5° FAZIO......STORY !!!!!!!!!!!!!!

SINIBALDO

Forumer attivo
E BRAVO.............TREMONTI, CON LA TUA "GENIALE" FINANZIARIA I.....................CONTRIBUENTI DOVRANNO PAGARE ANCHE I "TRUFFATI" DAI "CRACK" FINANZIARI OPERATI DAL ..........CAIBIUN !!!!!!!!!!!!!!!!!!!

IL NOSTRO..............EROICO MINISTRO HA DICHIARATO:

E' UN NOSTRO MORALE IMPEGNO E DOVERE !!!!!!!!!!!!!!!!!
SINIBALDO
_______________________________________


Fazio resti solo un arbitro

di Renzo Rosati
3/3/2003

Il governatore ha un ruolo pubblico, istituzionalmente garantito. Invece da tempo sembra prendere gusto a schierarsi con questa o quella squadra.

E non sarebbe meglio se le grandi banche, Mediobanca compresa, si occupassero meno degli scontri di potere tra big e di più del finanziamento del sistema produttivo italiano?

_________________________________________________


Giornali e tv si occupano a profusione della «guerra per le Generali», il titolo corre in borsa e un lettore mediamente informato, o meglio un piccolo investitore, stenta a capirci qualcosa.

Si sa che parti in causa l'un contro l'altra armate sono soprattutto Vincenzo Maranghi, amministratore delegato della Mediobanca e finora

principale azionista della prima compagnia assicuratrice italiana, tra le maggiori in Europa, e Antonio Fazio, governatore della Banca d'Italia.


E già qui c'è la prima anomalia.

Perché Maranghi potrà anche essere giudicato un cattivo manager e Mediobanca una discutibile banca d'affari (come dicono i suoi detrattori),

ma stiamo parlando di un banchiere e di una banca privata che rispondono ai loro azionisti.

Fazio invece è un'altra cosa.

Il governatore ha un ruolo pubblico, istituzionalmente garantito, e anche se con la nascita della Banca centrale europea ha perso alcuni poteri

(quello di fissare il tasso di sconto, cioè il costo del denato, anzitutto), altri gli sono rimasti e altri se li è conquistati.



POTERI SCRITTI E NON SCRITTI

Il principale di questi poteri del governatore è la vigilanza sul sistema bancario italiano, in particolare sulla sua tenuta patrimoniale, sulla sua esposizione, sulla corretta concorrenza tra banca e banca.

Quest'ultima prerogativa per la verità è controversa: l'Antitrust la rivendica logicamente per sé, ma finora Fazio l'ha spuntata;

e anzi spera che la riforma delle authority estenda i suoi poteri di controllo anche alle assicurazioni.

In virtù di tutti questi poteri scritti e non scritti ma certamente riconosciuti, Fazio dovrebbe essere un arbitro, anzi l'arbitro con la A maiuscola; non una parte in campo.

Invece da molto tempo l'arbitro sembra prendere gusto a schierarsi con questa o quella squadra.


SCHIERATO NEL CASO FIAT

Esempio: nella vicenda Fiat, quando si delineò il primo progetto di salvataggio promosso dalla Mediobanca, che prevedeva l'approdo ai vertici del Lingotto di Umberto Agnelli ed Enrico Bondi, cioè il

capovolgimento del piano industriale sostenuto dalle quattro grandi banche creditrici Intesa, Unicredit, Capitalia e SanPaolo Imi, Fazio sbarrò personalmente la strada a quel progetto invitando gli istituti di credito e l'allora presidente Fiat a «resistere».


PERCHÉ CONTANO I FRANCESI

La stessa cosa sta più o meno accadendo adesso con le Generali.

Nella compagnia triestina, Mediobanca controlla grosso modo il 13,6%, la Banca d'Italia è il secondo azionista con 4,7%, la Fondiaria-Sai ha il 2,4, l'Unicredit il 2,1.

La Banca d'Italia agisce attraverso il proprio fondo pensioni e non può condurre direttamente scalate o battaglie finanziarie.

