Sharnin 2
Forumer storico
Crisi dei mutui USA
Non si placa la tempesta
Alfonso Tuor
Non tende a placarsi la tempesta che si sta abbattendo sui mercati finanziari, nonostante i ripetuti interventi delle banche centrali dei principali paesi industrializzati. Gli istituti di emissione sono infatti impegnati in una battaglia a suon di miliardi per evitare che la crisi dei mutui ipotecari americani a maggior rischio sfoci in una crisi dell’intero sistema finanziario mondiale. La disponibilità delle banche centrali a fornire liquidità in maniera illimitata rende questa eventualità altamente improbabile, ma ciò non equivale a sostenere che questa crisi potrà essere equiparata ad un violento temporale estivo.
Siamo in presenza di eventi assolutamente eccezionali. Le banche centrali hanno dovuto cominciare a scendere in campo giovedì scorso, poiché la crisi di fiducia determinata dalla possibilità di grandi perdite da parte di tutti coloro che detengono strumenti finanziari legati alle ipoteche a rischio americane aveva prosciugato la liquidità nel sistema interbancario e in quello monetario. La dimostrazione è che in Europa i tassi a breve erano schizzati giovedì al 4,7%, nonostante il tasso di riferimento stabilito dalla Bce sia il 4%. Questo strappo dei tassi era un segnale del completo inaridimento della liquidità sul mercato interbancario e su quello monetario, che sono fondamentali per il funzionamento dell’intero sistema finanziario. I 94,8 miliardi di euro, iniettati giovedì scorso dalla Banca centrale europea, sono riusciti a riportare i tassi a breve al 4,1%, ma non a riportare la calma, come dimostrano gli ulteriori interventi effettuati ieri dalla Bce (con nuove iniezioni di liquidità superiori ai 60 miliardi di euro) e quelli della Federal Reserve americana che cerca di far diminuire un tasso overnight schizzato ieri al 6%. Così hanno fatto ieri anche le banche centrali inglese, giapponese, canadese e australiana e persino la Banca nazionale svizzera, anch’essa impegnata a fornire liquidità al sistema dopo che anche i tassi di mercato a breve sul franco hanno superato il 2,6%.
Ma cosa c’entrano l’Europa, la Svizzera e i tassi a breve con il mercato ipotecario americano? La risposta è semplice. Wall Street è riuscita a trasformare questi mutui in strumenti finanziari che si nascondono ovunque, come ha dimostrato la crisi dei tre fondi della francese Bnp Paribas. Quindi, non sapendo chi detiene queste obbligazioni, né soprattutto l’ammontare complessivo della «carta» prodotta in questi anni da Wall Street, si preferisce conservare i soldi in contanti. Da qui l’improvviso e drastico prosciugamento della liquidità, che ha costretto le banche centrali a scendere in campo. Ma c’è di più. Tutti sono consapevoli che il problema non è limitato agli strumenti legati al subprime americano. Esso si estende ai finanziamenti delle acquisizioni dei fondi Private equity, ai finanziamenti agli hedge funds, che vengono fatti dalle grandi banche di investimento e alla solidità di tutti coloro che hanno comprato queste obbligazioni, ossia banche, assicurazioni e fondi pensione. Tutto appare e può essere effettivamente a rischio. Quindi la liquidità si è prosciugata poiché il mercato non fornisce più i capitali necessari al funzionamento quotidiano del sistema finanziario. E dunque le banche centrali sono ora costrette a sostituirsi al mercato nel fornire la liquidità al sistema.
La situazione non è destinata a migliorare a breve termine, poiché le cause dell’attuale panico sono, da un canto la scarsa fiducia nei confronti dei grandi attori del sistema finanziario e, dall’altro, l’impossibilità di sapere l’entità della montagna di carta a rischio in circolazione e quali sono gli istituti finanziari, i fondi di investimento e gli hedge funds oggi a rischio. In queste condizioni appare impossibile un ritorno della calma a breve termine.
