dopo tanta allegria vi segnalo ...
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ci sono dei bellissimo gattini
Fuori Programma: Il Paradosso di Schrödinger
di francesco caranti
9 agosto 2006 10.30 stampa l'articolo invia l'articolo
... la Realtà si realizza oltre l'Indeterminazione solo quando qualcuno la osserva ...
Forse oggi vi stupirà sapere che se proverete a cospargere di burro la schiena del vostro gatto per poi gettarlo dalla finestra di casa, inconsapevolmente avrete realizzato un perfetto esperimento scientifico di Moto Perpetuo.
Ma poiché gli esperimenti alle volte possono anche fallire, il consiglio resta quello di non provarci anche perché la morte del felino potrebbe rimanervi a lungo sulla coscienza.
Basta solo fermarsi al ragionamento: una serie di strabilianti congetture sulle Leggi della Fisica Quantistica.
Ma andiamo per ordine partendo da due principi fondamentali:
· Il gatto cade sempre sulle zampe (e mai di schiena)
· Una fetta di pane imburrato cade sempre dalla parte del burro (derivazione della legge degli eventi sfortunati, cioè della Legge di Murphy).
Dunque, volendo riunire queste leggi, si può ottenere il doppio risultato che tanto il gatto, quanto la sua stessa schiena imburrata, dovranno cadere dalla stessa parte.
E ciò è assurdo poiché tanto il quadrupede quanto il burro appartengono entrambi alla stessa unica massa.
Nell’indecisione – anzi, nella contraddizione delle Leggi - il gatto continuerà a ruotare all'infinito rimanendo a mezz'aria esattamente come un dispositivo antigravitazionale.
Ovviamente abbiamo scherzato, dato che il Paradosso del Gatto Imburrato, per quanto famoso è falso poiché si basa in parte sulla legge di Murphy che di per sé non possiede alcun requisito scientifico.
Molto più serio - sempre in ambito felino - è invece l’altro Paradosso del Gatto: quello proposto nel 1935 dal Fisico austriaco Erwin Schrödinger creato per dimostrare le limitazioni della Fisica Quantistica.
Come vedremo negli appunti di oggi, l’esperimento di Schrödinger darà risposta al Determinismo che, come vedremo più avanti, ha qualcosa a che vedere con il Doppio di Moebius di cui abbiamo già discusso all’interno di questa Rubrica.
Per quanto rigorosa, la dimostrazione che fa capo al Paradosso del Gatto è singolare al punto che lo stesso Schrodinger ebbe a dire, nel seguito, che avrebbe preferito non aver mai incontrato quel gatto ... e presto capiremo il perchè.
Per introdurre questo curiosissimo argomento, occorre partire dalle leggi della
Fisica Classica, cosiddette Deterministiche, per poi lasciare spazio a quelle della Fisica Moderna, cioè quelle Quantistiche.
Chi di voi ha partecipato a una battuta di caccia avrà anche assistito alla scena di un amico mentre manca il bersaglio.
In questi casi, come si può immaginare, la lepre avrà fatto salti di gioia prima di darsela a gambe e di certo non si sarà domandata il perché dell’errore che le ha risparmiato la vita.
Ma noi sappiamo che questo errore dipende da un fucile puntato male, non certo da un proiettile impazzito che - di sua iniziativa - una volta uscito dalla canna, si sia inventato di seguire una traiettoria completamente diversa dal solito.
Tutto ciò per dire che sulle principali leggi della fisica classica – come quella della conservazione della traiettoria – ognuno di noi nutre una cieca fiducia al punto di non metterle neanche in discussione.
E la stessa certezza doveva accompagnare anche i primitivi: se così non fosse stato nessuno di loro si sarebbe mai potuto sfamare tramite la caccia agli animali feroci.
Sicuramente anche i nostri antenati, per quanto inconsapevolmente, debbono aver riposto la nostra stessa fiducia nei principi fondamentali del Moto dato che una freccia scoccata da un arco ripeteva ogni volta lo stesso percorso rettilineo e regolare, sempre uguale, puntuale.
