Tuor - Nuove azioni della Federal Reserve statunitense

Sharnin 2

Forumer storico
Escalation nella guerra alla crisi
Nuove azioni della Federal Reserve statunitense
di Alfonso Tuor -

Nuova impressionante escalation della guerra della Banca centrale americana contro la crisi economica. Mercoledì scorso la Federal Reserve ha annunciato che comprerà 300 miliardi di titoli del Tesoro a lungo termine e che raddoppierà gli acquisti di titoli legati ai mutui ipotecari garantiti dai colossi immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac, statalizzati l’anno scorso, portandoli a 1.450 miliardi di dollari. A tutto ciò si aggiunge il cosiddetto piano Talf da 1.000 miliardi di dollari, con il quale la Banca centrale americana acquisterà titoli nei quali sono stati impacchettati crediti al consumo, crediti per l’acquisto di automobili ed altre asset backed securities. Alla nuova escalation della Federal Reserve i mercati finanziari hanno reagito con una forte flessione del tasso di cambio del dollaro, con una diminuzione dei rendimenti dei titoli di Stato, con un aumento del prezzo dell’oro e con un rialzo dei listini azionari.
Questa ulteriore escalation ha un motivo evidente ed uno sottaciuto. Il primo è la contrazione dell’economia statunitense, la cui rapidità e la cui entità hanno superato ogni più pessimistica previsione. Ciò vale anche per gli altri Paesi. E infatti misure analoghe, anche se non della medesima ampiezza, sono state adottate pure da altre autorità monetarie, come la Banca centrale inglese e quella giapponese. Tra queste figura anche la nostra Banca nazionale, la quale la settimana scorsa non ha deciso solo di acquistare titoli esteri per spingere al ribasso il cambio del franco svizzero, ma anche di acquistare titoli di debitori svizzeri per allentare la tensione sul mercato dei capitali.
Il motivo sottaciuto dei nuovi interventi decisi dalla Federal Reserve è un’implicita ammissione del fallimento del piano salvabanche. Il segretario al Tesoro Tim Geithner ne aveva schizzato i principi guida più di un mese fa, ma finora non è riuscito a dargli una forma precisa. Si è incagliato, come era capitato al predecessore Henry Paulson, sui meccanismi di funzionamento della cosiddetta «bad bank» che dovrebbe acquistare i titoli tossici detenuti dalle banche. Anche se Geithner dovesse riuscire a estrarre il coniglio dal cappello, il piano verrebbe sicuramente «fucilato» dal Congresso, il quale è inviperito per i 160 milioni di bonus concessi ai traders della American Insurance Group salvata al costo di 160 miliardi di dollari dallo Stato americano. Anzi, sia la posizione di Tim Geithner sia quella del consigliere economico Larry Summers, due uomini legati agli ambienti di Wall Street, appare sempre più fragile e si prevede che dovranno dimettersi entro l’estate. Di fronte al dato di fatto che non vi sarà alcun intervento risolutivo per affrontare la crisi delle banche, la Federal Reserve ha deciso di giocare d’anticipo e di inondare i mercati finanziari di liquidità. Insomma, un «megacerotto» che prosegue la politica dei cerotti seguita a partire dall’agosto del 2007.
Questo «megacerotto» potrebbe riuscire ad attenuare temporaneamente la caduta dell’economia americana. I motivi sono diversi. Queste misure di politica monetaria sono destinate a far calare in modo sensibile i tassi ipotecari americani e a riaprire (almeno parzialmente) il mercato dei crediti al consumo e dei prestiti per l’acquisto delle automobili. Ma soprattutto queste misure si sommano ai ristorni fiscali del pacchetto di rilancio economico di Obama da 700 miliardi di dollari. La combinazione di questi due fattori e un maggiore ottimismo causato dalla continuazione del rimbalzo della borsa potrebbero rallentare temporaneamente la contrazione dell’economia. In altri termini, non è da escludere che nei prossimi due trimestri i dati economici non siano sempre solo negativi, ma apparentemente contraddittori. Quest’inondazione di miliardi di dollari non è però sufficiente per dare avvio ad una ripresa dell’economia: serve solo a tentare di riaprire quei canali attraverso cui venivano finanziati ipoteche, crediti al consumo, prestiti per l’acquisto delle auto, ecc. In pratica, si cerca di spingere ancora le famiglie ad indebitarsi. Ma questa non può essere la via per risolvere il problema dell’eccesso di indebitamento delle famiglie americane.
Insomma, la Federal Reserve sta attuando una politica monetaria da economia di guerra, simile a quella seguita negli anni Quaranta. Durante una guerra l’inondazione di dollari serve a finanziare la domanda di materiale bellico che fa girare l’economia; oggi, invece, manca la crescita della domanda finale e i dollari messi in circolazione servono unicamente a turare le falle del mercato finanziario.
La decisione americana di «stampare» enormi quantità di moneta presenta due rischi di enorme portata: la caduta del tasso di cambio del dollaro e il ritorno alla grande dell’inflazione. Questi due pericoli sono tra loro connessi. Infatti il rischio immediato è un forte deprezzamento del dollaro, che potrebbe assumere le caratteristiche di una svalutazione competitiva e quindi innescare reazioni protezionistiche. La tendenza al calo del valore del dollaro potrebbe inoltre autoalimentarsi spingendo i Paesi stranieri a non sottoscrivere i titoli del debito pubblico americano. Negli scorsi giorni il Governo cinese, che è il principale finanziatore degli Stati Uniti, ha già lanciato un pesante avvertimento. La fuga degli investitori esteri costringerebbe la Federal Reserve a stampare ancor più dollari per finanziare un deficit federale degli Stati Uniti che quest’anno supererà il 12% del Pil. Ciò spingerebbe il dollaro ancor più al ribasso e così via. L’innescarsi di un meccanismo del genere farebbe correre agli Stati Uniti il pericolo dell’iperinflazione. Le autorità monetarie statunitensi ne sono perfettamente consapevoli e non hanno mai nascosto di preferire l’inflazione alla deflazione, poiché quest’ultima metterebbe definitivamente in ginocchio il paese.
In conclusione, governi e banche centrali, incapaci di sciogliere il nodo dello stato fallimentare delle grandi banche internazionali, stanno attuando una nuova escalation della guerra contro la crisi. Nonostante gli scarsi risultati ottenuti dalla politica dei cerotti attuata dall’agosto del 2007 per turare le falle del sistema finanziario internazionale, proseguono sulla stessa strada aumentando però considerevolmente l’entità degli interventi. I risultati non saranno molto probabilmente diversi da quelli fallimentari degli ultimi mesi, ma il passaggio dalla politica dei cerotti a quella dei «megacerotti» comporta rischi maggiori: essi si chiamano caduta del dollaro ed inflazione.
 
Ultima modifica:

Users who are viewing this thread

Back
Alto