell’area che fa capo all’euro.

Ma c’è di più: la manovra di correzione dei conti pubblici varata a spron battuto dal Parlamento italiano non ha ricreato un clima di fiducia sui titoli attraverso cui Roma rifinanzia il proprio debito pubblico, come dimostra l’allargamento del differenziale tra i tassi dei titoli di Stato e quelli tedeschi. [ovvio è una riforma recessiva]

Altrettanto negativo è stato il risultato, ufficialmente molto buono, dei cosiddetti stress test, cui sono state sottoposte 90 banche europee. Quindi al vertice europeo dei capi di Stato e di governo dei Paesi di Eurolandia, che si terrà domani a Bruxelles, non dovrebbero solo metter mano al secondo piano di salvataggio della Grecia, ma anche cominciare a valutare se è utile continuare a proporsi l’obiettivo di salvare la moneta unica europea nella sua forma attuale.

È chiaro che l’attuale politica di austerità imposta ai Paesi deboli europei per risanare i loro conti pubblici, combinata con alti tassi di interesse, porta unicamente al disastro.

Grecia, Irlanda e Portogallo e anche Italia e Spagna hanno in realtà bisogno di una ristrutturazione del loro debito, poiché non hanno più la valvola di sfogo di una loro valuta, che permetterebbe di ricorrere alla svalutazione per riguadagnare competitività e di stampare moneta per acquistare il debito pubblico che non riescono più a collocare sul mercato se non a costi proibitivi. La ristrutturazione del debito pubblico di questi Paesi è però avversata dalla Banca centrale europea. Essa teme correttamente che la ristrutturazione del debito pubblico greco (anche se camuffata attraverso formule di adesione volontaria delle banche all’allungamento della scadenza dei titoli pubblici) darebbe il via ad una crisi finanziaria più grave di quella scatenata dal fallimento della banca americana Lehman Brothers. Il timore è assolutamente condivisibile. Infatti, da un canto, i mercati scommetterebbero immediatamente sulla ristrutturazione dei debiti anche degli altri Paesi in difficoltà e, dall’altro, entrerebbe in crisi un sistema bancario che non è in grado di sopportare la dichiarazione di insolvenza di più Paesi europei (occorre ricordare che gli stress test appena effettuati non contemplavano il rischio di insolvenza di un Paese).
Si è dunque in un vicolo cieco. Qualsiasi ristrutturazione del debito di uno di questi Paesi, che equivarrebbe ad una dichiarazione di insolvenza, produrrebbe un effetto domino sul debito degli altri Paesi, metterebbe in ginocchio il sistema bancario e darebbe l’avvio ad una nuova crisi finanziaria. D’altro canto, dare altri soldi alla Grecia servirebbe unicamente a guadagnare tempo, ma non a migliorare lo stato di salute di Atene, che ben presto dovrebbe ricorrere ad un terzo piano di salvataggio.
Dunque, che fare? Di fronte a questa situazione di stallo si sono levate voci che propongono la classica fuga in avanti, ossia l’emissione di obbligazioni dell’Unione europea oppure l’emissione di obbligazioni dei singoli Paesi garantite da Bruxelles. Con questa operazione ci si augura di ottenere l’obiettivo di ridurre i tassi di interesse proibitivi, che attualmente devono pagare alcuni Paesi deboli europei per finanziarsi sul mercato, e in questo modo di alleviare le loro condizioni finanziarie. Questa soluzione non appare solo impraticabile per motivi politici (non è prevista dagli attuali trattati europei), ma sarebbe anche dannosa ed inutile. Le garanzie date di fatto dai Paesi europei forti (ed in primis dalla Germania) sarebbero dannose, poiché provocherebbero un aumento dei tassi di interesse tedeschi, olandesi, austriaci, ed inutili, poiché non risolverebbero i problemi di Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia e Spagna, che sono dovuti principalmente ad una perdita di competitività e ad una mancanza di crescita economica e solo in minima parte sono dovuti all’impennata dei costi di finanziamento pretesi dai mercati.
È molto probabile che i capi di Stato e di governo cerchino di far quadrare il cerchio o di guadagnare ancora un po’ di tempo. Sta di fatto che la crisi dell’euro è ormai sistemica e non potrà essere risolta se non attraverso la creazione di due monete oppure attraverso l’uscita dei Paesi forti e il ripristino delle loro vecchie monete. Questa soluzione permetterebbe di alleviare la crisi. I Paesi deboli approfitterebbero infatti di una moneta che si svaluterebbe ridando loro competitività e di una banca centrale libera di stampare moneta e di comprare i titoli con cui finanziare il loro debito pubblico. Del resto questa è la politica che da mesi seguono gli Stati Uniti. Paradossalmente chi ha a cuore l’Europa dovrebbe augurarsi questo divorzio consensuale. Infatti l’attuale politica condanna i Paesi deboli ad una feroce recessione creando tensioni politiche e sociali che porteranno ad un divorzio litigioso dell’Europa che - questo sì - rimetterebbe in discussione il lavoro di integrazione compiuto negli ultimi decenni. Siamo ancora lontani da questa presa di coscienza. Dal vertice di Bruxelles vi è quindi da attendersi una nuova soluzione pasticciata che allungherà unicamente i tempi dell’agonia dell’euro.
Alfonso Tuor
 
