Certificati di investimento - Cap. 2 (2 lettori)

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triale

Forumer storico
di Norman Villamin*

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 13 ago - L'annuncio di Trump del 1? agosto secondo cui gli Stati Uniti imporranno tariffe del 10% sui rimanenti 300 miliardi di dollari di
importazioni di merci cinesi segnala che la cosiddetta "guerra dei dazi", iniziata all'inizio del 2018, si sta avvicinando alla fase finale. Con questa mossa, infatti, sostanzialmente tutte le importazioni statunitensi di merci cinesi saranno soggette a dazi. Ne consegue che gli USA avranno una capacita' limitata di aumentarli in modo
significativo utilizzando gli strumenti tariffari applicati fino ad oggi. Similmente, per ritorsione, la Cina ha a sua volta imposto dazi su quasi tutte le importazioni dagli Stati
Uniti. Con entrambe le nazioni che hanno sostanzialmente esaurito l'insieme di merci soggette a un aumento delle tariffe, la fase di questo scontro legata al commercio appare
praticamente completa. Tuttavia, questo non significa che le tensioni fra le due maggiori economie mondiali siano destinate ad attenuarsi in modo significativo. Piuttosto,
indica che il conflitto che finora si e' manifestato sul fronte tariffario si spostera' verso campi di battaglia sempre piu' non tariffari.
Fra i due contendenti, gli Stati Uniti sono quelli che mantengono una modesta capacita' di aumentare ulteriormente le tariffe, mentre la Cina dovra' ricorrere sempre piu'
spesso a strumenti non commerciali e non tariffari. In effetti, la risposta iniziale del paese all'annuncio di Trump gia' comprendeva entrambi i tipi di misure: l'indebolimento
dello yuan e la fine dell'acquisto di prodotti agricoli statunitensi da parte di imprese cinesi. Quindi, con gli strumenti di ritorsione tariffaria non piu' disponibili, la
svalutazione della valuta da parte della Cina rappresenta sia un metodo appropriato per rispondere alle attuali e future escalation tariffarie statunitensi, sia un modo per
attenuarne l'impatto sui propri esportatori. Con un rischio limitato di importare inflazione e avendo rafforzato notevolmente i controlli sui capitali negli ultimi anni a
seguito della svalutazione del 2015, la valuta e' uno strumento politico credibile per i policymaker della Cina continentale.
Notizie di stampa suggeriscono anche che la Cina ha preparato un progetto di legislazione sulla sicurezza informatica che
richiederebbe una valutazione della sicurezza nazionale associata al rischio di utilizzare in Cina la tecnologia straniera di fornitori statunitensi. Un altro potenziale
strumento legato alla 'sicurezza nazionale" nell'arsenale di ritorsione della Cina potrebbe essere la ripresa dei suoi acquisti di petrolio greggio iraniano (che si e' conclusa con
il ripristino delle sanzioni statunitensi contro l'Iran). Una tale mossa potrebbe aumentare e ampliare in modo significativo la portata del conflitto USA-Cina, dato
l'attuale confronto USA-Iran, e rischierebbe di scatenare sanzioni dirette da parte degli USA su imprese statali cinesi. Se gli Stati Uniti si dovessero astenere
dall'intraprendere azioni contro Huawei, la Cina potrebbe analogamente evitare di passare a queste misure pesanti basate sulla sicurezza nazionale e scegliere invece strumenti
di ritorsione piu' limitati, come la limitazione delle esportazioni di terre rare. Infatti, nonostante questi metalli siano fondamentali per la catena di
approvvigionamento tecnologico, il Giappone ha dimostrato nel 2010 (quando la Cina interruppe la fornitura in seguito a una controversia) che il riciclaggio e lo stoccaggio possono
essere misure provvisorie sufficienti in attesa che le miniere (chiuse per problemi ambientali in molti paesi) tornino a produrre.

*CIO Private Banking e Head of Asset Allocation di Union
Bancaire Prive'e (UBP)
questo comunicato dovrebbe spiegare l'improvviso e benvenuto rialzo piu che il possibile governo istituzionale..speriamo non sia solo una fiammata
 

albicocco

Forumer storico
Estremamente interessante...

BANCHE - 50 punti base in più di spread neanche si sentono


Cinquanta punti base di spread in più, rispetto ai minimi di periodo di luglio, oggi non sono quasi niente, per le banche italiane: con gli attuali livelli di solidità patrimoniale, il mal di spread potrebbe tornare ad essere una preoccupazione oltre i 500 punti base, 270 punti base più in alto di oggi.
Avendo espulso una parte consistente delle proprie sofferenze e tagliato i costi di struttura, le società del credito si sono rinvigorite e sono in grado di reggere senza problemi alle oscillazioni dei tassi.
Un incremento di 100 punti base dello spread, quindi il doppio, come magnitudo, di quello avvenuto nelle ultime tre settimane, vale circa 1,7 miliardi di euro in meno, del capitale sul quale ci calcola il Common Equity Tier 1. La cifra è modesta, rispetto ai valori in gioco, ragion per cui, l’erosione media che ne consegue è solo di 20 punti base. A fine giugno, il CET1 medio delle principali banche italiane era 12,76%, un aumento di 100 punti base lo porterebbe a 12,56%, molto sopra i livelli di sicurezza e parecchio meglio della situazione di un anno fa: alla fine di giugno del 2018, il CET1 mdio era 12,2%.
Lo stress da spread non è più un’ansia perché le banche, in questa prima parte dell’anno, si sono impegnate a fondo nella pulizia di bilancio e nel taglio dei costi. L’ufficio studi First Cisl mette in evidenza oggi che i crediti deteriorati netti sono diminuiti del 20% a 48 miliardi euro anno su anno, l'Npl ratio è migliorato dal 5,3% del giugno 2018 al 4,2% del giugno 2019.
Gli aggiornamenti in arrivo da Banca d’Italia confermano che anche in giugno c’è stato un miglioramento di alcuni indicatori chiave. Le sofferenze lorde sono scese a 89,8 miliardi di euro, da 92 di maggio (-2,4%). Le nette calano a 31,6 miliardi (-26% anno su anno), con una copertura in lieve miglioramento a 64,8%. I depositi crescono del 3,4%, dopo il +3,5% di maggio. Rallenta l'emissione di obbligazioni (-5%).
I prestiti al settore privato battono la fiacca, +0,3% anno su anno, dal +1% di maggio. Salgono quelli alle famiglie (+2,4%) ed arretrano quelli alle aziende (-1%).
Sono stabili, i BTP in portafoglio, a 390 miliardi di euro.
I dati di giugno segnalano una forte tenuta dei depositi e la perdurante discesa delle sofferenze. Stenta a riprendersi il prestito alle aziende.
Per le banche, la minaccia più seria, sono i tassi d’interesse in discesa, un problema che riguarda tutto il comparto europeo, fortemente penalizzato da inizio d’anno dalla caduta del rendimento del Bund decennale a -0,50%.

Lo stress da spread non è più un’ansia ? ????

Non di certo per chi è investito in azioni delle banche italiane, direttamente o anche tramite certificati

Tutto qs lavoro fatto di pulizia, consolidamento, ecc. in cosa si è tradotto?

CT1 , NPL ratio, sofferenze lorde sofferenze nette ecc.: tanti “bei numerini” direbbe il quasi ex VPM leghista

Resta, incredibile, un’enorme distruzione di risparmio: un anno fa Unicredito era a 14, ora sta per scendere sotto i 9; BAMI era a 2,30 e ora sta per scendere sotto 1,60.

E le prospettive non sembrano rosee….
 
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