Val
Torniamo alla LIRA
Dopo settimane di discussione, dopo manifestazioni di piazza, dopo incontri con 21 sindacati e svariati proclami dei presidenti, dopo tonnellate di carta scritta per denunciare lo scandalo clamoroso e decine di inchieste tv, alla fine, con una prova di coraggio senza pari Camera e Senato hanno trovato l’intesa e hanno annunciato il piano di tagli agli stipendi del personale.
D’ora in avanti un barbiere guadagnerà «solo» 99mila euro l’anno (7.600 euro al mese),
un segretario 115mila (8.800 al mese),
un documentarista 166mila (12.700 al mese),
uno stenografo 172mila (13.200 al mese)
e un consigliere parlamentare 240mila (18.400 euro al mese),
cioè quanto il presidente della Repubblica.
Inutile dire che di fronte alla richiesta di così immani sacrifici dall’interno del Palazzo si sono levati pianti, strepiti, grida, annunci di scioperi, diffide, avvertimenti e ricorsi in tribunale. Bisogna capirli, poveretti: al giorno d’oggi come si fa a vivere con soli 18.400 euro al mese?
Per accettare la dura realtà ci vuole tempo. Ci vuole un apposito percorso. Ci vuole gradualità.
La riforma, infatti, entrerà in vigore il 1 gennaio 2015, ma la riduzione completa degli stipendi scatterà solo dal 2018. Con calma, si capisce.
L’altro giorno c’è parso di sentire il presidente del Senato Grasso che invitava il governo a fare le riforme in fretta.
Ecco, appunto, il governo. A Palazzo Madama, invece, di fretta non ce n’è: si può aspettare anche il 2018.
Il commesso va preparato alla sofferenza dei 99mila euro l’anno.
A differenza che in tutti gli altri settori del pubblico impiego, alla Camera e al Senato ci sarà così qualcuno che potrà guadagnare anche più di 240mila euro l’anno.
Si tratta, in particolare, del segretario generale che, sommando indennità e contributi esclusi dal taglio, potrà arrivare a 360mila euro l’anno, che sono 120mila in meno di quello che guadagna ora, ma pur sempre 120mila euro in più di quello che guadagna il presidente della Repubblica.
Roba anche qui, da cominciare a piangere miseria e non finire mai più.
Per dovere di cronaca, va detto che mentre i dipendenti piangono e gridano, esultano invece la Boldrini e Grasso.
I due presidenti sostengono che con questa manovra si risparmieranno circa 96 milioni di euro, 60 a Montecitorio e 36 a Palazzo Madama.
Sarà vero? Speriamo.
Ma non possiamo fare a meno di ricordare che mesi fa era stato annunciato che la Camera nel 2013 avrebbe fatto risparmiare 50 milioni allo Stato.
A conti fatti (luglio 2014) l’economista bocconiano Roberto Perotti, diventato consigliere economico di Palazzo Chigi, ha dimostrato che i soldi risparmiati erano solo 4, cioè meno di un decimo di quello annunciato.
E che nel frattempo la spesa per i deputati (indennità più pensioni) era aumentata di 10 milioni di euro.
Ora vedremo se questo intervento sarà più felice. Peccato, certo, dover aspettare fino al 2018 per verificarlo.
D’ora in avanti un barbiere guadagnerà «solo» 99mila euro l’anno (7.600 euro al mese),
un segretario 115mila (8.800 al mese),
un documentarista 166mila (12.700 al mese),
uno stenografo 172mila (13.200 al mese)
e un consigliere parlamentare 240mila (18.400 euro al mese),
cioè quanto il presidente della Repubblica.
Inutile dire che di fronte alla richiesta di così immani sacrifici dall’interno del Palazzo si sono levati pianti, strepiti, grida, annunci di scioperi, diffide, avvertimenti e ricorsi in tribunale. Bisogna capirli, poveretti: al giorno d’oggi come si fa a vivere con soli 18.400 euro al mese?
Per accettare la dura realtà ci vuole tempo. Ci vuole un apposito percorso. Ci vuole gradualità.
La riforma, infatti, entrerà in vigore il 1 gennaio 2015, ma la riduzione completa degli stipendi scatterà solo dal 2018. Con calma, si capisce.
L’altro giorno c’è parso di sentire il presidente del Senato Grasso che invitava il governo a fare le riforme in fretta.
Ecco, appunto, il governo. A Palazzo Madama, invece, di fretta non ce n’è: si può aspettare anche il 2018.
Il commesso va preparato alla sofferenza dei 99mila euro l’anno.
A differenza che in tutti gli altri settori del pubblico impiego, alla Camera e al Senato ci sarà così qualcuno che potrà guadagnare anche più di 240mila euro l’anno.
Si tratta, in particolare, del segretario generale che, sommando indennità e contributi esclusi dal taglio, potrà arrivare a 360mila euro l’anno, che sono 120mila in meno di quello che guadagna ora, ma pur sempre 120mila euro in più di quello che guadagna il presidente della Repubblica.
Roba anche qui, da cominciare a piangere miseria e non finire mai più.
Per dovere di cronaca, va detto che mentre i dipendenti piangono e gridano, esultano invece la Boldrini e Grasso.
I due presidenti sostengono che con questa manovra si risparmieranno circa 96 milioni di euro, 60 a Montecitorio e 36 a Palazzo Madama.
Sarà vero? Speriamo.
Ma non possiamo fare a meno di ricordare che mesi fa era stato annunciato che la Camera nel 2013 avrebbe fatto risparmiare 50 milioni allo Stato.
A conti fatti (luglio 2014) l’economista bocconiano Roberto Perotti, diventato consigliere economico di Palazzo Chigi, ha dimostrato che i soldi risparmiati erano solo 4, cioè meno di un decimo di quello annunciato.
E che nel frattempo la spesa per i deputati (indennità più pensioni) era aumentata di 10 milioni di euro.
Ora vedremo se questo intervento sarà più felice. Peccato, certo, dover aspettare fino al 2018 per verificarlo.