To' chi si rivede, alfonso tuor, ma non l'avevano mandato al confino in cina perche' osava parlare male delle banche svizzere?
 
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Una cena infinita ... era un incontro a TRE
da Accordo Merkel-Sarkozy sulla Grecia - Corriere della Sera

Accordo Merkel-Sarkozy sulla Grecia

Barroso: situazione gravissima. Ottimiste le Borse europee: vola Milano

Dal nostro corrispondente LUIGI OFFEDDU


BRUXELLES - All'una e mezza del mattino, dall'ufficio del presidente francese Nicolas Sarkozy arrivano poche righe: «Dopo quasi 7 ore» di colloqui, Francia e Germania hanno raggiunto «una posizione comune», che «sarà sottoposta al presidente stabile dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy, così che possa includerla nelle sue consultazioni con i leader europei».

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Sarkozy e la Merkel (Reuters) Non una sillaba in più. Se non che la possibilità che il nuovo piano di salvataggio per la Grecia partecipino anche le banche. Questo mezzo silenzio, da solo, svela quanto sia complicata la partita in corso. Perché oggi ci sarà a Bruxelles il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell'Eurozona. Ma nel frattempo, a Berlino, Sarkozy e Angela Merkel sono rimasti chiusi «per quasi 7 ore» nello studio della cancelliera tedesca insieme con il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet. Una cena infinita. Conclusa con un altro commento criptico dell'Eliseo: i due capi di governo «hanno ascoltato» gli argomenti di Trichet.

«Ascoltato»: forse si può tradurre in «non condiviso».
I due Paesi più importanti della zona euro stanno infatti cercando una risposta alla domanda più scottante: come salvare la Grecia dalla crisi del debito superando i veti contrapposti della Germania, da una parte, e della Francia e della Bce, dall'altra.
La Germania aveva sollecitato la partecipazione delle banche private al salvataggio della Grecia, sobbarcandosi una parte del passivo;
la Francia, che ha vari istituti esposti nella trincea del debito greco, si é sempre detta contraria;
mentre la Bce ha detto (finora, ma ieri sera molte cose potrebbero essere cambiate) che un coinvolgimento delle banche sarebbe già un'insolvenza, e che in quel caso non potrebbe accettare più come garanzie collaterali i titoli di Stato ellenici. Risultato: le banche di Atene - assetate di liquidi - andrebbero in fallimento.

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Su tutto questo, si leva la voce di José Manuel Barroso, il presidente della Commissione Europea: «Nessuno si faccia illusioni, la situazione è molto seria...». La "posizione comune" di Berlino e Parigi - qualunque essa sia - oggi dovrà essere condivisa con gli altri leader. Le Borse hanno vissuto un'altra giornata di respiro, con Milano in ripresa del +3%. Ma il vero responso dai mercati arriverà domani. Lo sa bene Georges Papandreou, il premier greco, volato a Bruxelles prima di tutti gli altri. Proprio mentre Sarkozy e Merkel cercavano di riconciliarsi dopo certe riflessioni di Sarkozy, riferite dal giornale «Le canard enchainè»: «L'egoismo tedesco è criminale: mantiene viva la crisi». E anche questo, una battuta all'aceto o al cianuro, può contare sugli umori di un vertice.
Oggi si comincerà alle 13. E si finirà nella notte. «Adesso - ancora la voce di Barroso - i leader vengano qui per dirci che cosa possono fare. Non che cosa non possono fare». Come su una gigantesca scacchiera, i pezzi si dispongono in formazione. La speranza è che oggi, su quella scacchiera, i 17 re e regine non si impelaghino nel solito stallo.

21 luglio 2011 09:44
 
ECCEZIONALE VERAMENTE
KEIN PFUSCH®: La guerra tiepidina.

