Bancari alla prova trimestrali: i nomi da monitorare
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Settimana che vede protagoniste le banche le quali, dopo aver superato più o meno indenni gli stress test, ora si trovano nella bufera dei conti.
Rossana Prezioso 12 ore fa
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Settimana che vede protagoniste le banche le quali, dopo aver superato più o meno indenni gli stress test, adesso si trovano nella bufera delle trimestrali. Bufera che però non coinvolge solo le banche ma anche altro, come conferma
Vincenzo Longo, Market Strategist di IG
1) Bce che detta legge (o vorrebbe farlo) ma che a fine settimana dovrà vedersela con i dati su inflazione e Pil. Dobbiamo sperare in un risultato negativo per un effetto "bad news, good news" e avere qualche prospettiva di QE? E soprattutto: in caso Draghi prendesse in considerazione questa opzione, resterebbe l'unanimità all'interno della banca centrale?
Alla luce di quanto emerso nel meeting della scorsa settimana, l’impressione è che la Bce si sia dimostrata più aperta a un QE qualora le condizioni del mercato dovessero peggiorare. Pertanto dei dati deboli e/o inferiori alle attese sul Pil e la revisione al ribasso delle stime sull’inflazione di ottobre potrebbero accrescere l’aspettativa tra gli investitori per un annuncio di un vero e proprio QE già a dicembre, che entrerà nel vivo solo nel 2015. Se tali aspettative dovessero essere confermate, a finire sotto pressione sarà l’euro, che dovrebbe aggiornare i nuovi minimi di periodo sia vs dollaro che vs sterlina. Sui mercati azionari la reazione potrebbe essere abbastanza contrastante. Non escludiamo, infatti, che se le figure dovessero risultare peggiori del previsto, gli operatori possano giudicare gli sforzi della Bce vani e troppo in ritardo per evitare un ritorno alla recessione nel Vecchio Continente. L’unanimità delle decisioni per un eventuale QE sarà tanto più probabile quanto più brutti dovessero risultare i prossimi dati macroeconomici. Sarebbe un errore per la Germania, infatti, trascurare un eventuale ritorno alla recessione per difendere la politica di austerità e rigore che ha difeso negli ultimi anni.
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2) Ftse Mib è considerato da sempre banco-centrico. Cosa attendersi alla luce dei conti di Intesa SanPaolo e Unicredit e con la questione di stress test ancora aperta?
I conti di Intesa SanPaolo e Unicredit hanno mostrato degli utili boom, nonostante i ricavi siano stati per lo più in calo rispetto ai trimestri precedenti. La sensazione è che le banche abbiamo sostanzialmente beneficiato di due aspetti:
a) da un lato, del miglioramento di alcune voci dell’attivo, come la crescita dei prezzi dei BTP nel corso del trimestre chiusosi al 30 settembre;
b) dall’altro, della riduzione degli accantonamenti per i crediti deteriorati, in linea con le indicazioni arrivate dalla Banca d’Italia degli ultimi giorni.
Il continuo calo dei ricavi riflette il contesto congiunturale depresso del nostro Paese. Il basso livello degli impieghi (mutui e prestiti) non genera commissioni per il sistema bancario, mentre il margine di interesse riesce a essere positivo grazie ai bassi tassi di raccolta a cui le banche riescono ad accedere. L’impressione è che i conti delle banche medio/piccole non saranno migliori. Ad aggiungere pressioni al nostro sistema bancario, ci sono ancora i nodi da sciogliere su Monte dei Paschi di Siena e Carige dopo i deficit di capitale emersi negli stress test. La nostra impressione è che il comparto continuerà a vivere un periodo di forte volatilità almeno sino a quando la Bce non attiverà il QE.
3) Oro e petrolio. Catastrofe per entrambi?
Il quadro sulle commodity, in particolare oro e petrolio, rimane molto difficile e questo a seguito del forte apprezzamento del dollaro statunitense verso le principali valute mondiali. La scorsa settimana, l’oro si è portato ai minimi da aprile 2010, mentre il WTI ha toccato i livelli che non vedeva da ottobre 2011, a quota 76 dollari, il tutto in concomitanza con i nuovi massimi da maggio 2010 del Dollar Index (a quota 88,30). Ci aspettiamo ora che i governatori della Fed possano fare esplicito riferimento alla recente forza del dollaro come un fattore di destabilizzazione della politica monetaria, aprendo a una fase di debolezza del biglietto verde. Un simile aspettativa potrebbe aprire a una fase di stabilizzazione sui livelli attuali per queste commodity almeno sino a fine anno. A partire dal 2015, la ripresa della corsa del dollaro, in vista del rialzo dei tassi della Fed, potrebbe tornare a mettere pressione sia all’oro che al petrolio, che potrebbero raggiungere i target collocati, rispettivamente, a 1.000 dollari/oncia e 65 dollari/barile.
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