Anche le gare con le balestre e le pistole si fondano sullo stesso principio generale della conservazione della traiettoria e dunque sulla specializzazione della “mira”, che altro non è se non la ripetizione della legge di Newton.
Secondo questa teoria – detta Deterministica - il movimento di un corpo nello spazio è Determinato dalle forze che agiscono su di esso, una volta fissata la posizione e la velocità istantanea.
Facendo un ulteriore passo avanti, si può estrapolare la Legge in modo da determinare a tavolino la traiettoria di un corpo in movimento senza essere costretti a seguirne visivamente lo spostamento.
Estendendo il concetto all’astronomia, Newton ebbe a dimostrare che anche i corpi celesti ubbidiscono alle stesse leggi che regolano il moto dei corpi terrestri e per suo merito si rese possibile prevedere con buona approssimazione la posizione degli astri, dei pianeti e delle stelle.
Ma verso la prima metà dell’800, la Fisica Deterministica cominciò a mostrare alcune pesanti difficoltà.
Le perplessità giungevano dal fatto che osservando il moto dei pianeti più lontani, la legge di Newton non riusciva più a spiegare l’irregolarità di alcune traiettorie.
Nello specifico, il problema si poneva nel moto di Urano, l'ultimo pianeta del sistema solare conosciuto a quel tempo.
Applicando alla traiettoria di Urano i calcoli noti, la sua posizione reale tendeva a discostarsi parecchio da quella teorica.
Si cominciò a pensare che l’anomalia di Urano potesse dipendere dalla presenza di un corpo sconosciuto che, in un qualche modo, tendeva ad influenzarlo.
Prendendo in considerazione questo fattore di disturbo, nel 1845 l'astronomo francese Urbain-Jean-Joseph Le Verrier ipotizzò e calcolò la posizione di un Corpo Celeste nuovo e sconosciuto ma comunque responsabile della irregolarità di Urano.
E’ singolare come la stessa intuizione di “assenza di un qualcosa (Frame – Falla – Buco)” avesse reso perplesso in tutt’altro ambiente scientifico, lo scienziato russo Dmitrij Ivanoviè Mendeleev: anche nella chimica – strano davvero – Mendeleev aveva annotato Elementi della Tavola Periodica corrispondenti a posizioni tabellari codificate ma ancora del tutto ignote.
Ma la conferma all’intuizione di Le Verrier venne nel 1846 quando il fisico tedesco Johann Gottfried Galle dall’Osservatorio astronomico di Berlino scoprì l’esistenza di un nuovo pianeta a una distanza di un solo grado dalla posizione prevista da Le Verrier.
A quel nuovo pianeta fu dato il nome di Nettuno.
Facile pensare che le leggi di Newton potessero essere applicate anche al microcosmo, tanto da arrivare alla massima espressione del Determinismo classico che Pierre-Simon de
Laplace (1749-1827) sintetizzò in questa celebre espressione: "Se la posizione e la quantità di moto (massa per velocità) di una particella fossero noti con precisione in un istante dato, allora, conoscendo tutte le forze agenti sulla particella stessa, il suo moto sarebbe determinato, in modo univoco, in tutti gli istanti successivi, dalle equazioni della meccanica".
Laplace era sicuro che spostando il punto di osservazione dal macrocosmo al microcosmo – cioè alle molecole e agli atomi dell'Universo – le regole non sarebbero cambiate.
In pratica Laplace sosteneva che tutto ciò che era accaduto nel passato e tutto ciò che sarebbe successo in futuro era stato già predeterminato dall’inizio: nell'Universo nulla era stato lasciato al caso e lo stesso intero Cosmo doveva funzionare come un perfetto e gigantesco Sistema di Orologeria in cui ciascun elemento doveva eseguire con precisione matematica le istruzioni programmate da sempre e sempre con le stesse precise ed esatte logiche.