Il silenzio sui giornali USA e' chiaro segno che ci hanno rimesso gli angli e che non sanno come reagire. La crisi che hanno provocato ha prodotto una reazione opposta a quella che loro desideravano. Anziche' demolire le poche difese europee, ha creato una forma di fortezza sleale rispetto alle regole di mercato, completamente politica e/o governativa, finanziata in maniera oscura e capace di ridefinire i termini in uso.

Qualcuno, in USA o a Londra, presto verra' chiamato a rispondere di questo disastro (e dal punto di vista anglo e' un disastro). Le borse angle in questo momento fanno buon viso a cattivo gioco, ma nel medio e lungo termine i loro squali hanno un mercato in meno nel quale squaleggiare.


La perdita di un grosso mercato, che oggi e' piu' pericoloso di prima per gli squali, essenzialmente li portera' a giocare in casa.

A questo punto la palla va a Washington e Londra. O ammazzano gli squali, o ci nuotano insieme, ma nella LORO piscina: ne' il debito inglese ne' quello americano godono di simili tutele. Adesso devono chiedersi cosa vieti agli squali di giocare col debito inglese o con quello americano.

Un poco piu' di una guerra fredda, insomma. Diciamo una guerra tiepidina. Dove tutti sorridono e fingono di essere amici, mentre si pugnalano come forsennati.


Un'ultimo commento: Berlusconi arriva , sta un'ora in aereo, e poi parte in ritardo verso il meeting. E' rimasto dentro il suo aereo per quasi un'ora prima di arrivare alla riunione. E' la sua politica delle ultime due settimane, e ha un significato chiaro: "temo un assassino".


Ora, muoversi in Italia come se si temesse un sicario , cioe' sistematicamente in ritardo e annullando gli appuntamenti all'ultimo minuto, puo' essere letto come un segnale politico. Ma andare all'estero e muoversi come se si temesse un sicario per le vie di una citta' straniera significa dire chiaramente "qualcuno mi vuole uccidere" a tutto il mondo.


La mia semplice domanda e': se si teme un sicario, non conviene lanciare un allarme? Prima o poi qualche commentatore smaliziato iniziera' a notare che Berlusconi sta usando le strategie di sicurezza contro i sicari ormai da settimane. Se lo fa in Italia possiamo credere che sia politica, ma se lo fa all'estero allora bisogna iniziare a porsi qualche domanda.....

Uriel

(1) L'incubo degli USA e' sempre stato che la UE e la zona Euro diventino dei castelli fortificati ove loro siano svantaggiati rispetto agli indigeni.
 
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la duplice poltenza Anglo-americana comincia a reagire...
e và di nuovo all'attacco

e la BCE risponderà: CXhise ne fotte... noi siamo Europei



Londra - Fitch Rating ha reso noto che porrà in "default" il rating dei titoli di stato greci, sulla scia dell'accordo che è stato reso noto ieri dall'Eurogruppo per salvare il futuro di Atene.

L'istituto motiva la sua decisione con l'intenzione dell'Europa di far partecipare gli istituti finanziari al piano di salvataggio. In effetti, pur avendo schivato l'applicazione della proposta da parte di chi voleva imporre loro nuove tasse, le banche contribuiranno con miliardi di euro al piano, attraverso operazioni di roll over del debito, di swap sui bond o di riacquisto dei titoli.

Questo, prosegue Fitch, significa che le banche faranno fronte a molte perdite. Di qui la decisione di ridurre il rating sulla Grecia a "restricted rating". La valutazione, ha spiegato Fitch, potrebbe tuttavia essere rialzata, appena la Grecia emetterà nuovi bond alle banche.

Grazie all'accordo tra i leader dei 17 membri che utilizzano l'euro, il paese ellenico riceverà nuovi finanziamenti per circa $156 miliardi. In aggiunta verranno ridotti gli interessi (circa 4,5% in media) e verranno allungate le scadenze (fino a 30 anni).FONTE: Fitch: bond greci in default dopo accordo Ue
 

Caldissime



Delors boccia proposta Merkel-Sarkozy, Frieden apre a Eurobond



Di Francesca Gerosa

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L'euro e l'Europa sono sull'orlo del baratro ma i dirigenti europei continuano a ignorare il precipizio che minaccia la moneta unica e la costruzione europea. In queste condizioni, rifiutare o posticipare un'indispensabile cooperazione economica rafforzata, aprirà la strada alla distruzione del progetto comunitario.

