Val
Torniamo alla LIRA
«Candidate Putin al Nobel per la Medicina:
in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra».
Così recita un “meme” che sta circolando sul web,
mentre la popolazione di Kiev assiste alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014.
Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme,
perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic,
detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros.
In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista)
che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa,
asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere ad un golpe bianco
che si stava drammaticamente tingendo di rosso.
Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena:
il vecchio spettacolo (bombe, missili, cannonate)
rispunta dopo due anni d guerra subdola, asimmetrica e mediatica,
combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale –
in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici
riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli usa – risalente ai tempi dei Bush:
non era affatto previsto (anzi: era solennemente vietato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici,
alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina.
Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata:
in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria.
La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan;
la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca,
fiero avversario della narrazione “pandemica”.
Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi,
Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello:
mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti.
Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev,
mentre i tagliagole dello Stato Islamico, indisturbati, terrorizzavano la popolazione siriana.
Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni:
dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan,
facendo volare lo jihaidsmo,
gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia,
e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani.
Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama.
Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso:
la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi.
Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia.
Sempre il Cremlino – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid,
denunciandone il carattere golpista e corruttivo.
Lo stesso Putin si è distinto pure nello smascherare la distorsione politica messa in piedi,
per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario,
se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.
in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra».
Così recita un “meme” che sta circolando sul web,
mentre la popolazione di Kiev assiste alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014.
Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme,
perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic,
detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros.
In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista)
che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa,
asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere ad un golpe bianco
che si stava drammaticamente tingendo di rosso.
Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena:
il vecchio spettacolo (bombe, missili, cannonate)
rispunta dopo due anni d guerra subdola, asimmetrica e mediatica,
combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale –
in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici
riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli usa – risalente ai tempi dei Bush:
non era affatto previsto (anzi: era solennemente vietato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici,
alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina.
Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata:
in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria.
La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan;
la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca,
fiero avversario della narrazione “pandemica”.
Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi,
Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello:
mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti.
Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev,
mentre i tagliagole dello Stato Islamico, indisturbati, terrorizzavano la popolazione siriana.
Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni:
dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan,
facendo volare lo jihaidsmo,
gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia,
e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani.
Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama.
Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso:
la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi.
Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia.
Sempre il Cremlino – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid,
denunciandone il carattere golpista e corruttivo.
Lo stesso Putin si è distinto pure nello smascherare la distorsione politica messa in piedi,
per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario,
se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.