Dato che l’economia più sana d’Europa è quella tedesca è naturale confrontarsi con
essa:
l’Italia spende 2,2 punti in più in servizi generali, lo 0,3% in difesa, altrettanto
in ordine pubblico, lo 0,1% in più per l’ambiente, lo 0,4% in sanità, lo 0,2% per l’istru-
zione. Si tratta del 3,5% del PIL. D’altra parte, lo Stato Italiano spende 0,2 punti per-
centuali in meno in protezione sociale, e l’1% in meno in affari economici, e la spesa è
complessivamente del 2,5% di PIL superiore, circa 40 miliardi di euro.
Siccome risulta che in nessun ambito, dalla sanità all’istruzione, la Germania stia die-
tro all’Italia dal punto di vista della qualità del servizio, 9 queste spese in eccesso sono
in buona parte definibili come sprechi che non hanno una giustificazione economica
e che rappresentano dunque soltanto una palla al piede, in termini di tasse e debito,
per l’intera economia – anche se ciò che uno chiama spreco, un altro lo chiama rendi-
ta, ed è proprio la resistenza dei beneficiari degli “sprechi” a spiegare le enormi diffi-
coltà politiche che si incontrano nel tentativo di rimuoverli.
Quanto della spesa per interessi dipende dallo spread e quanto dal debito? La doman-
da non è del tutto ben posta perché lo spread dipende dal debito, quindi le due cose
non sono indipendenti. Ma è istruttivo valutarle una per volta.
La Germania paga in media il 3,2% di interesse sul debito, mentre l’Italia (dati 2011)
paga il 4%. Nello stesso anno, la Germania aveva un debito dell’81%, contro il 120%
italiano. Se l’Italia avesse la credibilità necessaria per indebitarsi al costo tedesco, la
spesa italiana per il debito sarebbe il 3,8% del PIL, cioè 1% in meno (16 miliardi). Se
invece avessimo lo stesso debito, la spesa per interessi sarebbe il 3,2%, cioè l’1,6%
in meno.
Lo spread non influenza immediatamente il costo del debito per via delle lunghe sca -
denze, per giunta scaglionate, dei titoli di debito pubblico. E se la buona notizia è che
l’interesse medio sul debito non salirà subito ai valori impliciti agli attuali spread, la
cattiva è che il costo medio del debito non scenderebbe rapidamente se si facessero
le riforme e si stabilizzassero i conti. L’importante è comunque frenare lo spread il pri-
ma possibile, altrimenti gli attuali livelli del costo del debito si ripercuoteranno per in-
tero sul tasso di interesse medio pagato su di esso.
Vendere patrimonio per un ammonetare pari al 10% di PIL (160 miliardi di euro) fareb-
be scendere il costo del debito di 0,4% punti di PIL, cioè oltre 6 miliardi. Una riduzio-
ne del tasso di interesse medio sul debito dello 0,2% aggiungerebbe un altro 0,2% di
PIL, per un totale di circa 10 miliardi di euro.
http://www.brunoleonimedia.it/public/Papers/IBL-SR-Spesa_Pubblica.pdf