Con questa amara sintesi, Jacques Delors, il "grande vecchio" dell'Europa ed ex presidente della Commissione europea, boccia la proposta di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy emersa dal vertice dell'altro ieri all'Eliseo: "non servirà a niente". Il dialogo franco-tedesco, prosegue, "e me ne compiaccio, ma la signora Merkel, ancora una volta, non ha fatto alcuna concessione di fondo", afferma Delors.

E anche l'idea di creare un ministro delle Finanze unico europeo porterà a poco, come ha dimostrato l'analoga figura per gli Esteri, creata dal trattato di Lisbona. "Apriamo gli occhi", esorta Delors, "l'euro e l'Europa sono sull'orlo del baratro. Per non caderci dentro, la scelta è semplice: o gli stati membri accettano la cooperazione economica rafforzata di cui mi sono sempre fatto paladino, o trasferiscono dei poteri supplementari all'Unione. La seconda opzione è stata rifiutata da una maggioranza dei Ventisette, resta la prima".

Anche il no agli eurobond pronunciato due giorni fa dalla cancelliera tedesca e dal presidente francese è stato accolto da una valanga di critiche. Nessun trattato, ricorda oggi un articolo di MF, impedisce tuttavia agli altri Paesi di Eurolandia di emettere i loro eurobond.

Senza contare Olanda, Austria, Finlandia e Slovacchia, ancora più rigidi della Germania, e la Grecia, se gli altri 11 Paesi di Eurolandia (Francia, Italia e Spagna in prima linea) rimpiazzassero tutti i loro titoli di Stato con gli eurobond creerebbero infatti un mercato da 3.500 miliardi di euro, che potrebbe rappresentare una valida alternativa a quello dei T-bond Usa, da 6.600 miliardi di euro, e dei titoli di Stato giapponesi, che vale oggi 7.900 miliardi.

Gli eurobond offrirebbero un rendimento sui decennali intorno al 4% contro il 2,3% degli Usa e l'1% del Giappone e sarebbero garantiti da Stati che, nel loro insieme, avrebbero fondamentali migliori di quelli di Washington e Tokyo. Per il ministro delle Finanze del Lussemburgo, Luc Frieden, gli Eurobond "dovrebbero essere presi in considerazione", ma non devono diventare una "carta bianca" utilizzata per creare "debiti illimitati".

Per il momento l'Esm, il fondo salva-Stati permanente, "è una soluzione migliore" per i problemi dell'Eurozona. Secondo Frieden, comunque, quella degli Eurobond è un'idea sensata per un'Europa perfettamente funzionante, mentre adesso gli Stati membri devono prima implementare una disciplina fiscale. "Spero che altri Stati oltre Germania e Lussemburgo attuino politiche di bilancio più rigide", ha affermato Frieden, aggiungendo che "è importante implementare quanto è già stato deciso".
 
in swissera stanno male

il franco è troppo forte e non esportano più niente....

Accanimento terapeutico.

"L'accanimento terapeutico consiste nell'esecuzione di trattamenti di documentata inefficacia in relazione all'obiettivo, a cui si aggiunga la presenza di un rischio elevato e/o una particolare gravosità per il paziente con un'ulteriore sofferenza, in cui l'eccezionalità dei mezzi adoperati risulti chiaramente sproporzionata agli obiettivi della condizione specifica.
Per i casi nei quali la terapia si rivela inefficace per la guarigione e al limite utile solo ad un prolungamento penoso della vita di alcuni mesi, si apre una discussione sull'opportunità di sospendere delle cure ormai solo dolorose ed onerose per il malato. La sospensione di cure inutili tuttavia non sempre significa la fine delle sofferenze del malato, in quanto la malattia può recare forte dolore anche nella sua fase terminale. Senza una terapia del dolore efficace e un'adeguata assistenza domiciliare, la sospensione delle cure è perciò seguita da un periodo di abbandono e sofferenza finale del paziente.
Per questa ragione, sebbene la terapia del dolore possa dar luogo ad un'eutanasia "indiretta" — perché forti dosi di stupefacente (soprattutto oppiacei quali la morfina) possono accorciare la vita del paziente — essa è comunemente accettata sia da un punto di vista legale, che etico. Infatti la morte del paziente in questo caso non è mai desiderata, ma è un rischio che si accetta di correre allo scopo di ridurre la sofferenza causata dalla malattia. Per minimizzare tale rischio le dosi di farmaco somministrate sono le minime indispensabili a sortire l'effetto antidolorifico voluto, e il loro aumento avviene gradualmente via via che è più acuto il dolore da vincere, oppure quando l'assuefazione allo stupefacente ne elimina l'effetto antidolorifico e costringe a somministrarne quantità più alte per riottenere gli stessi effetti."


