tontolina
Forumer storico
I soloni di Deutsche Bank (ma guarda da che pulpito deve venire la lezione!) ci ricordano che il mercato Usa e’ overcrowded, cioe’ e’ sovraesposto sulle azioni rispetto alle altre asset class.
Storicamente solo nel 5% dei casi il posizionamento in azioni e’ stato piu’ estremo di quello attuale.
Sempre la recente analisi di Deutsche Bank ci conferma anche che i big funds e le big commercial banks sono prigioniere delle strategie sistematiche, cioe’ delle strategie - da loro stesse create e implementate - sensibili agli algoritmi inseriti nei programmi dei loro computer. Sono questi software a spingere sempre piu’ su i mercati: rialzi chiamano altri rialzi (e ribassi futuri chiameranno altri ribassi).
Tuttavia, il problema che il mercato sia overcrowded non è l'unica stortura. Esso è anche troppo concentrato su pochissimi titoli, cinque per la precisione:
1) Apple, che pesa per il 4,80% dello S&P500;
2) Microsoft; per il 4,60%;
3) Alphabet, per il 3,20%;
4) Amazon, per il 2,90%;
5) Facebook, per il 2%.
Insomma, il 18% della capitalizzazione dello S&P500 e’ fortemente nelle mani dei suddetti Big Five.
Ciò significa che l’1% dell’indice è capace di orientare la performance del 18% dello stesso; e ciò, con tutta evidenza, non appare fisiologico.
Stesso discorso vale per l'indice Russel 1000 in cui le prime 10 companies pesano per il 22% della capitalizzazione complessiva dell’indice.
A cosa risulta sensibile la fluttuazione di questi titoli?
Dalla ricerca emerge che i tassi di interesse sono l'elemento capace di attivare i suddetti algoritmi.
In particolare, un aumento di oltre due standard deviation dei tassi di interesse dei Treasury a 10 anni, pari a 34 bps, potrebbe attivare le vendite sistematiche.
Dunque, in un contesto in cui il mercato scorga una importante ripresa economica e si registri un irripidimento della curva dei rendimenti, potrebbe scattare l'evento trigger. uno scarto di 34 bps sarebbe ancora pochino per scatenare l'inferno.
Ma il ragionamento è in linea di massima condivisibile.
Almeno è sempre stato così in passato.
E' il motivo per cui teniamo sempre monitorata la curva dei tassi.
Storicamente solo nel 5% dei casi il posizionamento in azioni e’ stato piu’ estremo di quello attuale.
Sempre la recente analisi di Deutsche Bank ci conferma anche che i big funds e le big commercial banks sono prigioniere delle strategie sistematiche, cioe’ delle strategie - da loro stesse create e implementate - sensibili agli algoritmi inseriti nei programmi dei loro computer. Sono questi software a spingere sempre piu’ su i mercati: rialzi chiamano altri rialzi (e ribassi futuri chiameranno altri ribassi).
Tuttavia, il problema che il mercato sia overcrowded non è l'unica stortura. Esso è anche troppo concentrato su pochissimi titoli, cinque per la precisione:
1) Apple, che pesa per il 4,80% dello S&P500;
2) Microsoft; per il 4,60%;
3) Alphabet, per il 3,20%;
4) Amazon, per il 2,90%;
5) Facebook, per il 2%.
Insomma, il 18% della capitalizzazione dello S&P500 e’ fortemente nelle mani dei suddetti Big Five.
Ciò significa che l’1% dell’indice è capace di orientare la performance del 18% dello stesso; e ciò, con tutta evidenza, non appare fisiologico.
Stesso discorso vale per l'indice Russel 1000 in cui le prime 10 companies pesano per il 22% della capitalizzazione complessiva dell’indice.
A cosa risulta sensibile la fluttuazione di questi titoli?
Dalla ricerca emerge che i tassi di interesse sono l'elemento capace di attivare i suddetti algoritmi.
In particolare, un aumento di oltre due standard deviation dei tassi di interesse dei Treasury a 10 anni, pari a 34 bps, potrebbe attivare le vendite sistematiche.
Dunque, in un contesto in cui il mercato scorga una importante ripresa economica e si registri un irripidimento della curva dei rendimenti, potrebbe scattare l'evento trigger. uno scarto di 34 bps sarebbe ancora pochino per scatenare l'inferno.
Ma il ragionamento è in linea di massima condivisibile.
Almeno è sempre stato così in passato.
E' il motivo per cui teniamo sempre monitorata la curva dei tassi.