ATTINGERE INFORMAZIONI DA INTERNET E' COME CERCARE Di RIEMPIRE UN BICCHIERE SOTTO LE

inanziatutto è stato completamente sbagliato dall'inzio come è stata trattata la vicenda.secondo non dai nessun soldo alla famiglia dei morti...terzo ripèorti i marò a casa altro che li fai scendere e giudicare dagli indiani.....quarto se provavano a fare una cosa del genere con l'amabsciatore usa o francese vedi che succedeva??non non contimnao una fava a livello europeo e mondiale altro le cagate di monti...e se fossi stato un governo serio avresti ritirato da un bel pezzo il tuo ambasciatore ed avresti rotto tutti gli accordi(che tra l'altro portano aiuti all'india per svariati miliardi)con l'india.Poi avresti iniziato ritorsioni a livello politico(se contavamo qualcosa)e d in ultimo dopo che sono andati a votare e prendi una decisone del genere la porti fino in fondo e l'ambasciatore deve essere liberato perchè ha un passaporto dipolmatico e bloccarlo significa una viollazione del trattato di vienna.Noi NON CONTIAMO UN CAZZO con monti

abbiamo capito :help: non abbiamo mai contato un kazzo mi sembra con nessuno :D

chiusura netta quindi ...guerra diplomatica ...chiusura dei rapporti commerciali etc etc ok ....grazie del tuo parere ..... poi non so come si riportava a casa l'ambasciatore mah! ...mi sembra poco diplomatico come modo di fare :mmmm:
 
abbiamo capito :help: non abbiamo mai contato un kazzo mi sembra con nessuno :D

chiusura netta quindi ...guerra diplomatica ...chiusura dei rapporti commerciali etc etc ok ....grazie del tuo parere ..... poi non so come si riportava a casa l'ambasciatore mah! ...mi sembra poco diplomatico come modo di fare :mmmm:
chiedilo agli americani come si fà:-o:-o
o anche agli inglesi tedeschi e francesi....vedi se l'india lo faceva con loro che succedeva?'ma loro sanno benissimo che solo con noi possono fare i gallatti
 
toh fatevi due conti :-o

Senato: 7 i gruppi parlamentari, i senatori 319
20 marzo, 18:27


ROMA - Al completo la formazione dei gruppi parlamentari del Senato della XVII legislatura che conta, al momento 319 senatori: 315 eletti e quatto senatori a vita. Con l' arrivo di Giorgio Napolitano alla fine del suo mandato, il numero salirà a 320.

Ecco i gruppi per ordine decrescente: Pd 106 (capogruppo Luigi Zanda); Pdl 92 (capogruppo Renato Schifani); M5S 53 (capogruppo Vito Crimi); Lista Civica 21 (capogruppo Mario Mauro); gruppo misto 20 (capogruppo Loredana De Petris, è formato da Sel, Grande Sud, Mpa e alcuni esponenti del Pdl e del Pd); Lega Nord 17 (capogruppo Massimo Bitonci); Autonomie 10 (capogruppo Karl Zeller, è formato da Svp, Unione valdotaine, Partito autonomista trentino tirolese, Unione per il trentino e Psi).

gia' 20 nel gruppo misto :eek: ecco perche' bersani fa il ganzo :mmmm:

161 senatori sono la maggioranza
pd 106
autonomie 10
listacivica 21
gruppo misto 20 (questi se si rivota so bruciati):D

totale : 157.......4 grillini vuoi che non si trovano :eeh:

e ho dimenticato 4 senatori a vita ...
 
Ultima modifica:
toh fatevi due conti :-o

Senato: 7 i gruppi parlamentari, i senatori 319
20 marzo, 18:27


ROMA - Al completo la formazione dei gruppi parlamentari del Senato della XVII legislatura che conta, al momento 319 senatori: 315 eletti e quatto senatori a vita. Con l' arrivo di Giorgio Napolitano alla fine del suo mandato, il numero salirà a 320.