Il 34% del totale dei paesi UE e' nella cacca fino al collo. poco piu' di un terzo.

Notare che nella UE, con somma gioia delle banche, si sta' creando la

stessa situazione presente in Italia per cio' che riguarda le pensioni.

Ovvero che ogni 5 persone 2 lavorano per dare la pensione alle altre 3.

Con la continua iniezione di denaro altro non si fa' che ingrassare le

banche, (lo detto milioni di volte: l'eruo e' un idea delle banche), alla fine

si arriva al collasso.

E, come e' gia' accaduto per la Grecia, tutti i paesi si sono accollati parte

del denaro da "prestare".

Che succedera' quando i paesi diventeranno il 45%, il 60%, l'80% ???

Ci sara' il collasso e andra' tutto a picco.

Nessuno ricorda abbastanza spesso che la Gran Bretagna pur essendo

nella UE non ha MAI preso l'euro come moneta.

Mica scemi... :cool:
 
Il trono democratico nazionale è vuoto, e ancora non esiste il trono europeo. I piccoli vertici Merkel-Sarkozy sono ridicoli, fingono di fare l’Europa e non le danno né istituzioni né risorse perché essa diventi potenza. Vogliono un’Europa a propria immagine e somiglianza: un simulacro di potere, un’ombra che cammina, come in Macbeth, un povero attore che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena e del quale non si ode più nulla. È come fossimo immersi, oltre che in un angoscioso presente, in un quadro di Magritte: sulla tela c’è il sovrano democratico, c’è l’Europa. Ma la didascalia dice, come sotto la pipa disegnata dal pittore: “Questo non è un sovrano. Questa non è Europa”.
da I sovrani della crisi - micromega-online - micromega

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I sovrani della crisi

A governare le nostre esistenze non c’è oggi la politica. Sovrani sono poteri non eletti, come gli speculatori di borsa o le agenzie di rating che storcono le nostre vite e sono i nuovi tribunali delle democrazie. In mano ai cittadini sembra rimanere solo il plebiscito dei tumulti urbani, ma neanche un attimo la politica è sfiorata dal dubbio che i giovani delle sommosse siano figli dei suoi errori, della sua latitanza.

di Barbara Spinelli, da Repubblica, 24 agosto 2011

Il presidente Napolitano ha detto una cosa essenziale, domenica a Rimini, e niente affatto ovvia: che nella crisi che traversiamo il linguaggio di verità è un’arma fondamentale. E che se la politica sta fallendo è perché quest’arma l’ha volontariamente ignorata per anni. Per questo siamo “immersi in un angoscioso presente, nell’ansia del giorno dopo”: un popolo tenuto nel buio non vede che buio.
A destra la crisi è stata minimizzata, sdrammatizzata, spezzando nell’animo degli italiani la capacità di guardarla in faccia con coraggio e intelligenza. Prioritario era difendere, a ogni costo, l’operato del governo: “anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea”.
Ma la sinistra non è meno responsabile: nella battaglia contro Berlusconi non c’era spazio per l’analisi della crisi, delle mutazioni che impone, dei privilegi che mette in questione. L’obiettivo degli uni e degli altri era il potere fine a se stesso. Non importa quel che fai, con il potere: importa solo possederlo, o riconquistarlo. Attaccarsi al potere in questo modo è la via più sicura per perderlo, e perdere la democrazia.

Il linguaggio della verità è la rivoluzione più urgente da fare: esso ci farebbe vedere i pericoli che corriamo, quando accusiamo solo la casta politica e non le mille caste che usano il denaro pubblico a fini privati e hanno un interesse nello status quo.
Chi ci tiene all’oscuro lo fa con la nostra complicità, tutti abbiamo accettato di essere consumatori ciechi anziché cittadini vedenti.
Se cominciamo a voler guardare e sapere, vedremo quel che accade: a governare le nostre esistenze non c’è oggi la politica, con la sua capacità di dominio intelligente sugli interessi. Non c’è il sovrano eletto, con un mandato a termine. Sovrani sono poteri non eletti, come gli speculatori di borsa o le agenzie di rating che storcono le nostre vite e sono i nuovi tribunali delle democrazie. O sono poteri che potrebbero rappresentarci – l’Unione europea, la sua Banca centrale – ma che non hanno vera autorità perché i vecchi Stati-nazione gliela negano.
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