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Forumer storico
Banche, poco stress in questo test
L'esame sugli istituti non dà sufficienti garanzie
24 lug 2010
di ALFONSO TUOR
Uno specchietto per le allodole: così può essere definito lo stress test europeo effettuato su 91 banche del Vecchio Continente. I risultati, comunicati ieri sera dal Committee of European Banking Supervisors (CEBS), mettono in dubbio che l’intero esercizio centri l’obiettivo di essere sufficientemente credibile per tranquillizzare i mercati finanziari e infondere fiducia nella capacità di resistenza del sistema bancario europeo ad eventuali improvvisi sviluppi negativi oppure a choc non previsti né prevedibili. L’esame è stato infatti bocciato solo da sette istituti. Tra essi, cinque casse di risparmio spagnole, una banca greca (la Ate Bank) e la tedesca Hypo Real Estate, che è già da tempo sotto la tutela statale. Hanno invece superato l’esame le altre banche, tra cui le Landesbanken tedesche, i cui coefficienti patrimoniali non apparivano molto solidi. Dunque le autorità europee hanno voluto mostrare che il sistema bancario europeo è in salute e in grado di resistere anche di fronte a grandi difficoltà.
Ora la questione cruciale è la credibilità di questi risultati, da cui dipende l’obiettivo di tranquillizzare i mercati. I Paesi europei sperano infatti di ripetere l’esperienza degli Stati Uniti che condussero un esame analogo del sistema bancario americano all’inizio del 2009. Allora risultò che dei 19 grandi gruppi bancari statunitensi sottoposti al test dieci avevano bisogno di aumentare la propria dotazione di capitale di 75 miliardi di dollari. Quella prova viene oggi ritenuta un momento di svolta della crisi finanziaria, poiché permise di ricreare un clima di fiducia nelle banche, sebbene anche allora i criteri di valutazione fossero stati criticati poiché ritenuti troppo ottimistici.
Vi è più di un motivo per ritenere che l’intero esercizio europeo non centrerà questo obiettivo. I motivi sono molteplici. Innanzitutto, il meccanismo dipende dai criteri adottati per valutare la solidità dei bilanci bancari. Nel caso dello stress test europeo, l’asticella è stata posta ad un livello relativamente elevato per quanto riguarda le conseguenze di uno scenario sfavorevole riguardante la crescita economica. È stata definita in una crescita inferiore del 3% rispetto alle previsioni della Commissione europea, ossia in una ricaduta in recessione ed in una contrazione dell’economia del 2% quest’anno e dell’1,25% l’anno prossimo. Inquietano invece i criteri utilizzati per definire le possibili perdite sul portafoglio di titoli statali detenuti dai gruppi bancari europei. Si sono infatti considerate solo le possibili perdite temporanee legate all’attività di trading e non si è tenuta in considerazione l’eventualità di una insolvenza di uno o più Paesi e quindi di una ristrutturazione del loro debito. In altri termini, si è escluso lo scenario di una crisi dell’euro e/o dell’uscita di uno o più Paesi da Eurolandia. Eppure la necessità di questo stress test è sorta proprio dalla constatazione dell’enorme quantità di titoli pubblici detenuti dalle banche europee e dai possibili effetti sul sistema bancario della ristrutturazione del debito di uno o più Paesi in difficoltà.
L’intero impianto è reso ancor meno credibile dal trucco contabile usato da molti istituti. Questi hanno infatti trasferito un’enorme quantità di titoli statali dalla posta relativa alle attività di trading a quella degli investimenti, cambiando radicalmente il risultato. Infatti per i titoli detenuti per attività di trading sono stati valutati scenari di minusvalenze anche consistenti; invece per gli altri, dato che si ritiene verranno detenuti fino alla scadenza, si è escluso qualsiasi rischio di perdita. Con questa operazione si sono mutati radicalmente i risultati dell’esame. Ma c’è di più. Non è affatto chiaro se siano stati valutati e come i titoli tossici detenuti dalle banche europee e le posizioni di controparte degli istituti nei derivati ed in altri strumenti della nuova ingegneria finanziaria.
Questo stress test non può rassicurare più di tanto sulla solidità di un sistema bancario che, stando ai dati della Banca centrale europea, finora ha ottenuto circa 236 miliardi di euro di iniezioni di capitale dai Governi dei Paesi dell’Unione e deve rifinanziare entro la fine dell’anno prossimo più di 1.100 miliardi di euro di obbligazioni che giungono a scadenza. Bisognerà comunque attendere lunedì il verdetto dei mercati per capire se l’esercizio di rassicurazione sia riuscito o fallito. Ma sin d’ora si può dire che l’attuale capitalizzazione di borsa di molte banche europee è oggi inferiore alle attività possedute. Ciò mette inequivocabilmente in evidenza che i mercati temono che nelle pieghe dei bilanci bancari siano nascoste ancora notevoli perdite.
L'esame sugli istituti non dà sufficienti garanzie
24 lug 2010
di ALFONSO TUOR
Uno specchietto per le allodole: così può essere definito lo stress test europeo effettuato su 91 banche del Vecchio Continente. I risultati, comunicati ieri sera dal Committee of European Banking Supervisors (CEBS), mettono in dubbio che l’intero esercizio centri l’obiettivo di essere sufficientemente credibile per tranquillizzare i mercati finanziari e infondere fiducia nella capacità di resistenza del sistema bancario europeo ad eventuali improvvisi sviluppi negativi oppure a choc non previsti né prevedibili. L’esame è stato infatti bocciato solo da sette istituti. Tra essi, cinque casse di risparmio spagnole, una banca greca (la Ate Bank) e la tedesca Hypo Real Estate, che è già da tempo sotto la tutela statale. Hanno invece superato l’esame le altre banche, tra cui le Landesbanken tedesche, i cui coefficienti patrimoniali non apparivano molto solidi. Dunque le autorità europee hanno voluto mostrare che il sistema bancario europeo è in salute e in grado di resistere anche di fronte a grandi difficoltà.
Ora la questione cruciale è la credibilità di questi risultati, da cui dipende l’obiettivo di tranquillizzare i mercati. I Paesi europei sperano infatti di ripetere l’esperienza degli Stati Uniti che condussero un esame analogo del sistema bancario americano all’inizio del 2009. Allora risultò che dei 19 grandi gruppi bancari statunitensi sottoposti al test dieci avevano bisogno di aumentare la propria dotazione di capitale di 75 miliardi di dollari. Quella prova viene oggi ritenuta un momento di svolta della crisi finanziaria, poiché permise di ricreare un clima di fiducia nelle banche, sebbene anche allora i criteri di valutazione fossero stati criticati poiché ritenuti troppo ottimistici.
Vi è più di un motivo per ritenere che l’intero esercizio europeo non centrerà questo obiettivo. I motivi sono molteplici. Innanzitutto, il meccanismo dipende dai criteri adottati per valutare la solidità dei bilanci bancari. Nel caso dello stress test europeo, l’asticella è stata posta ad un livello relativamente elevato per quanto riguarda le conseguenze di uno scenario sfavorevole riguardante la crescita economica. È stata definita in una crescita inferiore del 3% rispetto alle previsioni della Commissione europea, ossia in una ricaduta in recessione ed in una contrazione dell’economia del 2% quest’anno e dell’1,25% l’anno prossimo. Inquietano invece i criteri utilizzati per definire le possibili perdite sul portafoglio di titoli statali detenuti dai gruppi bancari europei. Si sono infatti considerate solo le possibili perdite temporanee legate all’attività di trading e non si è tenuta in considerazione l’eventualità di una insolvenza di uno o più Paesi e quindi di una ristrutturazione del loro debito. In altri termini, si è escluso lo scenario di una crisi dell’euro e/o dell’uscita di uno o più Paesi da Eurolandia. Eppure la necessità di questo stress test è sorta proprio dalla constatazione dell’enorme quantità di titoli pubblici detenuti dalle banche europee e dai possibili effetti sul sistema bancario della ristrutturazione del debito di uno o più Paesi in difficoltà.
L’intero impianto è reso ancor meno credibile dal trucco contabile usato da molti istituti. Questi hanno infatti trasferito un’enorme quantità di titoli statali dalla posta relativa alle attività di trading a quella degli investimenti, cambiando radicalmente il risultato. Infatti per i titoli detenuti per attività di trading sono stati valutati scenari di minusvalenze anche consistenti; invece per gli altri, dato che si ritiene verranno detenuti fino alla scadenza, si è escluso qualsiasi rischio di perdita. Con questa operazione si sono mutati radicalmente i risultati dell’esame. Ma c’è di più. Non è affatto chiaro se siano stati valutati e come i titoli tossici detenuti dalle banche europee e le posizioni di controparte degli istituti nei derivati ed in altri strumenti della nuova ingegneria finanziaria.
Questo stress test non può rassicurare più di tanto sulla solidità di un sistema bancario che, stando ai dati della Banca centrale europea, finora ha ottenuto circa 236 miliardi di euro di iniezioni di capitale dai Governi dei Paesi dell’Unione e deve rifinanziare entro la fine dell’anno prossimo più di 1.100 miliardi di euro di obbligazioni che giungono a scadenza. Bisognerà comunque attendere lunedì il verdetto dei mercati per capire se l’esercizio di rassicurazione sia riuscito o fallito. Ma sin d’ora si può dire che l’attuale capitalizzazione di borsa di molte banche europee è oggi inferiore alle attività possedute. Ciò mette inequivocabilmente in evidenza che i mercati temono che nelle pieghe dei bilanci bancari siano nascoste ancora notevoli perdite.