Fleursdumal
फूल की बुराई
L'Armistizio, la fuga, Roma indifesa
Cosi' nel 1939 aveva parlato il Re....
Nessun dubbio sfiora la mia mente.....
(richiede plug-in RealAudio® o RealPlayer®)
(SUO NONNO, VITTORIO EMANUELE II, NEL 1859) "La mia sorte è congiunta a quella del popolo italiano; possiamo soccombere, tradire mai! I Solferino e San Martino, riscattano tal volta le Novara e Waterloo, ma le apostasie dei Principi sono irreparabili. Io potrò dunque restar solo nella grande lotta in cui la M. V. aveva cominciato per darmi la mano: ma resterò. Perocché se la M. V., forte dell’ammirazione del suo popolo, non ha nulla a fare per la riconoscenza della simpatia dell’alleanza del popolo italiano, io sono commosso nel profondo dell’anima mia dalla fede, dall’amore che questo nobile e sventurato popolo ha in me riposto; e piuttosto che venirgli meno, spezzo la mia spada e getto la mia corona come il mio augusto genitore") (INTERO TESTO DELLA LETTERA - QUI).
Avevamo lasciato Re, Generali e Badoglio a Roma, tutti rosi dal dubbio di cosa sarebbe accaduto alla lettura in radio del comunicato della resa.
8 SETTEMBRE(ore 9)- Il Re riceve l'ambasciatore tedesco RUDOLF RAHN. Hitler vuole sapere cosa bolla in pentola, ma il re VITTORIO EMANUELE III, gli ribadisce la fedeltà e la lealtà nei confronti dell'alleato (dà una parola d'onore falsa, che durerà meno di 10 ore)
"Dica al Furher che l'Italia non capitolerà mai,
è legata alla Germania per la vita e per la morte"
(Ma il giorno 3 settembre il "tradimento" era già stato consumato. Considerato "tradimento" perchè l'Italia "dimenticò" di dichiarare guerra alla Germania (che era giuridicamente sua alleata).
(tutte le vittime dei bombardamenti nelle città che continuarono fino al 9 settembre morirono sotto le bombe "amiche", come a Frascati).
Badoglio intanto si era premunito, e aveva spedito figlia e nuora due giorni prima a Losanna.
Il testo sotto l'immagine: "La figlia e la nuora del Maresciallo Badoglio a passeggio in una via di Losanna, dove, come risulta dai giornali svizzeri, sono arrivate, direttamente dall'Italia, fin da martediì 7 settembre, cioè esattamente un giorno prima che il Popolo Italiano avesse notizia della capitolazione".
Risulta inoltre agli atti del processo al governatore della Banca d'Italia Vincenzo Azzolini, celebrato nel dicembre del '44, che Badoglio durante il suo governo abbia ritirato "in quattro distinti prelevamenti gran parte dei 24 milioni depositati dalla presidenza del Consiglio"; somma che era a disposizione dell'ex capo del governo Mussolini, senza che ne dovesse rispondere a chicchessia. I primi due prelievi finirono anch'essi in Svizzera, gli ultimi due non si sa quale destinazione presero, o meglio lo si intuisce da un documento eccezionale. Durante l'agitata notte tra l'8 e il 9 settembre, quando era stato deciso la fuga e l'abbandono di Roma, Badoglio fu visto che aveva con se una valigetta, che andò "misteriosamente perduta". (Chi ci vuol credere è libero di farlo).
Del contenuto sarà lo stesso Badoglio a fornire più tardi in una lettera autografa scritta a Bonomi, il 12 giugno 1944. "Quella sera io avevo con me una valigia contenente oltre le mie sostanze anche le seguenti somme dello Stato: 10 milioni di lire italiane, 800.000 Franchi svizzeri in contanti e un vaglia di 200.000 sempre in Franchi svizzeri. Nella confusione della partenza io ho dimenticato la valigetta. Che per fortuna fu ritirata da mio figlio Mario, disgraziatamente rimasto a Roma e in seguito catturato. Nel frattempo queste somme in gran parte erano state spese in sussidi ai profughi e ai partigiani come io stesso avevo fatto arrivare l'ordine a mio figlio. Io Chiedo al governo che sia atteso il ritorno di prigionia di mio figlio per avere dati più sicuri e una documentazione approssimativa dell'impiego di detto denaro".
Ma sembra che nessuna spiegazione fu invece fornita nè al ritorno di Mario, né mai. E sappiamo da Badoglio che aiutò i partigiani. Quali? Nessuno ha mai riferito di aver ricevuto denari da Badoglio.
Ma c'è dell'altro. Di tutto il maneggio dell'armistizio il Paese non seppe nulla. Ma non è che era un segreto la firma del 3 settembre. Molti che non avevano bisogno di esserlo vennero informati.
Nulla seppero i menbri del Consiglio dei Ministri. Badoglio informò de Courten e Sandalli, ma non Sorice. Badoglio mandò figlia e nuora in Svizzera ma si "dimenticò" di mettere in salvo l'intera riserva aurea custodita nella Banca d' Italia in via Nazionale: 118 tonnellate di oro, che pochi giorni dopo - il 20 settembre- furono prelevate dai tedeschi e presero una misteriosa destinazione.
Nessuna comunicazione fu fatta agli alti comandi militari periferici. Attilio Tamaro (nell'opera più volte qui citata) afferma di aver incontrato Asquini il 4, ed ebbe da lui come sicura la notizia, che il dì precedente era stato firmato l'armistizio. Bonomi dice di essere stato informato dal colonnello Rusca, dal generale Zanussi e da un'altra personalità. Benedetto Croce (Croce, Quando l'Italia era tagliata in due, pag. 5) afferma che ricevette la notizia attraverso la Banca Commerciale: il che è molto graver, poiché si vede che quella Banca (fondata dai tedeschi !!) ebbe il privilegio di conoscere i segreti di Stato e di provvedere sulla loro base e a tempo le opportune operazioni finanziarie, connesse a così grave avvenimento.
Informatissimo lo era anche il generale Ambrosio, il Capo di Stato Maggiore, che il giorno martedi 7 settembre non era a Roma alla vigilia di quella che già per molti (banche comprese, come abbiamo visto) era la sventura che si stava abbattendo sull'Italia; ma era a Torino, per mettere al sicuro i preziosi mobili e quadri di casa sua. Nella stessa sera a notte fonda, a Roma giungeva il generale Maxwell Taylor per esaminare con i generali dello Stato Maggiore e con Badoglio le condizioni dell'aviosbarco e le misure da prendere per renderne possibile l'esecuzione. Mentre già al largo di Salerno si stavano concentrando i mezzi da sbarco.
Cosi' nel 1939 aveva parlato il Re....
Nessun dubbio sfiora la mia mente.....
(richiede plug-in RealAudio® o RealPlayer®)
(SUO NONNO, VITTORIO EMANUELE II, NEL 1859) "La mia sorte è congiunta a quella del popolo italiano; possiamo soccombere, tradire mai! I Solferino e San Martino, riscattano tal volta le Novara e Waterloo, ma le apostasie dei Principi sono irreparabili. Io potrò dunque restar solo nella grande lotta in cui la M. V. aveva cominciato per darmi la mano: ma resterò. Perocché se la M. V., forte dell’ammirazione del suo popolo, non ha nulla a fare per la riconoscenza della simpatia dell’alleanza del popolo italiano, io sono commosso nel profondo dell’anima mia dalla fede, dall’amore che questo nobile e sventurato popolo ha in me riposto; e piuttosto che venirgli meno, spezzo la mia spada e getto la mia corona come il mio augusto genitore") (INTERO TESTO DELLA LETTERA - QUI).
Avevamo lasciato Re, Generali e Badoglio a Roma, tutti rosi dal dubbio di cosa sarebbe accaduto alla lettura in radio del comunicato della resa.
8 SETTEMBRE(ore 9)- Il Re riceve l'ambasciatore tedesco RUDOLF RAHN. Hitler vuole sapere cosa bolla in pentola, ma il re VITTORIO EMANUELE III, gli ribadisce la fedeltà e la lealtà nei confronti dell'alleato (dà una parola d'onore falsa, che durerà meno di 10 ore)
"Dica al Furher che l'Italia non capitolerà mai,
è legata alla Germania per la vita e per la morte"
(Ma il giorno 3 settembre il "tradimento" era già stato consumato. Considerato "tradimento" perchè l'Italia "dimenticò" di dichiarare guerra alla Germania (che era giuridicamente sua alleata).
(tutte le vittime dei bombardamenti nelle città che continuarono fino al 9 settembre morirono sotto le bombe "amiche", come a Frascati).
Badoglio intanto si era premunito, e aveva spedito figlia e nuora due giorni prima a Losanna.
Il testo sotto l'immagine: "La figlia e la nuora del Maresciallo Badoglio a passeggio in una via di Losanna, dove, come risulta dai giornali svizzeri, sono arrivate, direttamente dall'Italia, fin da martediì 7 settembre, cioè esattamente un giorno prima che il Popolo Italiano avesse notizia della capitolazione".
Risulta inoltre agli atti del processo al governatore della Banca d'Italia Vincenzo Azzolini, celebrato nel dicembre del '44, che Badoglio durante il suo governo abbia ritirato "in quattro distinti prelevamenti gran parte dei 24 milioni depositati dalla presidenza del Consiglio"; somma che era a disposizione dell'ex capo del governo Mussolini, senza che ne dovesse rispondere a chicchessia. I primi due prelievi finirono anch'essi in Svizzera, gli ultimi due non si sa quale destinazione presero, o meglio lo si intuisce da un documento eccezionale. Durante l'agitata notte tra l'8 e il 9 settembre, quando era stato deciso la fuga e l'abbandono di Roma, Badoglio fu visto che aveva con se una valigetta, che andò "misteriosamente perduta". (Chi ci vuol credere è libero di farlo).
Del contenuto sarà lo stesso Badoglio a fornire più tardi in una lettera autografa scritta a Bonomi, il 12 giugno 1944. "Quella sera io avevo con me una valigia contenente oltre le mie sostanze anche le seguenti somme dello Stato: 10 milioni di lire italiane, 800.000 Franchi svizzeri in contanti e un vaglia di 200.000 sempre in Franchi svizzeri. Nella confusione della partenza io ho dimenticato la valigetta. Che per fortuna fu ritirata da mio figlio Mario, disgraziatamente rimasto a Roma e in seguito catturato. Nel frattempo queste somme in gran parte erano state spese in sussidi ai profughi e ai partigiani come io stesso avevo fatto arrivare l'ordine a mio figlio. Io Chiedo al governo che sia atteso il ritorno di prigionia di mio figlio per avere dati più sicuri e una documentazione approssimativa dell'impiego di detto denaro".
Ma sembra che nessuna spiegazione fu invece fornita nè al ritorno di Mario, né mai. E sappiamo da Badoglio che aiutò i partigiani. Quali? Nessuno ha mai riferito di aver ricevuto denari da Badoglio.
Ma c'è dell'altro. Di tutto il maneggio dell'armistizio il Paese non seppe nulla. Ma non è che era un segreto la firma del 3 settembre. Molti che non avevano bisogno di esserlo vennero informati.
Nulla seppero i menbri del Consiglio dei Ministri. Badoglio informò de Courten e Sandalli, ma non Sorice. Badoglio mandò figlia e nuora in Svizzera ma si "dimenticò" di mettere in salvo l'intera riserva aurea custodita nella Banca d' Italia in via Nazionale: 118 tonnellate di oro, che pochi giorni dopo - il 20 settembre- furono prelevate dai tedeschi e presero una misteriosa destinazione.
Nessuna comunicazione fu fatta agli alti comandi militari periferici. Attilio Tamaro (nell'opera più volte qui citata) afferma di aver incontrato Asquini il 4, ed ebbe da lui come sicura la notizia, che il dì precedente era stato firmato l'armistizio. Bonomi dice di essere stato informato dal colonnello Rusca, dal generale Zanussi e da un'altra personalità. Benedetto Croce (Croce, Quando l'Italia era tagliata in due, pag. 5) afferma che ricevette la notizia attraverso la Banca Commerciale: il che è molto graver, poiché si vede che quella Banca (fondata dai tedeschi !!) ebbe il privilegio di conoscere i segreti di Stato e di provvedere sulla loro base e a tempo le opportune operazioni finanziarie, connesse a così grave avvenimento.
Informatissimo lo era anche il generale Ambrosio, il Capo di Stato Maggiore, che il giorno martedi 7 settembre non era a Roma alla vigilia di quella che già per molti (banche comprese, come abbiamo visto) era la sventura che si stava abbattendo sull'Italia; ma era a Torino, per mettere al sicuro i preziosi mobili e quadri di casa sua. Nella stessa sera a notte fonda, a Roma giungeva il generale Maxwell Taylor per esaminare con i generali dello Stato Maggiore e con Badoglio le condizioni dell'aviosbarco e le misure da prendere per renderne possibile l'esecuzione. Mentre già al largo di Salerno si stavano concentrando i mezzi da sbarco.