La proclamata disponibilità delle banche centrali ad iniettare liquidità in maniera illimitata induce ad escludere un’implosione dell’intero sistema finanziario, ma questa crisi è destinata a produrre delle vittime. Le prime saranno nel settore finanziario e non saranno tanto quegli istituti che hanno prodotto lucrando commissioni da capogiro questa montagna di carta e di carte, ma saranno soprattutto quegli investitori che, spesso ignari dei rischi, hanno sottoscritto questi strumenti e ancora una volta le assicurazioni e i fondi pensione. Ma l’uomo della strada sarà la vittima delle grandi operazioni di ingegneria finanziaria di Wall Street anche perché questa crisi è destinata ad incidere pesantemente sull’economia reale, come del resto indicano le forti cadute dei prezzi delle materie prime e dei futures che scommettono su prossimi consistenti tagli dei tassi di interesse da parte delle banche centrali.
Questa previsione dei mercati è a tal punto condivisibile da poter essere considerata una certezza. Ma la prospettiva di un nuovo lungo periodo di tassi a livelli storicamente molto bassi per rimarginare le ferite apertesi nel sistema finanziario e per evitare una recessione dell’economia mondiale non può farci dimenticare che questa crisi è figlia proprio delle scelte fatte all’indomani del crollo delle borse all’inizio di questo millennio. Allora si scongiurò il pericolo della deflazione creando due nuove bolle: quella del mercato immobiliare e quella del credito facile, che stanno ora esplodendo. E’ da sperare che nei prossimi mesi non si cerchi di superare questa crisi ripetendo le stesse gesta. Bisogna rendersi conto che la politica monetaria da sola è insufficiente e che una crescita duratura dell’economia mondiale può essere solo garantita da una riforma del sistema finanziario internazionale e dall’imposizione di chiare regole a quanti (dalle banche di investimento agli hedge funds, ecc.) sono responsabili della crisi attuale.
Non si placa la tempesta
Alfonso Tuor
Non tende a placarsi la tempesta che si sta abbattendo sui mercati finanziari, nonostante i ripetuti interventi delle banche centrali dei principali paesi industrializzati. Gli istituti di emissione sono infatti impegnati in una battaglia a suon di miliardi per evitare che la crisi dei mutui ipotecari americani a maggior rischio sfoci in una crisi dell’intero sistema finanziario mondiale. La disponibilità delle banche centrali a fornire liquidità in maniera illimitata rende questa eventualità altamente improbabile, ma ciò non equivale a sostenere che questa crisi potrà essere equiparata ad un violento temporale estivo.
Siamo in presenza di eventi assolutamente eccezionali. Le banche centrali hanno dovuto cominciare a scendere in campo giovedì scorso, poiché la crisi di fiducia determinata dalla possibilità di grandi perdite da parte di tutti coloro che detengono strumenti finanziari legati alle ipoteche a rischio americane aveva prosciugato la liquidità nel sistema interbancario e in quello monetario. La dimostrazione è che in Europa i tassi a breve erano schizzati giovedì al 4,7%, nonostante il tasso di riferimento stabilito dalla Bce sia il 4%. Questo strappo dei tassi era un segnale del completo inaridimento della liquidità sul mercato interbancario e su quello monetario, che sono fondamentali per il funzionamento dell’intero sistema finanziario. I 94,8 miliardi di euro, iniettati giovedì scorso dalla Banca centrale europea, sono riusciti a riportare i tassi a breve al 4,1%, ma non a riportare la calma, come dimostrano gli ulteriori interventi effettuati ieri dalla Bce (con nuove iniezioni di liquidità superiori ai 60 miliardi di euro) e quelli della Federal Reserve americana che cerca di far diminuire un tasso overnight schizzato ieri al 6%. Così hanno fatto ieri anche le banche centrali inglese, giapponese, canadese e australiana e persino la Banca nazionale svizzera, anch’essa impegnata a fornire liquidità al sistema dopo che anche i tassi di mercato a breve sul franco hanno superato il 2,6%.
