Tuor - La crisi richiede altro

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La crisi richiede altro
Alfonso Tuor

La repentina e fortissima frenata dell’economia europea e il continuo aggravarsi della crisi finanziaria hanno costretto le banche centrali del Vecchio Continente a ridurre nuovamente il costo del denaro. La Banca Nazionale Svizzera e la Banca centrale europea hanno tagliato i tassi di interesse di mezzo punto, la Banca d’Inghilterra addirittura di un punto e mezzo. Queste mosse sono sicuramente positive, ma non sono in grado di rallentare il processo di implosione del settore finanziario attualmente in corso né di frenare la rapida caduta in recessione dell’economia europea. Per questi motivi è già oggi facilmente prevedibile che le autorità monetarie europee (e anche quelle svizzere) saranno costrette ad accelerare ulteriormente il ritmo del taglio dei tassi d’interesse e a portare in tempi molto stretti il costo del denaro ad un livello di poco superiore allo zero, come del resto sta già facendo la banca centrale americana.
Alcuni dei motivi di questa decisione sono stati esposti dalla stessa BNS, secondo cui «le previsioni congiunturali sono peggiorate a tal punto più del previsto da non poter escludere che l’anno prossimo la crescita dell’economia elvetica possa addirittura risultare negativa». La riduzione del costo del denaro dovrebbe comportare una diminuzione dei tassi ipotecari e dei costi di finanziamento delle imprese, dando quindi un aiuto all’economia reale. Ma questa conseguenza non è certa, soprattutto per le grandi banche, a causa dell’attuale crisi finanziaria, che rende difficile e particolarmente oneroso rifinanziarsi. Tutto ciò spinge ad affrontare le ragioni sottaciute che hanno spinto il nostro istituto di emissione a portare il costo del denaro al 2%. La BNS è consapevole che il piano di salvataggio miliardario concordato con la Confederazione non è sufficiente. Il motivo è presto detto: UBS ha gravi problemi di rifinanziamento che sono stati accentuati dalle garanzie statali dei paesi europei. Chi finanzia una banca europea sia a breve sia a lungo può contare sull’assicurazione degli Stati, chi invece finanzia una banca elvetica non gode di alcuna garanzia, con la conseguenza che per le banche svizzere è diventato ancora più difficile e soprattutto ancora più oneroso raccogliere capitali sul mercato. Questi problemi vengono acuiti dal deflusso dei piccoli risparmiatori che sono una fonte di liquidità a basso costo. Di transenna, bisogna infatti sottolineare che l’aumento a 100’000 franchi della garanzia sui depositi bancari non ha solo lo scopo di rassicurare e proteggere il piccolo risparmiatore, ma anche di evitare che si prosciughi questa fonte di liquidità che oggi è preziosissima per le banche.
La crisi di UBS ha spinto la Banca Nazionale a compiere passi inusuali e soprattutto molto discutibili. In primo luogo, il nostro istituto di emissione, che fino ad alcuni mesi orsono non aveva mai osato levare una voce critica nei confronti delle grandi banche, ha invitato le banche cantonali a non fare troppa concorrenza ad UBS. La BNS sembra essersi dimenticata che siamo ancora in un’economia di mercato e che i dirigenti delle banche cantonali devono fare in primo luogo gli interessi degli azionisti, che in questo caso sono i Cantoni. Il secondo passo, avvenuto pochi giorni fa, è stata la convocazione dei dirigenti di 25 banche elvetiche allo scopo di invitarli a riprendere a finanziare UBS. Anche in questo caso ignorando gli interessi degli azionisti e dei clienti di questi istituti. Tutto ciò riporta ad interrogativi cruciali: è possibile salvare UBS e soprattutto quanto costerà al contribuente svizzero questo salvataggio? E inoltre: la via scelta era l’unica percorribile oppure si potevano seguire altre strade?
E’ certo che per l’economia elvetica e per la sua piazza finanziaria è fondamentale preservare le attività di retail, commerciali e quelle relative alla gestione patrimoniale della maggiore banca svizzera. Il salvataggio delle altre attività dovrebbe invece essere valutato in base ai costi e soprattutto ai rischi che comporta per la collettività. Ci si può quindi domandare se sia mai stata presa in considerazione l’ipotesi di organizzare una cordata svizzera composta da banche cantonali, istituti bancari di piccole e di medie dimensioni e casse pensioni per acquistare queste attività e lasciare invece il resto di UBS al giudizio del mercato.
Il ribasso del costo del denaro serve comunque alle nostre banche perché possono approvvigionarsi della liquidità che continua a fornire la Banca Nazionale a costi inferiori. Si tratta comunque solo di una boccata di ossigeno e non di una soluzione tanto più che l’incombente recessione è destinata ad acuire ulteriormente la crisi finanziaria. Il taglio di ieri non è comunque l’ultimo, ma il secondo di una serie che porterà presto anche in Svizzera il costo del denaro a livelli di poco superiori allo zero. Questa prospettiva non deve rallegrare: essa è solo un’ulteriore conferma delle prove temibili che il mondo deve affrontare per limitare i danni del processo di implosione del sistema bancario e dell’incombente recessione globale causati dalle follie della nuova ingegneria finanziaria.

06/11/2008 19:59
 

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