Ecco i gruppi per ordine decrescente: Pd 106 (capogruppo Luigi Zanda); Pdl 92 (capogruppo Renato Schifani); M5S 53 (capogruppo Vito Crimi); Lista Civica 21 (capogruppo Mario Mauro); gruppo misto 20 (capogruppo Loredana De Petris, è formato da Sel, Grande Sud, Mpa e alcuni esponenti del Pdl e del Pd); Lega Nord 17 (capogruppo Massimo Bitonci); Autonomie 10 (capogruppo Karl Zeller, è formato da Svp, Unione valdotaine, Partito autonomista trentino tirolese, Unione per il trentino e Psi).

gia' 20 nel gruppo misto :eek: ecco perche' bersani fa il ganzo :mmmm:

161 senatori sono la maggioranza
pd 106
autonomie 10
listacivica 21
gruppo misto 20 (questi se si rivota so bruciati):D

totale : 157.......4 grillini vuoi che non si trovano :eeh:

e ho dimenticato 4 senatori a vita ...
guarda che di quei 20 circa 15 sono dalleati con il pdl
 
ROMA (MF-DJ)--"Il Movimento 5 Stelle ricorda che la procedura di conferimento del voto di fiducia nasce con il preciso scopo di far nascere un Governo creando una stabile maggioranza politica", ma "un impegno cosi' oneroso non puo' essere sostenuto dal Movimento 5 stelle a favore del Partito Democratico e del suo attuale leader Bersani".

Lo scrive il capogruppo al Senato, Vito Crimi, sulla sua pagina Facebook, elencando 30 motivi per cui M5S non puo' sostenere un Governo Bersani. "Perche' di reddito di cittadinanza non ha mai parlato finche' non l'ha tirato fuori il M5S; perche' non ha mai fatto una serie legge anticorruzione; perche' non ha mai abolito il finanziamento pubblico ai giornali; perche' ha approvato l'Imu; perche' non ha mai abolito le provincie; perche' ci ha regalato la tassa da 4 miliardi servita a pagare i conti di B.Mps; perche' non ha mai fatto la legge sul conflitto di interessi; perche' ha ratificato trattati come il Fiscal Compact e il Mes; perche' si sono accorti solo dopo venti anni che una legge del 1957 rende Berlusconi ineleggibile; perche' e' quello che dice che i rimborsi elettorali ci vogliono, se no non sopravviviamo".

Ed ancora il no del M5S e' "perche' la Tav e' il progresso; perche' copia le Parlamentarie del M5S ma poi riserva i posti chiave per i soliti noti (Bindi & Co.); perche' e' quello di abbiamo una banca; perche' e' quello di Prodi che ci ha portato nell'euro; perche' e' quello del golpe morbido di Giorgio Napolitano; perche' il Lodo Alfano non e' un nostro problema, non e' la priorita'; perche' e' quello dell'indulto; perche' non ha mai cancellato le leggi ad personam; perche' ha contribuito al finanziamento delle missioni di guerra; perche' i bombardieri F35 servono per le missioni di pace; perche' asseriva candidamente in aula che Berlusconi sapeva che non sarebbero state toccate le sue televisioni; perche' ha fatto da stampella a Berlusconi in tutto questi anni; perche' 32 parlamentari del PD erano assenti quando si votava la fiducia per lo scudo fiscale, e ne sarebbero bastati 20; perche' non ha mai cambiato la legge elettorale ne' reintrodotto le preferenze".

