Tuor - Mossa per salvare le banche

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Forumer storico
La BNS taglia i tassi
Mossa per salvare le banche
Alfonso Tuor

L’improvvisa e sorprendente decisione della Banca Nazionale di tagliare i tassi di interesse di un intero punto percentuale non è altro che la conferma che la situazione finanziaria delle due grandi banche svizzere sta precipitando. È quanto segnala anche la borsa di Zurigo, dove le azioni UBS continuano a macinare minimi storici e si stanno avvicinando alla pericolosa barriera psicologica dei 10 franchi e dove le azioni del Credit Suisse stanno rapidamente perdendo valore. Se poi si guardano i grafici dei Credit Default Swap, che misurano il rischio di insolvenza di un’obbligazione, ci si accorge che vi è un’altra società, il cui stato di salute sta peggiorando ad una velocità impressionante. Questa società è la Swiss Re, ossia la più grande compagnia di riassicurazione del mondo. Se si constata inoltre che il mercato dei corporate bonds (ossia delle obbligazioni non statali) è oramai diventato uno dei nuovi epicentri della crisi, si è indotti a trarre l’inevitabile conclusione che anche compagnie di assicurazione come Zurigo e Swiss Life stanno per essere colpite dalla furia della crisi.
A questo punto Consiglio federale, Camere federali, partiti e l’intera popolazione svizzera sono posti di fronte a domande fondamentali per il futuro del nostro Paese, che non possono più essere eluse, come si è fatto lo scorso 16 ottobre quando si è ricorsi a contorsionismi verbali e a complicate spiegazioni tecniche per far digerire lo stanziamento di oltre 66 miliardi di franchi per salvare UBS. Le domande non più eludibili sono le seguenti.
La Svizzera, ossia la Confederazione insieme con la nostra banca centrale, sarebbe in grado, o se si vuole, avrebbe le risorse finanziarie, per salvare UBS e Credit Suisse? Non vi è il rischio che per salvare UBS e CS il nostro Paese faccia la fine dell’Islanda, dove il collasso delle banche ha fatto crollare la valuta nazionale e mandato in bancarotta lo Stato, costretto a mendicare prestiti al Fondo Monetario Internazionale e alla Russia? Quali sarebbero le conseguenze di un’operazione del genere sul franco svizzero? Un eventuale salvataggio delle due grandi banche lascerebbe risorse sufficienti per sostenere le compagnie assicurative, che gestiscono i risparmi previdenziali di centinaia di migliaia di lavoratori svizzeri? Inoltre, rimarrebbero ancora soldi per tentare di rilanciare l’economia reale elvetica, che l’anno prossimo comincerà a risentire pesantemente della crisi internazionale? Infine, chi e come pagherà il costo di questi salvataggi?
Queste domande non possono più essere eluse. La posta in gioco è il futuro del nostro Paese. Bisogna riconoscere francamente che la Svizzera non avrebbe le risorse per operare un eventuale salvataggio delle due grandi banche. Infatti, la loro somma di bilancio è sette volte il PIL elvetico e il rapporto tra le loro posizioni a rischio e i loro mezzi propri è di dimensioni tali che possono essere considerate due enormi «Hedge Fund». Per l’economia del nostro Paese è invece vitale salvare le attività commerciali, di retail banking e quelle relative alla gestione patrimoniale di UBS e CS e lasciare il resto al suo destino. Non sarebbe nemmeno un’operazione impossibile. L’esperienza del fallimento della Lehman Brothers insegna che alcune attività della banca di investimento americana sono state vendute nella settimana successiva alla dichiarazione di bancarotta. Anche l’eventuale «niet» di Stati Uniti ed Unione Europea potrebbe essere superato con la semplice constatazione che è impossibile un eventuale salvataggio di tutte le loro attività.
Pure l’ipotesi di cui si vocifera, dell’acquisto di una banca da parte dell’altra, non migliorerebbe la situazione. Se non si vuole ricorrere alla contabilità creativa, una fusione di UBS e CS non permetterebbe di aggiungere un franco di capitale, né eliminerebbe un franco delle loro perdite e soprattutto delle loro posizioni a rischio. Produrrebbe unicamente alcune migliaia di licenziamenti nella sola Svizzera e creerebbe un «mostro» incontrollabile, il cui potere nei confronti delle istituzioni del nostro Paese sarebbe di dimensioni ancora più preoccupanti di quello attuale.
Il Consiglio federale, il Parlamento e i partiti non possono nemmeno cercare di far credere che le attuali difficoltà siano il frutto di una crisi passeggera e che quindi l’investimento di decine di miliardi possa permettere a UBS e al Credit Suisse di superare un periodo di grandi turbolenze e addirittura, che questi capitali possano un giorno venire restituiti. L’evoluzione della crisi a livello internazionale non permette di cullarsi in questa illusione e sarebbe profondamente sbagliato diffonderla tra l’opinione pubblica. Ma vi è di più. Le risorse finanziarie impiegate in un eventuale salvataggio delle due grandi banche, mancherebbero per altri scopi, dalla protezione dei risparmi previdenziali di decine di migliaia di lavoratori gestiti oggi dalle compagnie assicurative alle misure di rilancio dell’economia reale elvetica.
L’occasione per una dovuta assunzione di responsabilità politica delle nostre autorità di fronte al Paese tutto sarà data nei prossimi giorni dal dibattito parlamentare sullo stanziamento di 6 miliardi di franchi a favore di UBS. Questi capitali fanno parte del piano di salvataggio, che prevede la creazione di un «fondo spazzatura» per acquisire una parte dei titoli tossici detenuti dalla banca. Il fondo verrà finanziato con un prestito di 54 miliardi di dollari elargito dalla Banca Nazionale.
Il dibattito parlamentare di dicembre dovrà valutare se è giustificabile l’approvazione del piano di salvataggio di UBS. Tutto però induce a prevedere che i termini di quella discussione saranno completamente alterati dagli avvenimenti dei prossimi giorni.

20/11/2008 20:23
 

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