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Forumer storico
MERCENARI AMERICANI PER TENTARE UN COLPO DI STATO IN BOLIVIA: LA RIVELAZIONE DAGLI STATI UNITI
18 Giugno 2021
Michele Crudelini
La Bolivia sembra essere stata al centro di un colpo di Stato gestito dall’esterno per sovvertire l’esito delle ultime elezioni presidenziali.
Un piano che avrebbe avuto un supporto decisivo da parte degli Stati Uniti d’America.
Piano di regime change per la Bolivia
È quanto emerge da una recente indagine del The Intercept, un giornale di inchiesta americano, che sarebbe venuto in possesso di alcuni file audio e delle email scambiate tra rappresentanti delle istituzioni boliviane e dell’esercito.
Secondo le intercettazioni l’ex Ministro della difesa Luis Fernando Lopez insieme all’ex ministro degli interni Arturo Murillo si sarebbero messi in contatto con Joe Pereira, già consulente dell’esercito americano, nel tentativo di organizzare l’invio di mercenari statunitensi in Bolivia per evitare che il partito socialista ritornasse al potere dopo la vittoria alle elezioni dell’ottobre del 2020.
A questo punto occorre però fare un passo indietro per comprendere tutti gli sconvolgimenti che hanno scosso questo Paese negli ultimi due anni.
I due anni tormentati della Bolivia
Nell’ottobre del 2019 infatti il presidente socialista Evo Morales, dopo 14 anni di Presidenza, aveva ancora trionfato a seguito di elezioni contestate dalle forze di opposizione. Proteste che si erano diffuse fino nei ranghi dell’esercito, già precedentemente in rotta con il Presidente, e che hanno quindi portato all’organizzazione di una rivolta contro Evo Morales, costretto infine ad abbandonare la carica e ad andare in esilio.
La fine della Presidenza Morales non era però stata seguita da nuove elezioni, ma dalla presa arbitraria del potere da parte di Jeanine Anez, esponente del Movimento democratico sociale, un partito di ispirazione liberista. Sotto la presidenza Anez la politica boliviana è cambiata così radicalmente.
È stato infatti subito richiesto l’intervento del Fondo Monetario Internazionale, che ha concesso un prestito di quasi mezzo miliardo di dollari, in cambio dell’applicazione di alcune riforme.
Apertura agli investimenti esteri, privatizzazione delle società in mano pubblica e riduzione delle tasse per i grandi imprenditori. Sono state poi interrotte le relazioni diplomatiche con Paesi alleati storici della Bolivia, come Cuba e il Venezuela.
La repressione e le nuove elezioni
Il nuovo corso della politica boliviana ha innescato però un’ondata di protesta in particolare tra il gruppo chiamato cocalero, i coltivatori della pianta di coca in Bolivia, che tuttavia sono stati violentemente repressi dal Governo, causando la morte di oltre 30 manifestanti.
Si sono svolte infine le attese elezioni presidenziali lo scorso ottobre 2020 che hanno visto la totale disfatta di Jeanine Anez, con il contemporaneo trionfo di Luis Arce, esponente del movimento socialista e già ministro dell’economia sotto la presidenza Morales.
Arriviamo così al tentativo di colpo di Stato orchestrato dai ministri del Governo Anez e i contractors americani, pronti a quanto riferiscono le intercettazioni, a mobilitare 10.000 soldati nel Paese. Il piano è però saltato e Luis Arce è rimasto saldamente alla guida del Paese. Non sono ancora del tutto chiari i motivi che hanno portato al tramonto del colpo di Stato.
Potrebbero esserci state alcune divergenze tra lo stesso ex Ministro della difesa Lopez e l’ex ministro degli interni Murillo.
Il litio al centro degli interessi delle potenze straniere
Potrebbero essere invece più evidenti i motivi che hanno portato gli Stati Uniti ad interessarsi così da vicino al destino dello Stato latinoamericano. La Bolivia possiede infatti tra i più grandi giacimenti di litio al mondo, materiale fondamentale per le batterie dei cellulari, dei tablet e delle macchine elettriche.
E con i socialisti al potere questi giacimenti sono stati esclusivamente gestiti e sfruttati dalle aziende di Stato boliviane, che ha dato le uniche concessioni ad una società tedesca e ad una cinese, lasciando quindi fuori gli americani da questo giro di affari.
E questo smacco unito alla progressiva vicinanza di Pechino con La Paz potrebbe aver fatto scattare la scintilla per tentare di influenzare gli eventi politici del Paese negli ultimi due anni. I giornalisti di inchiesta americani ci dicono che il colpo di stato è momentaneamente tramontato, ma il litio resta una risorsa preziosa e il desiderio di cambiare regime in Bolivia potrebbe tornare da un momento all’altro.