Infine, "perche' ha avallato le politiche "a-sociali" del governo Monti; perche' ha detto si' alle pensioni a 67 anni; perche' Bersani si scaglio' contro l'ordine dei medici dell'Emilia, rei di aver chiesto una moratoria sulla costruzione di nuovi inceneritori; perche' ha sostenuto la gestione privata dell' acqua,dei rifiuti e del trasporto pubblico a favore di investitori privati e a discapito dei cittadini; perche' ha collaborato alla sottrazione di risorse alla scuola pubblica, mantenendo i finanziamenti alla scuola privata". E anche, soprattutto, conclude Crimi citando Albert Einstein, perche' "non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo". ren

(END) Dow Jones Newswires

March 27, 2013 09:42 ET (13:42 GMT)
 
Dopo la bufala sul'abolizione delle province siciliane (solo sospese le elezioni di maggio)
abbiamo ora il "nuovo che avanza " ........

Ora le chiamano auto di servizio, o meglio ancora auto aziendali.
In realtà, sono le tanto vituperate e contestate auto “blu”, che avevano giurato e spergiurato di non voler mai usare in nome dell’anticasta e del taglio dei privilegi.

Ma si sa, il potere dà alla testa a tutti, compresi i grillini che sul rigore hanno costruito una campagna di moralizzazione della politica.
Cos’è capitato?
Il vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana Antonio Venturino e il presidente della commissione Ambiente Giampiero Trizzino, entrambi grillini, si sono presentati alla base militare Usa di Sigonella a bordo di una velocissima vettura con lampeggiante.

Tali e quali i lori precedessori, con la differenza che gli altri non ostentavano sobrietà.

«Non è un’auto blu, ma di servizio», ha detto subito sulle difensive il vicepresidente dell’Ars, Antonino Venturino.
 
Lunedì Grasso (con bugie)




di Marco Travaglio | 27 marzo 2013 Commenti (1715)



Più informazioni su: Gian Carlo Caselli, Giulio Andreotti, Marcello Dell’Utri, Marco Travaglio, Massimo Ciancimino, Pietro Grasso.







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Nelle quasi due ore di intervista concordata per rispondere ai tre minuti che gli avevo dedicato a Servizio Pubblico, Corrado Formigli e Piero Grasso hanno detto moltissime cose. Tralascio, per palese irrilevanza, quelle dette da Formigli (a parte il rivendicare come “la cosa più normale del mondo” convocare con un tweet notturno un confronto fra la seconda carica dello Stato e un giornalista di un’altra testata, che fra l’altro non frequenta twitter). E passo immediatamente al presidente del Senato, che si conferma purtroppo un pubblico mentitore e approfitta del fatto che i suoi colleghi della Procura di Palermo non possono andare in tv a sbugiardarlo. Se però mi vorrà querelare, sono in molti che verrebbero volentieri a testimoniare sotto giuramento come sono andate le cose e dove sta la verità.
Balla n. 1: appello Andreotti. Grasso dice di non aver firmato né “vistato” l’atto di appello della sua Procura contro l’assoluzione di Andreotti in primo grado per motivi squisitamente tecnici, in quanto era stato sentito come testimone e la sua adesione all’appello avrebbe precluso ai giudici la possibilità di risentirlo in appello. È falso. Quando, nell’estate 2000, i procuratori aggiunti Scarpinato e Lo Forte gli consegnano il plico dell’impugnazione, Grasso rifiuta non solo di sottoscriverlo, ma anche di apporre il “visto” rituale, dicendo che non l’ha letto e non c’entra. Un gesto di plateale presa di distanze, che gli vale le lodi sperticate del Foglio di Ferrara e del Velino di Jannuzzi. Anziché respingere quegli imbarazzanti elogi, Grasso rilascia un’intervista al Quotidiano Nazionale e spiega che “forse, se avessi avuto più tempo a disposizione, avrei potuto collaborare anch’io alla stesura” (7.8.2000). E un’altra a La Stampa in cui boccia i processi della stagione Caselli, capace – a suo dire – di “ottenere condanne solo sulla stampa, nella fase delle operazioni di cattura, e non sempre nelle sedi giudiziarie e in via definitiva” (19.8.2000). Potrebbe dichiarare subito che il mancato visto è dovuto a un motivo squisitamente tecnico (il suo ruolo di ex testimone), ufficializzando così la sua vicinanza ai pm nel mirino per aver osato processare uno dei padroni d’Italia. Invece, col suo attacco a Caselli e ai processi eccellenti istruiti sotto la sua guida, li delegittima e li isola. Soltanto parecchio tempo dopo Grasso scoprirà improvvisamente di non aver firmato l’appello Andreotti (fra l’altro coronato dal successo di una sentenza d’Appello, poi confermata in Cassazione, che dichiarerà provata la mafiosità dell’ex premier fino al 1980) perché aveva testimoniato in primo grado. Una scusa puerile e infondata, sia perché nessuno pensava di richiamarlo a testimoniare in appello; sia perché, da procuratore nazionale antimafia, Grasso ha poi coordinato per anni varie indagini sulle stragi, in cui era stato chiamato a testimoniare più volte sui suoi rapporti con Falcone e sulla sua funzione di giudice del maxiprocesso, e non si è mai sognato di astenersi per quel motivo.
Balla n. 2: caso Giuffrè. Nel giugno 2002 si pente Antonino Giuffrè, boss delle Madonie, fedelissimo di Provenzano e membro della Cupola. Grasso dice che Giuffrè “valeva oro” perché sapeva tutto di tutti i livelli mafiosi. Dunque cosa fece? Non avvertì nessuno dei pm antimafia, né tantomeno le procure di Firenze e Caltanissetta che indagavano sulle stragi, e per ben tre mesi se lo gestì da solo, clandestinamente, insieme al fido aggiunto Pignatone e al fido sostituto Prestipino (all’altro aggiunto Lo Forte diede la notizia, ma negò l’accesso ai verbali). E lo interrogò “personalmente nel carcere di Novara”, ma “solo i sabati e le domeniche”: mossa geniale, quella di giocarsi 5 giorni su 7 a settimana, visto che la nuova legge sui pentiti dava ai pm solo 6 mesi di tempo per cavargli di bocca tutto quel che sapeva. Perché tanta segretezza?
