da bim
Con un leggero anticipo rispetto ai livelli indicati la settimana scorsa l’indice S&P500 ha fornito un
buon segnale di reazione dopo il non brillante avvio d’anno. Tanto più se venisse rotta al rialzo la
resistenza posta in area 1800-1810 si configurerebbe un miglioramento sul fronte tattico, anche
perché con la correzione delle ultime due settimane si sono scaricati gli indicatori di sentiment,
piuttosto tirati dopo il prolungato rialzo degli ultimi mesi del 2013.
L’impressione è che sia nuovamente mutato il paradigma di riferimento, con i mercati finanziari
(che si tratti del segmento obbligazionario, del comparto equity piuttosto che dell’oro) guidati
principalmente dalle aspettative di politica monetaria. Sembra andare in questa direzione la
reazione positiva degli operatori ai deboli dati sul mercato del lavoro di venerdì scorso (per
quanto questi ultimi siano probabilmente stati influenzati dalle avverse condizioni meteo ed il
rapporto contenesse anche alcune indicazioni positive, come l’aumento del tasso di
partecipazione).
A questo proposito l’attenzione degli operatori era focalizzata sull’audizione alla Camera del
nuovo presidente della FED, Janet Yellen (che replicherà giovedì al Senato). Considerata
l’occasione la Yellen ha fatto, in linea con le attese, un intervento equilibrato, ma comunque a
supporto di una linea decisamente accomodante da parte della FED:
- nel 2014 e nel 2015 vi sarà una crescita moderata di economia e lavoro;
- la ripresa del mercato del lavoro è lontana dall’essere completa;
- i tassi di interesse resteranno bassi ben oltre il livello del 6.5% del tasso di
disoccupazione;
- il processo di rientro dal QE da parte della FED non è un percorso
predefinito.
Se può guidare i mercati sul breve termine (anche per qualche mese) il paradigma della liquidità
non è però sostenibile sul medio periodo (cioè su orizzonte temporale che si sposta a fine anno):
infatti, lo scenario dei tassi di interesse al ribasso e mercati azionari al rialzo aveva una sua logica
nella fase inziale del ciclo, ma diventa difficile da giustificare al 6° anno di politica monetaria
espansiva. Giunti a questa fase del ciclo e con gli attuali livelli valutativi, lo spazio di espansione
dei multipli è limitato ed il rialzo delle Borse deve essere necessariamente trainato dalla crescita
degli utili.
A questo riguardo la earning season in corso non può essere considerata negativa, ma neppure
particolarmente brillante: negli Stati Uniti i 2/3 delle aziende hanno superato le aspettative, ma
con una “positive surprise” aggregata piuttosto contenuta, che diventa quasi nulla a livello di
ricavi, e lo scenario diventa ancor più cauto in Europa dove sinora gli utili aggregati sono risultati
leggermente inferiori alle attese. Sull’intero 2014 le stime di consensus si collocano ancora su un
buon tasso di espansione degli utili (+9.6% per lo S&P500 e +10.4% per lo STOXX600), ma va
tenuto presente che, dopo una fase di stabilizzazione a fine 2013, nelle ultime settimane ha
subito un nuovo peggioramento il processo di downgrade delle previsioni (da inizio anno la
revisione al ribasso della stima 2014 di utile netto è pari al -0.7% per lo S&P500 ed al -2.3% per lo
STOXX600).
La fase di consolidamento che ha caratterizzato le Borse nella prima parte dell’anno associata alla
positiva reazione delle ultime sedute, anche di fronte a dati macro non brillanti, induce ad una
maggiore positività sul fronte tattico, tenendo presente che tecnicamente i livelli importanti da
monitorare sono l’area 1800-1810 al rialzo e l’area 1770 al ribasso.
La maggior positività a livello tattico potrebbe andare leggermente a discapito della view
strategica: nel senso che, pur ribadendo l’approccio favorevole al comparto equity, nei prossimi
mesi, tanto più nel caso di una fase di rialzo delle Borse trainate ancora una volta dalla leva delle
Banche Centrali, diventerà fondamentale il monitoraggio sul miglioramento dell’economia e,
quindi, sulla crescita degli utili. La politica monetaria, alla base del ritorno della propensione al
rischio nel breve, da sola non sarebbe sufficiente a giustificare un rialzo dei mercati azionari nel
medio periodo.