18 Giugno 2021
Michele Crudelini
La Bolivia sembra essere stata al centro di un colpo di Stato gestito dall’esterno per sovvertire l’esito delle ultime elezioni presidenziali.
Un piano che avrebbe avuto un supporto decisivo da parte degli Stati Uniti d’America.
Piano di regime change per la Bolivia
È quanto emerge da una recente indagine del The Intercept, un giornale di inchiesta americano, che sarebbe venuto in possesso di alcuni file audio e delle email scambiate tra rappresentanti delle istituzioni boliviane e dell’esercito.
Secondo le intercettazioni l’ex Ministro della difesa Luis Fernando Lopez insieme all’ex ministro degli interni Arturo Murillo si sarebbero messi in contatto con Joe Pereira, già consulente dell’esercito americano, nel tentativo di organizzare l’invio di mercenari statunitensi in Bolivia per evitare che il partito socialista ritornasse al potere dopo la vittoria alle elezioni dell’ottobre del 2020.
A questo punto occorre però fare un passo indietro per comprendere tutti gli sconvolgimenti che hanno scosso questo Paese negli ultimi due anni.
I due anni tormentati della Bolivia
Nell’ottobre del 2019 infatti il presidente socialista Evo Morales, dopo 14 anni di Presidenza, aveva ancora trionfato a seguito di elezioni contestate dalle forze di opposizione. Proteste che si erano diffuse fino nei ranghi dell’esercito, già precedentemente in rotta con il Presidente, e che hanno quindi portato all’organizzazione di una rivolta contro Evo Morales, costretto infine ad abbandonare la carica e ad andare in esilio.
La fine della Presidenza Morales non era però stata seguita da nuove elezioni, ma dalla presa arbitraria del potere da parte di Jeanine Anez, esponente del Movimento democratico sociale, un partito di ispirazione liberista. Sotto la presidenza Anez la politica boliviana è cambiata così radicalmente.
È stato infatti subito richiesto l’intervento del Fondo Monetario Internazionale, che ha concesso un prestito di quasi mezzo miliardo di dollari, in cambio dell’applicazione di alcune riforme.
Apertura agli investimenti esteri, privatizzazione delle società in mano pubblica e riduzione delle tasse per i grandi imprenditori. Sono state poi interrotte le relazioni diplomatiche con Paesi alleati storici della Bolivia, come Cuba e il Venezuela.
La repressione e le nuove elezioni
Il nuovo corso della politica boliviana ha innescato però un’ondata di protesta in particolare tra il gruppo chiamato cocalero, i coltivatori della pianta di coca in Bolivia, che tuttavia sono stati violentemente repressi dal Governo, causando la morte di oltre 30 manifestanti.
Si sono svolte infine le attese elezioni presidenziali lo scorso ottobre 2020 che hanno visto la totale disfatta di Jeanine Anez, con il contemporaneo trionfo di Luis Arce, esponente del movimento socialista e già ministro dell’economia sotto la presidenza Morales.
Arriviamo così al tentativo di colpo di Stato orchestrato dai ministri del Governo Anez e i contractors americani, pronti a quanto riferiscono le intercettazioni, a mobilitare 10.000 soldati nel Paese. Il piano è però saltato e Luis Arce è rimasto saldamente alla guida del Paese. Non sono ancora del tutto chiari i motivi che hanno portato al tramonto del colpo di Stato.
Potrebbero esserci state alcune divergenze tra lo stesso ex Ministro della difesa Lopez e l’ex ministro degli interni Murillo.
Il litio al centro degli interessi delle potenze straniere
Potrebbero essere invece più evidenti i motivi che hanno portato gli Stati Uniti ad interessarsi così da vicino al destino dello Stato latinoamericano. La Bolivia possiede infatti tra i più grandi giacimenti di litio al mondo, materiale fondamentale per le batterie dei cellulari, dei tablet e delle macchine elettriche.
E con i socialisti al potere questi giacimenti sono stati esclusivamente gestiti e sfruttati dalle aziende di Stato boliviane, che ha dato le uniche concessioni ad una società tedesca e ad una cinese, lasciando quindi fuori gli americani da questo giro di affari.
E questo smacco unito alla progressiva vicinanza di Pechino con La Paz potrebbe aver fatto scattare la scintilla per tentare di influenzare gli eventi politici del Paese negli ultimi due anni. I giornalisti di inchiesta americani ci dicono che il colpo di stato è momentaneamente tramontato, ma il litio resta una risorsa preziosa e il desiderio di cambiare regime in Bolivia potrebbe tornare da un momento all’altro.