Per evitare “fughe di notizie” che avrebbero messo a repentaglio la vita dei famigliari del neopentito: oltretutto – dice Grasso – “Giuffrè mi aveva parlato di talpe in Procura, che poi abbiamo individuato”. Se ne deduce che Grasso sospettava (senza prove) dei suoi colleghi, e perciò disattese la regola-Falcone della “circolazione delle informazioni” nei pool antimafia. Ma non basta: nei primi tre mesi (su sei a disposizione) interrogò Giuffrè quasi soltanto su certe estorsioni nelle Madonie, che porteranno all’arresto di una dozzina di pastori: la gallina delle uova d’oro che partorisce il topolino. Per annunciare i mirabolanti arresti, Grasso convocò una conferenza stampa il 20.9, svelando la collaborazione di Giuffrè “nuovo Buscetta”. Insomma, la fuga di notizie la fece il procuratore che ora dice di averla sventata, precludendo l’effetto sorpresa che poteva portare alla cattura di latitanti o al rinvenimento di prove decisive sui rapporti mafia-politica. Per questo tutta la Dda di Palermo “processò” Grasso che alla fine dovette capitolare: Giuffrè poteva essere sentito (giorno e notte, a tappe forzate, essendo rimasti solo tre mesi) dai pm dei processi eccellenti. A loro rivelò particolari importanti su Andreotti, B., Dell’Utri e trattativa, che Grasso non aveva chiesto. Non solo: consentì di individuare il referente mafioso delle talpe in Procura (che non erano pm, ma i marescialli Ciuro e Riolo): il costruttore Michele Aiello. La scoperta si deve ai pm Scarpinato, Lari, Russo, Paci, Piscitello, Guido e Tarondo che lo interrogarono a tutto campo il 12.11.2002. Lì Giuffrè rivelò che Aiello era un prestanome di Provenzano. Così Grasso e i suoi, due anni dopo, fecero arrestare lui e i marescialli-talpa. Dunque è falso che la segretezza su Giuffrè abbia consentito la scoperta delle talpe: al contrario, fu proprio quando Grasso dovette informare su Giuffrè i suoi pm che le talpe furono smascherate.
Balla n. 3: Ciancimino & C.Partito Grasso da Palermo nel 2005, dai cassetti della Procura saltano fuori un sacco di documenti dimenticati o trascurati sui rapporti mafia-politica. 1) Le intercettazioni dirette e/o indirette di telefonate del 2003-2004 fra il prestanome di Vito Ciancimino, il ragionier Lapis, e gli on. Cintola, Romano e Vizzini, in cui si parlava anche di Cuffaro, e che facevano ipotizzare una corruzione mafiosa. 2) Un pizzino di paternità incerta (Ciancimino? Riina? Provenzano? Un loro scriba?) con minacce e promesse di appoggio a B. in cambio di una tv Fininvest. Grasso l’altra sera si è fatto una risata: ai suoi tempi Massimo Ciancimino “non collaborava” e i Carabinieri o i suoi sostituti – lui, mai – “commisero degli errori o forse trascurarono qualcosa”. Già, ma era difficile che Ciancimino collaborasse, visto che la sua Procura non gli domandò nulla sulla trattativa. E non fece domande sulle carte sequestrate a Ciancimino jr. sulla trattativa: come il pizzino su B. e Dell’Utri (puntualmente segnalato dall’Arma alla Procura). Grasso dice che “non si sapeva chi l’avesse scritto, forse Provenzano o Riina”. Invece di indagare meglio, lo gettarono in uno scatolone, dove lo ritrovò un pm dopo la dipartita di Grasso.
Quanto alle telefonate dei/sui quattro politici, Grasso sostiene che non erano dirette, ma fra terze persone che accennavano a nomi di battesimo imprecisati: i Carabinieri non capirono che “Totò” era Cuffaro e “Saverio” era Romano (probabilmente pensarono al principe De Curtis e a Borrelli), dunque ignorarono i nastri “senza neppure trascriverli”. Ma neanche questo è vero: le telefonate erano fra Ciancimino jr., Lapis e tre politici. Grasso aggiunge che, in ogni caso, “Cintola è morto, Cuffaro è stato condannato, Romano è stato assolto e per Vizzini c’è una richiesta di archiviazione per prescrizione”, dunque la dimenticanza “non fu un gran danno”. Ne avesse azzeccata una: Cuffaro è stato condannato per altro (favoreggiamento mafioso) e Romano assolto per altro (concorso esterno). Sulla presunta corruzione mafiosa, Cuffaro è uscito dalle indagini; per Romano pende una richiesta di archiviazione per prescrizione; idem per Vizzini perchè il Parlamento ha negato l’uso di numerose intercettazioni. É incredibile che il Pna uscente ignori fatti così gravi. Se poi sul caso incombe il rischio di prescrizione, è proprio perchè le bobine furono ignorate nella sua gestione nel 2005 e scoperte dai suoi successori nel 2008, perdendo tre anni preziosi. In realtà i carabinieri obbedirono a una circolare diramata da Grasso il 26.11.2004 sulle intercettazioni di parlamentari su utenze di soggetti terzi: “Non dovranno essere riportate nelle richieste di intercettazioni o di proroga, né in qualsiasi altra nota… all’Autorità giudiziaria”, ma solo trasmesse con “note separate” alla Procura, mentre nei “brogliacci” si deve annotare solo che le intercettazioni esistono. Così, se un killer confida a un deputato che sta per uccidere qualcuno, la polizia non può riportare la conversazione nella richiesta di intercettare il killer, solo perché il killer ha preannunciato l’omicidio a un deputato. Senza la circolare, magari, i Carabinieri avrebbero segnalato alla Procura le telefonate dei politici. E la Procura di Grasso si sarebbe forse accorta per tempo della loro esistenza.
Balla n. 4: le querele minacciate. “Mai minacciato querele a Travaglio”, assicura Grasso. Invece il 10.1.2006 Grasso definì il libro Intoccabili. Perché la mafia è al potere (Bur) scritto da Lodato e da me “opera di disinformazione scientificamente organizzata” (non disse da chi) e aggiunse: “Non mancheranno le ‘sedi giudiziarie ed istituzionali in cui far trionfare la verità’”. Poi naturalmente se n’è tenuto alla larga.
Balla n. 5: l’amante del confronto. Grasso lamenta, sull’orlo delle lacrime, l’impossibilità di ottenere un confronto col sottoscritto. Se ciò fosse vero, accetterebbe il mio invito a dibattere con me a Servizio Pubblico, Otto e mezzo, al Tg di Mentana, o da Lerner. E, se ciò fosse vero, avrebbe risposto venerdì a Santoro che lo cercava tramite la batteria del Viminale, anziché fargli rispondere (l’indomani e da una segretaria) che era totalmente impegnato sabato e domenica (peccato che sabato fosse a Roma, ai funerali di Manganelli). Personalmente cerco un confronto con lui da dieci anni. Nell’estate 2003, quando ricostruii per MicroMega le drammatiche spaccature nate nella sua Procura (quelle che lui liquida come “normali dialettiche interne”, mentre lui si sforzava di “tenere unita la magistratura”), il direttore Flores d’Arcais lo invitò a un forum in redazione o a un confronto con Scarpinato. Ma Grasso declinò entrambi gli inviti. Idem quando molti dei suoi pm chiesero un confronto con lui dinanzi al Csm.
Balla n. 6: caso Schifani. Archiviato ai tempi di Grasso, Schifani è stato di nuovo indagato dopo la sua dipartita. E, contrariamente a quel che lui afferma, non è stato archiviato: la richiesta è ancora all’esame del gup Piergiorgio Morosini.
Balla n. 7: le leggi anti-Caselli. Dice Grasso che, contrariamente a quanto ho sostenuto a Servizio Pubblico, le tre leggi del governo Berlusconi nel 2005 per eliminare il suo concorrente Gian Carlo Caselli dal concorso per la Dna, non furono da lui “ottenute”. Gli piovvero in testa come la casa di Scajola: a sua insaputa. “Ottenere significa chiedere e io non ho mai chiesto niente”. Ma ottenere significa anche meritare. Si è mai domandato perché ha meritato tre norme (e da che governo!) contro il suo unico avversario, e dunque in suo favore? E perché i cinque membri laici del centrodestra al Csm votarono per lui? E perché, mentre il centrodestra cannoneggiava, spiava fin dentro i calzini, insultava, attaccava, faceva punire, chiedeva di trasferire, delegittimava tutti i magistrati più in vista d’Italia, e tutti i pm antimafia, elogiava, applaudiva, favoriva per legge e votava soltanto uno: lui? Grasso sostiene che le tre leggi non ebbero effetto perché il Csm avrebbe potuto procedere alla nomina del Pna in un plenum straordinario, in fretta e furia, prima che entrasse in vigore la terza e decisiva legge anti-Caselli. Il quale dunque “se la deve prendere con i colleghi che impedirono la decisione”. Balle: la commissione Incarichi direttivi dà 3 voti a lui e 3 a Caselli il 12 luglio 2005; e il 20 luglio viene approvata la legge: come può il plenum deliberare in una settimana, visto che uno dei relatori delle candidature deve ancora stendere le motivazioni? Inoltre la lettera che chiedeva il plenum straordinario su input del centrodestra era irricevibile, infatti non ebbe risposta dal vicepresidente Rognoni. La legge poi ebbe un effetto gravissimo: escludendo Caselli, gli impedì di ricorrere al Tar contro la nomina di Grasso vantando titoli e anzianità che Grasso si sognava. In ogni caso resta la questione di principio: un cultore della Costituzione come Grasso dovrebbe sapere che l’art. 105 affida le nomine dei magistrati al Csm senza interferenze del governo. E avrebbe dovuto rifiutare quel concorso truccato a suo favore. Invece ne approfittò senza batter ciglio, salvo poi – quando la Consulta dichiarò incostituzionale l’ultima norma – riconoscere che sì “era stata contro Caselli e a favore mio”, ma conservando la poltrona. Ottenuta, sì “ottenuta” in quel modo scandaloso.
* * *
Esaurito – per esigenze di sintesi e per ora (il resto domani a Servizio Pubblico) – il capitolo-balle, e sorvolando sul paragone tra le critiche di un giornalista e le minacce dei mafiosi alla sua famiglia, restano un paio di violenze alla logica che confermano platealmente la sua fama di italianissimo furbo, una sorta di Alberto Sordi della toga.
8. Premio antimafia a B. È stato tutto un equivoco, colpa di “quei birbanti de La Zanzara”. Ma per non cadere nel presunto tranello, anziché dire e ripetere che B. merita “un premio speciale” antimafia, bastava rispondere: “No, nessun premio a chi dice che Mangano è un eroe e che i magistrati sono matti, antropologicamente diversi dalla razza umana, golpisti, cancro della democrazia”. Nessuno avrebbe equivocato.
9. Processi & (in)successi. Se un pm si chiama Ingroia o Caselli o Gozzo e si vede condannare un imputato, tipo Dell’Utri, per Grasso “non deve viverlo come un successo”. Anzi, come una sconfitta, perché il processo “è durato troppo”. Se invece l’imputato si chiama Cuffaro e viene condannato e il pm si chiama Grasso, allora è un trionfo: la prova che il suo “metodo” è quello giusto, mentre quello degli altri era sbagliato, viziato da “processi gogna” a politici poi assolti, dunque da non processare proprio (ma i processi non servono proprio a stabilire se uno è colpevole o è innocente?). Quali? “Non è elegante fare nomi”. Invece i nomi dei suoi imputati politici Grasso li fa eccome e molto elegantemente. Tanto ce n’è solo uno: Cuffaro. Anzi no, ha sgominato anche un altro pezzo da 90: “Vincenzo Lo Giudice detto Mangialasagne”, nientemeno che consigliere regionale Udc. E qualcuno osa insinuare che si sia tenuto a distanza dalle indagini sulla politica?
10. Applausi da B. e Dell’Utri. Se B. applaude il suo discorso al Senato e se Dell’Utri si spertica in elogi in ogni intervista, è colpa del Fatto che chiede pareri su di lui a “persone non in auge dal punto di vista dell’opinione pubblica”. Ma Dell’Utri, prima che lo intervistassimo, aveva già esternato qua e là in difesa di Grasso: “È equilibrato, un uomo di Stato. Lui sa chi sono io… Grasso è brava persona, sono contento per la sua elezione a presidente del Senato… Non è un magistrato fanatico come Ingroia”. E già nel 2004 gli aveva dipinto un impareggiabile ritratto umano: “Grasso, quando era giovane, giocava a calcio nella mia squadra, la Bacigalupo, ed era famoso perché a fine partita usciva sempre pulito dal campo: anche quando c’era il fango, lui riusciva sempre a non schizzarsi…”. Comunque, promesso: la prossima volta che ci servirà un parere su Piero Grasso, chiederemo direttamente a Piero Grasso.
Il Fatto Quotidiano, 27 marzo 2013




GRAsso dimettiti
 
hai un posto assicurato da "traduttore" :lol::lol:



non conosco le lingue ma è stato piacevole vedere quella merdina di professorino mezza sega, che risponde solo se ha sotto mano tutti i foglietti messi in ordine cronologico, che si sentiva il Re Sole, trattato come l'ultimo dei cretini......sbagliando perchè in effetti è fra i primi......
 

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