Tuor - Quale futuro per la moneta europea? Tra le ipotesi anche un'uscita della Germa

Sharnin 2

Forumer storico
Quale futuro per la moneta europea?
Tra le ipotesi anche un'uscita della Germania dall'euro
24 mar 2010
di ALFONSO TUOR

Questa settimana di passione dell’euro si concluderà molto probabilmente con un comunicato diffuso al termine del vertice europeo di Bruxelles, nel quale si annuncerà il via libera ad un intervento del Fondo Monetario Internazionale (FMI) a favore della Grecia e la disponibilità dei Paesi europei a correre in aiuto di Atene se ciò si rivelasse necessario. L’inconsistenza della prevedibile risposta europea è già stata scontata dai mercati dei cambi, dove l’euro ha perso terreno nei confronti delle altre valute stabilendo addirittura un minimo storico nei confronti del franco svizzero. Il vertice UE di Bruxelles è dunque destinato solo a mettere in luce l’impotenza europea. Infatti la crisi della moneta unica non può essere risolta né dal prestito dell’FMI alla Grecia né dalla promessa di un intervento europeo, se Atene si ritrovasse con l’acqua alla gola. Nella migliore delle ipotesi queste misure riusciranno solo a rinviare il momento della verità.
Il dissesto delle finanze pubbliche greche e le difficoltà del Governo di Atene di finanziarsi sui mercati non sono la causa della crisi, ma solo un sintomo. Le difficoltà fiscali greche, che non verrebbero attenuate da un piano di salvataggio, affondano le radici nella perdita di competitività dell’economia del Paese. Ciò non vale solo per la Grecia, ma anche per la Spagna, per il Portogallo e a maggior ragione per l’Italia nei confronti della Germania e dell’Olanda. Infatti, basandosi sui dati dell’OCSE, emerge che nel 1995 (quando l’euro non esisteva ancora) il costo unitario del lavoro in Grecia e in Germania era uguale, mentre nel 2009 il costo unitario del lavoro in Grecia era del 17% superiore a quello tedesco. Quindi nessuno può sorprendersi se nell’ultimo decennio le esportazioni greche abbiano continuato a perdere quote di mercato.
Da questi dati emerge pure che la perdita di competitività della Grecia è stata nettamente inferiore a quella della Spagna e dell’Italia. Dal 1995 al 2009 il costo unitario del lavoro spagnolo è infatti aumentato del 30% e quello italiano addirittura del 75%. La perdita di competitività dell’Italia è impressionante: le imprese della vicina Penisola, che nel 1995 beneficiavano di un costo unitario del lavoro inferiore a quello tedesco (esattamente il 60% di quello della Germania), oggi devono competere appensatiti dallo svantaggio di un costo superiore del 30% a quello tedesco. Non sorprende quindi che a partire dal 2000 le esportazioni tedesche siano aumentate del 70%, mentre quelle italiane siano cresciute solo del 20%.
Questo andamento economico divergente è il risultato del diverso approccio all’euro. La Germania, abituata a convivere con un marco che tendeva ad apprezzarsi sui mercati dei cambi, ha attuato pesanti ristrutturazioni industriali e ha seguito una severa politica di contenimento del costo del lavoro e dei costi dello Stato (basti pensare alle riforme del mercato del lavoro varate dal cancelliere Gerhard Schroeder con il programma «Agenda 2010»). Invece, Italia, Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo, che erano abituati a compensare la perdita di competitività con la svalutazione delle loro valute nazionali, non hanno adeguato il comportamento dei loro soggetti economici ad un’Unione Monetaria che sottraeva loro la libertà di agire sul tasso di cambio. Spagna ed Irlanda hanno addirittura fatto peggio: inebriati dal ribasso dei tassi di interesse, provocato dall’introduzione dell’euro, hanno investito pesantemente nel mattone, vivendo un effimero periodo di euforia economica, che oggi si è trasformato in depressione dopo lo scoppio della spaventosa bolla creatasi nel settore immobiliare.
In queste condizioni un eventuale salvataggio europeo della Grecia non risolverebbe né i problemi del Governo di Atene, né i problemi degli altri Paesi europei in difficoltà. Infatti, data l’impossibilità di ricorrere al meccanismo della svalutazione e di stampare moneta per finanziare lo Stato (come stanno invece facendo Stati Uniti e Gran Bretagna), le misure di austerità varate dalla Grecia sono destinate ad aggravare ulteriormente la crisi economica del Paese, correndo il rischio che la contrazione dell’economia sia tale che il rapporto tra deficit pubblico e PIL aumenti, nonostante le misure di austerità. D’altro canto, l’ipotesi di un’uscita della Grecia dall’euro appare irrealistica. I costi economici e sociali sarebbero infatti enormi: l’eventuale reintroduzione della dracma coinciderebbe sicuramente con una sua pesante svalutazione nei confronti della moneta unica. Il debito dello Stato, delle famiglie e delle imprese greche, che è denominato in euro, aumenterebbe esponenzialmente. La situazione finanziaria della Grecia peggiorerebbe a tal punto da costringere il Paese ad un default all’Argentina. Si tratterebbe di una scelta disperata.
Tutto ciò dovrebbe spingere l’Unione Europea ad un gesto di solidarietà nei confronti di Atene, ma questa via è preclusa dal fermo «Nein» del Governo tedesco. Angela Merkel è consapevole che un salvataggio della Grecia verrebbe sconfessato dalla Corte costituzionale tedesca e travolto dall’ira dell’opinione pubblica. Berlino sa pure che la Grecia non è l’unico Paese europeo in condizioni precarie e che un intervento a favore di Atene potrebbe essere ben presto invocato come un precedente da Spagna, Portogallo e dalla stessa Italia. In buona sostanza la Germania teme che il salvataggio della Grecia si riveli solo uno spreco di risorse pubbliche non sufficiente per arginare la crisi dell’Unione monetaria europea.
Da queste considerazioni discende il no perentorio del Governo tedesco a qualsia forma di aiuto a favore della Grecia. Il tono delle dichiarazioni dei leader tedeschi non sermbra lasciare alcuno spazio di manovra per una soluzione di compromesso. Tutto ciò induce a ritenere che Berlino stia studiando un’altra soluzione alla crisi dell’euro: l’uscita della Germania dall’Unione monetaria europea e la reintroduzione del marco tedesco. Addirittura, secondo il quotidiano londinese «The Financial Times», sarebbe già pronto un piano tedesco per uscire dall’euro. Questa eventualità sarebbe sicuramente meno dolorosa di quella dell’uscita dei Paesi deboli dell’Europa. Infatti, l’euro senza la Germania si indebolirebbe ulteriormente e in questo modo ridarebbe un po’ di fiato alle economie in difficoltà. Un evento di tale portata avrebbe comunque ripercussioni politiche oggi difficilmente prevedibili.
L’euro sarebbe dunque un’altra vittima sacrificale della crisi scoppiata nell’estate del 2007 che ci ha abituato a confrontarci con una realtà che supera la fantasia.
 
:up:

thanks :up:

come sai , cara Sharnin , non ho mai messo la testa sotto la sabbia e non mi aggrego a idee preconcette o di moda....
 
Quale futuro per la moneta europea?
Tra le ipotesi anche un'uscita della Germania dall'euro
24 mar 2010
di ALFONSO TUOR

Tutto ciò induce a ritenere che Berlino stia studiando un’altra soluzione alla crisi dell’euro: l’uscita della Germania dall’Unione monetaria europea e la reintroduzione del marco tedesco. Addirittura, secondo il quotidiano londinese «The Financial Times», sarebbe già pronto un piano tedesco per uscire dall’euro. Questa eventualità sarebbe sicuramente meno dolorosa di quella dell’uscita dei Paesi deboli dell’Europa. Infatti, l’euro senza la Germania si indebolirebbe ulteriormente e in questo modo ridarebbe un po’ di fiato alle economie in difficoltà. Un evento di tale portata avrebbe comunque ripercussioni politiche oggi difficilmente prevedibili.
L’euro sarebbe dunque un’altra vittima sacrificale della crisi scoppiata nell’estate del 2007 che ci ha abituato a confrontarci con una realtà che supera la fantasia.




:yeah::yeah::yeah::cin::cin::cin: che bello speriamo succeda presto

 

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