Ma cosa c’entrano l’Europa, la Svizzera e i tassi a breve con il mercato ipotecario americano? La risposta è semplice. Wall Street è riuscita a trasformare questi mutui in strumenti finanziari che si nascondono ovunque, come ha dimostrato la crisi dei tre fondi della francese Bnp Paribas. Quindi, non sapendo chi detiene queste obbligazioni, né soprattutto l’ammontare complessivo della «carta» prodotta in questi anni da Wall Street, si preferisce conservare i soldi in contanti. Da qui l’improvviso e drastico prosciugamento della liquidità, che ha costretto le banche centrali a scendere in campo. Ma c’è di più. Tutti sono consapevoli che il problema non è limitato agli strumenti legati al subprime americano. Esso si estende ai finanziamenti delle acquisizioni dei fondi Private equity, ai finanziamenti agli hedge funds, che vengono fatti dalle grandi banche di investimento e alla solidità di tutti coloro che hanno comprato queste obbligazioni, ossia banche, assicurazioni e fondi pensione. Tutto appare e può essere effettivamente a rischio. Quindi la liquidità si è prosciugata poiché il mercato non fornisce più i capitali necessari al funzionamento quotidiano del sistema finanziario. E dunque le banche centrali sono ora costrette a sostituirsi al mercato nel fornire la liquidità al sistema.
La situazione non è destinata a migliorare a breve termine, poiché le cause dell’attuale panico sono, da un canto la scarsa fiducia nei confronti dei grandi attori del sistema finanziario e, dall’altro, l’impossibilità di sapere l’entità della montagna di carta a rischio in circolazione e quali sono gli istituti finanziari, i fondi di investimento e gli hedge funds oggi a rischio. In queste condizioni appare impossibile un ritorno della calma a breve termine.
La proclamata disponibilità delle banche centrali ad iniettare liquidità in maniera illimitata induce ad escludere un’implosione dell’intero sistema finanziario, ma questa crisi è destinata a produrre delle vittime. Le prime saranno nel settore finanziario e non saranno tanto quegli istituti che hanno prodotto lucrando commissioni da capogiro questa montagna di carta e di carte, ma saranno soprattutto quegli investitori che, spesso ignari dei rischi, hanno sottoscritto questi strumenti e ancora una volta le assicurazioni e i fondi pensione. Ma l’uomo della strada sarà la vittima delle grandi operazioni di ingegneria finanziaria di Wall Street anche perché questa crisi è destinata ad incidere pesantemente sull’economia reale, come del resto indicano le forti cadute dei prezzi delle materie prime e dei futures che scommettono su prossimi consistenti tagli dei tassi di interesse da parte delle banche centrali.
Questa previsione dei mercati è a tal punto condivisibile da poter essere considerata una certezza. Ma la prospettiva di un nuovo lungo periodo di tassi a livelli storicamente molto bassi per rimarginare le ferite apertesi nel sistema finanziario e per evitare una recessione dell’economia mondiale non può farci dimenticare che questa crisi è figlia proprio delle scelte fatte all’indomani del crollo delle borse all’inizio di questo millennio. Allora si scongiurò il pericolo della deflazione creando due nuove bolle: quella del mercato immobiliare e quella del credito facile, che stanno ora esplodendo. E’ da sperare che nei prossimi mesi non si cerchi di superare questa crisi ripetendo le stesse gesta. Bisogna rendersi conto che la politica monetaria da sola è insufficiente e che una crescita duratura dell’economia mondiale può essere solo garantita da una riforma del sistema finanziario internazionale e dall’imposizione di chiare regole a quanti (dalle banche di investimento agli hedge funds, ecc.) sono responsabili della crisi attuale.