Gabetti ed io avremmo potuto considerarlo per la nostra età un figlio (il mio primo ha soltanto quattro anni di meno) e invece divenne un nostro fratello,
che ci consultava e ci insegnava che cosa vuol dire occuparsi del successo di una grande azienda. Il dolore per la sua malattia è indicibile.
Quando dalla tv di Londra appresi il giovedì sera che egli era stato ricoverato a Zurigo, pensai purtroppo che fosse in pericolo di vita.
Perché conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette. Tuttavia, quando seppi che era soltanto un «intervento alla spalla», sperai.
Invece, come temevo, da Zurigo ebbi la conferma che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine.
Alla società, ad Elkann, che è esponente e leader della proprietà, la mia commossa partecipazione.
Marchionne ha lasciato una società che ha raggiunto l’incredibile risultato dell’azzeramento del debito e l’avvio di una vita di successi.
Mi auguro che sulla strada che egli ha tracciato, sul suo esempio, la Fca prosegua con gli stessi risultati. Soltanto così il grande dolore di tutti noi potrà alleviarsi.