Mediobanca si rende conto che un simile assetto è quanto mai precario e si dice abbia contratto un matrimonio d'interessi con il presidente della Generali, Antoine Bernheim, il quale garantirebbe un cospicuo pacchetto

di azioni aggiuntive rastrellate dal finanziere francese Vincent Bolloré, suo buon amico, e dal colosso assicurativo sempre francese Axa.


OBIETTIVO 20%

L'Unicredit, che per inciso è anche azionista della Mediobanca e da essa controllata secondo uno dei tanti rapporti incestuosi della finanza italiana, intravvede in tutto ciò un attentato alla italianità delle Generali e lancia un rastrellamento per contrastare Maranghi e Barnheim;

rastrellamento che per ora frutta un altro 2% ma che ha come obiettivo di arrivare al 20.

Ossia di far fuori la Mediobanca stessa dal controllo delle Generali.

Poiché da solo non ce la fa, l'Unicredit e il suo amministratore delegato, Alessandro Profumo, in perenne dissidio con Maranghi, chiama al proprio fianco alcune fondazioni bancarie e gli altri tre soliti big: Capitalia, San Paolo e Intesa.

Fazio, indicato da tutti come lo stratega dell'operazione anti Mediobanca, fa sapere in una nota ufficiale che non ha personalmente autorizzato un

bel nulla, ma giudica «positiva la stabilità di una grande impresa italiana», bollando al tempo stesso come «stupefacenti le critiche di chi si professa
sostenitore del mercato».

Insomma, dà un'indiretta benedizione a Profumo e alle altre banche ad andare avanti.


PARTITA FINALE ?

Molti vedono in questa vicenda la partita finale tra Mediobanca e Banca d'Italia, tra Maranghi e Fazio, e da lì a scendere tra il Tesoro (diffidente verso la crescente influenza del governatore) e Bankitalia.

C'è addirittura chi vi scorge le premesse per la costituzione, da parte di Fazio, di un formidabile potere bancario e industriale sul quale costruirsi un futuro politico.

Lasciamo le chiacchiere e vediamo invece un altro aspetto.

Le grandi banche italiane sono massicciamente impegnate nel salvataggio o nel finanziamento di questo o quel grande gruppo industriale.

Dalla Fiat alla Telecom, a Benetton-Autostrade, non c'è vicenda che non le veda presenti.

Spesso anche in maniera discutibile:


i famosi bond-spazzatura della Cirio, infilati nelle gestioni patrimoniali di tanti ignari clienti, sono uno strumento utilizzato particolarmente dalla Capitalia per soccorrere il gruppo di Sergio Cragnotti (patron della Cirio e della Lazio).


SVANTAGGI PER PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Mentre tutto ciò avviene ai piani alti del credito, ai piani medi e bassi la situazione è praticamente capovolta.

Un'azienda o un'impresa senza blasone si vedono negare l'accesso al credito, o devono conquistarselo a condizioni particolarmente onerose.

Quel rischio che i big bancari si accollano senza molto pensarci su per i colossi industriali viene a dir poco centellinato per il resto del tessuto imprenditoriale italiano.

Né è certo una questione di rischio, perché proprio la vicenda Fiat minaccia di costare al sistema creditizio alcuni miliardi di euro tra crediti trasformati in obbligazioni, e magari domani in azioni il cui valore è tutto da decifrare.

In altre parole Intesa, Unicredit, Capitalia e San Paolo rischiano tra un anno di trovarsi alle prese con «incagli» e sofferenze pericolosi.

Ma allora perché una grande banca come l'Unicredit si lancia in un oneroso rastrellamento delle Generali?

Per difendere l'italianità del Leone di Trieste?

Per fare lo sgambetto a Maranghi e un piacere a Fazio?

Non sarebbe meglio se le grandi banche, Mediobanca compresa, si occupassero meno degli scontri di potere tra big, e di più del finanziamento del sistema produttivo italiano?

Non dovrebbe Fazio rifletterci un po' anche lui?


(CONTINUA)
__________________________________________________
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto