«I ministri dell’Eurogruppo non hanno nemmeno preso in considerazione l’eventualità di un default della Grecia», così il ministro delle Finanze spagnolo, Elena Salgado, al termine dell’inutile vertice Ecofin dello scorso fine settimana in Polonia. Complimenti, c’è proprio da vantarsi di questa miopia criminale, visto che la Grecia potrebbe andare in default proprio domani. Tra poco, vi spiegherò motivi e conseguenze di questa ipotesi, ma prima giova ricordare chi ha la mano sul grilletto.
Sempre al termine del vertice Ue, Giulio Tremonti ha onestamente riconosciuto che «la capacità dell’Europa di trovare la via per uscire dalla crisi, in questo momento dipende molto dalla Germania, dalle decisioni e dalle posizioni che saranno prese nei prossimi giorni». E come ha risposto Berlino alla crisi europea, una volta chiusi i battenti dell’europagliacciata polacca? Per Jens Weidmann, membro del comitato esecutivo della Bce e numero uno della Bundesbank, «è sbagliato abbandonare tutti i principi di politica monetaria citando un’emergenza generale. Una volta che la gente comincia a utilizzare la politica monetaria, a quel punto ci saranno sempre ragioni che suggeriscono che questo utilizzo può continuare». (parole santissime, aggiunge rc)
E anche dalla Csu, i cristiano sociali bavaresi alleati fondamentali della Merkel, non sono arrivate parole di zucchero per la Grecia: «Se Atene non può o non vuole mantenersi in linea con il piano di salvataggio, allora non dovremmo aspettare che siano i mercati finanziari a costringerci a guardare in faccia la realtà. Un’uscita della Grecia dall’Eurozona deve essere plausibile». E, infine, ecco Wolfgang Schauble, ministro delle Finanze tedesco: «Non pensiamo che i problemi sociali e dell’economia reale debbano essere risolti attraverso mezzi di politica monetaria. Non è mai stato il modello europeo e mai lo sarà».
Una chiara e piccata risposta al segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, ospite non gradito al vertice Ecofin, il quale aveva esortato l’Europa a espandere e attivare immediatamente il fondo Efsf, anche attraverso la leva finanziaria. Un bell’azzardo quello tedesco, visto che solo quattro giorni fa la Fed ha dato il suo assenso a una fornitura di liquidità in dollari attraverso tre operazioni da qui alla fine dell’anno insieme a Bce, Bank of England, Bank of Japan e Banca centrale svizzera per togliere dai guai le banche europee strozzate dai 40 giorni consecutivi di ampliamento dello spread Libor US Dollar a 3 mesi, principale fonte di rifinanziamento per quegli istituti allegramenti indebitatosi in biglietti verdi quando le cose andavano bene. E se alla luce della poco garbata accoglienza riservata a Geithner, il principale stampatore al mondo di dollari decidesse di chiudere del tutto quelle già espanse linee di swap? Addio a Dexia o Societe Generale o Ubs.
Non so se i tedeschi hanno pensato bene alle conseguenze delle loro parole e azioni, questa volta, visto che stando a uno studio dell’istituto di ricerca Diw le dieci maggiori banche tedesche, da sole, hanno bisogno di ulteriori capitali per 127 miliardi di euro. Tanto più che, come anticipato, domani potrebbe essere il “D-day” della Grecia, dove la “d” sta per default. Già, perché domani, 20 settembre, Atene va incontro al pagamento dei coupon di due grandi obbligazioni, quella al 4,5% scadenza 2037 e quella al 4,6% scadenza 2040, un totale di 769 milioni di euro. Insomma, se il nulla di fatto polacco, con tanto di decisione di posporre la decisione sulla prossima tranche di aiuti al mese di ottobre, era figlio dell’accettazione di una realtà ormai acclarata, il Fmi potrebbe decidere a sua volta di evitare di buttare un altro miliardino di euro nel bagno e domani sarebbe il giorno ideale.
Tanto più che il premier greco, Georges Papandreou, sabato, quando si trovava già a Londra in attesa del volo per New York, ha annullato la partecipazione alla riunione dell’Onu in programma ieri e, soprattutto, i colloqui diretti a Washington con il Fmi, previsti proprio per domani, a causa dell’aggravarsi della situazione in patria, sfociata domenica in una mega-riunione interministeriale (preparazione al default, in tutte le sue componenti, compreso l’ordine pubblico?). Il Fondo, dal canto suo, ha già ritardato l’approvazione della concessione di una nuova tranche, riprogrammando le sue riunioni per due volte di fila e casualmente fissandole ora per domani e mercoledì: solo una coincidenza o il miglior modo possibile per preparare nuove politiche di emergenze, rese necessarie dal fatto che Atene domani non pagherà quei coupon per mancanza di fondi?
Inoltre, sempre domani scatta il roll per i cds sul debito greco. Il 21 settembre, tutti i cds settembre 2011 scadranno e c’è il timore che le banche detengano più protezione di quanta ne abbiano venduta sulla data del 20 settembre, quindi il fatto che la Grecia faccia default domani, mentre quei contratti sono ancora attivi, rappresenta un beneficio netto per il sistema bancario commerciale, visto che gli hedge funds non sono coinvolti nell’operazione o hanno già venduto le loro protezioni per coprire gli short su altre posizioni sovrane: alla faccia della speculazione brutta e cattiva!
Alla luce di questa realtà, le parole di Elena Salgado – «I ministri dell’Eurogruppo non hanno nemmeno preso in considerazione l’eventualità di un default della Grecia» – suonano tanto irresponsabili, quanto folli: o i leader dell’Europa sono tanto stupidi da non capire quale sia la realtà o sono così pazzi da lasciare che sia il mercato a staccare la spina, con conseguenze devastanti. In ogni caso, il meeting polacco dello scorso weekend è stato la dimostrazione della pochezza e dell’insipienza di una classe politica europea che dovrebbe andare – in blocco – a casa a vergognarsi, come chiesto dall’ex presidente della Commissione Ue, Jacques Delors, definitosi “indignato” per il modo in cui sono stati gestiti i lavori del vertice.
Vediamo ora, in breve e sintetizzate, alcune delle principali conseguenze del default greco, anche se ovviamente Ue e Fmi non lo denomineranno così ma con qualche formula più esotica e rassicurante come “implementazione del piano di rigore” o simile. Un default greco innalzerebbe immediatamente la pressione su Portogallo e Irlanda, già nel programma di salvataggio, poiché gli investitori avrebbero la percezione chiara che un precedente è stato creato. I rendimenti del debito dell’Eurozona periferica salirebbero, rendendo i costi per il finanziamento sempre più insostenibili per alcuni membri e con gli yields italiani e spagnoli destinati a tornare a quota 7%.