giuseppe.d'orta
Forumer storico
Riceviamo una nota dell'analista finanziario, Paolo Sassetti, membro dell’Aiaf e autore di diverse pubblicazioni “controcorrente” sul mondo della finanza e del risparmio gestito.
La novita’ annunciata dalla Banca d'Italia sulle modalità di calcolo delle commissioni di performance dei fondi comuni d'investimento fara’ certamente una vittima a breve termine... anche se ancora non possiamo conoscere quale delle due: il collocamento Azimut, previsto per fine Giugno, o la trasparenza dei mercati (sacrificata al primo).
Infatti, per i suoi fondi comuni Azimut applica commissioni di performance senza benchmark, modalita’ di calcolo che verra’ vietata dalla nuova regolamentazione annunciata dalla Banca d'Italia. I conti economici aziendali riportati nel Prospetto Informativo dovrebbero offrire una rappresentazione realistica della capacita’ "normale" di reddito di una società quotanda. Questo richiama l'esigenza di una rappresentazione pro-forma dei conti economici storici della Societa’, normalizzati in base ai cambiamenti normativi annunciati.
I conti economici storici ufficiali di Azimut ormai non sono piu’ da considerarsi significativi ai fini di una corretta rappresentazione del suo valore aziendale che si basa sui flussi attesi futuri e non passati di reddito. I valori del collocamento stimati prima dell'annuncio della Banca d'Italia debbono ragionevolmente giudicarsi inflazionati rispetto a quelli "normalizzati". Gli investitori dovrebbero essere messi nelle condizioni di poter ricalcolare un nuovo valore "fair" per il collocamento attraverso una riclassificazione pro-forma dei dati storici.
Sono le piccole cose di cui dovrebbe occuparsi un'Authority finanziaria come la Consob che abbia veramente a cuore l'interesse dell'integrita’ dei mercati finanziari.
Circa il 90% dell'utile lordo di Azimut dipende dalle commissioni di performance calcolate secondo il regime in vigore che, tuttavia, la Banca d'Italia ha annunciato di voler riformare.
Ma non e’ tutto: il patrimonio netto della società a Marzo 2004 ammontava a 1,6 milioni (milioni non miliardi!) di euro perche’ il patrimonio netto era stata azzerato dagli oneri finanziari e dall'ammortamento dell'avviamento del leveraged buy out con cui la societa’ era stata acquisita ad un prezzo di 450 milioni di euro due anni prima. Ma, poiche’ la matematica non e’ un'opinione, se un leveraged buy out non riesce a coprire gli oneri finanziari vuol dire che il prezzo complessivo di acquisizione dell'azienda e’ stato troppo elevato oppure che il suo ROI (Return On Investments) e’ piu’ basso del costo dell'indebitamento, il che, ancora una volta indica un prezzo di acquisizione troppo elevato. E, allora, perche’ il prezzo di collocamento in borsa e’ addirittura il doppio di 450 milioni? E questo con masse in gestione sostanzialmente stabili, un trend di settore in palese rallentamento e 400 milioni di indebitamento netto? Gia’ in partenza eravamo di fronte ad una situazione a dir poco sconcertante. Figuriamoci adesso che la principale fonte dei ricavi aziendali e’ destinata a venire meno con la riforma anticipata dalla Banca d'Italia.
La Borsa Italiana ha avuto una grande fretta nell'annunciare la quotazione. Prendendo in contropiede la Consob? Forse. Business is business ... anche se si rischia di trattare nuovamente il mercato azionario come una discarica dei figli indesiderati, come durante la New Economy. Vendere come oro un'azienda che deve ricapitalizzarsi per non portare i libri in tribunale a causa dell'azzeramento del capitale e’ un bel risultato della comunicazione...
Il tutto, purtroppo, si commenta da se'. Sta incubando un altro scandalo dell'opacita’ della finanza italiana nel silenzio piu’ generalizzato. Ne faranno le spese, ancora una volta, i risparmiatori.
http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=85521
La novita’ annunciata dalla Banca d'Italia sulle modalità di calcolo delle commissioni di performance dei fondi comuni d'investimento fara’ certamente una vittima a breve termine... anche se ancora non possiamo conoscere quale delle due: il collocamento Azimut, previsto per fine Giugno, o la trasparenza dei mercati (sacrificata al primo).
Infatti, per i suoi fondi comuni Azimut applica commissioni di performance senza benchmark, modalita’ di calcolo che verra’ vietata dalla nuova regolamentazione annunciata dalla Banca d'Italia. I conti economici aziendali riportati nel Prospetto Informativo dovrebbero offrire una rappresentazione realistica della capacita’ "normale" di reddito di una società quotanda. Questo richiama l'esigenza di una rappresentazione pro-forma dei conti economici storici della Societa’, normalizzati in base ai cambiamenti normativi annunciati.
I conti economici storici ufficiali di Azimut ormai non sono piu’ da considerarsi significativi ai fini di una corretta rappresentazione del suo valore aziendale che si basa sui flussi attesi futuri e non passati di reddito. I valori del collocamento stimati prima dell'annuncio della Banca d'Italia debbono ragionevolmente giudicarsi inflazionati rispetto a quelli "normalizzati". Gli investitori dovrebbero essere messi nelle condizioni di poter ricalcolare un nuovo valore "fair" per il collocamento attraverso una riclassificazione pro-forma dei dati storici.
Sono le piccole cose di cui dovrebbe occuparsi un'Authority finanziaria come la Consob che abbia veramente a cuore l'interesse dell'integrita’ dei mercati finanziari.
Circa il 90% dell'utile lordo di Azimut dipende dalle commissioni di performance calcolate secondo il regime in vigore che, tuttavia, la Banca d'Italia ha annunciato di voler riformare.
Ma non e’ tutto: il patrimonio netto della società a Marzo 2004 ammontava a 1,6 milioni (milioni non miliardi!) di euro perche’ il patrimonio netto era stata azzerato dagli oneri finanziari e dall'ammortamento dell'avviamento del leveraged buy out con cui la societa’ era stata acquisita ad un prezzo di 450 milioni di euro due anni prima. Ma, poiche’ la matematica non e’ un'opinione, se un leveraged buy out non riesce a coprire gli oneri finanziari vuol dire che il prezzo complessivo di acquisizione dell'azienda e’ stato troppo elevato oppure che il suo ROI (Return On Investments) e’ piu’ basso del costo dell'indebitamento, il che, ancora una volta indica un prezzo di acquisizione troppo elevato. E, allora, perche’ il prezzo di collocamento in borsa e’ addirittura il doppio di 450 milioni? E questo con masse in gestione sostanzialmente stabili, un trend di settore in palese rallentamento e 400 milioni di indebitamento netto? Gia’ in partenza eravamo di fronte ad una situazione a dir poco sconcertante. Figuriamoci adesso che la principale fonte dei ricavi aziendali e’ destinata a venire meno con la riforma anticipata dalla Banca d'Italia.
La Borsa Italiana ha avuto una grande fretta nell'annunciare la quotazione. Prendendo in contropiede la Consob? Forse. Business is business ... anche se si rischia di trattare nuovamente il mercato azionario come una discarica dei figli indesiderati, come durante la New Economy. Vendere come oro un'azienda che deve ricapitalizzarsi per non portare i libri in tribunale a causa dell'azzeramento del capitale e’ un bel risultato della comunicazione...
Il tutto, purtroppo, si commenta da se'. Sta incubando un altro scandalo dell'opacita’ della finanza italiana nel silenzio piu’ generalizzato. Ne faranno le spese, ancora una volta, i risparmiatori.
http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=85521