Ma all'inizio del Novecento, in occasione di alcune scoperte di fenomeni che non potevano essere spiegati con le teorie fisiche allora conosciute, la visione deterministica del Cosmo cominciò a vacillare.
Einstein pose in evidenza che le leggi di Newton perdevano di validità alle grandi velocità ma oltre a ciò molte questioni riguardanti la natura della radiazione fecero molto dubitare la bontà delle teorie correnti.
Il vero colpo di grazia venne da un evento inatteso conseguente alla scoperta del moto incontrollabile delle particelle subatomiche.
Ci si stava rendendo conto che non sarebbe mai stato possibile misurare con la precisione desiderata le grandezze fisiche dei micro-elementi e che il calcolo delle traiettorie dei corpi di grandi dimensioni avrebbe fallito nelle misurazioni inferiori.
Come primo espediente di emergenza, la Fisica fu costretta a ricorrere a qualcosa di meno rigido e inflessibile delle leggi di Newton: nasce la Meccanica Quantistica, una teoria che descrive il moto degli oggetti molto piccoli solo ed esclusivamente in termini di probabilità.
Per capire la nascita della Meccanica Quantistica occorre partire da una osservazione molto semplice: "Per conoscere il valore di una grandezza fisica bisogna misurarla".
Ma il problema è che per misurare una grandezza fisica (come per esempio la temperatura del nostro corpo e quindi la febbre) occorre avvicinare il termometro al nostro corpo in modo da interferire direttamente con l’oggetto in esame: in pratica occorre toccare materialmente l'oggetto di osservazione.
E questo è un grosso limite perchè il solo fatto di ‘toccarlo’ può influire il suo stato.
Mentre la fisica classica ammetteva - a priori - che si poteva sempre effettuare qualsiasi misura sugli oggetti senza turbarne lo stato, la stessa teoria crollava negli esperimenti svolti su oggetti di dimensioni inferiori di tipo atomico e subatomico.
Detto in parole povere: mentre il contatto fisico del termometro sulla nostra pelle non cambia la nostra temperatura, ben diversa è la reazione termica di una micro-particella quando questa viene investita da un agente misuratore. Basta pensare che la semplice illuminazione dell’oggetto necessaria per visualizzare l’esperimento può alterarne sostanzialmente i risultati.
Se volessimo determinare la posizione e la velocità di un elettrone per poterlo descrivere in base alle leggi di Newton, dovremmo prima di tutto vederlo e per far questo dovremmo illuminarlo. Date le esigue dimensioni dell’oggetto da rendere visibile, forse basterebbe un singolo fotone, ma già questo sarebbe troppo perché quel "quantum" di energia necessario a vederlo, nel momento in cui colpisce l’elettrone, lo sposterebbe dalla sua posizione originale in modo determinante, come quando nel biliardo una biglia ne colpisce un’altra e la mette in buca.
Ne consegue che il movimento dell’elettrone che è stato spostato dal fotone che lo ha illuminato, non potrà mai più seguire la sua traiettoria originale e nel successivo esperimento non sarà più nella sua posizione originaria.
Nel microcosmo basta perciò molto poco per falsare tutte le sperimentazioni e le misure e ciò significa dover rinunciare alla possibilità di determinare con precisione assoluta la struttura della materia.
Questa “impossibilità” di effettuare la misura di una particella infinitamente piccola, senza provocare perturbazioni di stato, prende il nome di «principio di indeterminazione».
Il principio di indeterminazione di Werner Heisemberg prevede che l'unica possibilità di descrivere il moto delle particelle di piccole dimensioni
sia quella di ricorrere al metodo statistico.
E’ un modo di indagare la struttura della materia che se da un lato presenta il vantaggio di rendere superflua la conoscenza esatta della posizione iniziale di ogni singola particella, dall'altro non è nemmeno più in grado di precisarne la posizione futura.
All’inizio di questo racconto eravamo partiti da un Paradosso tanto divertente quanto assurdo: quello del Gatto Imburrato.
In realtà, Schrödinger, propose un esperimento molto più serio e inquietante con conseguenze concettuali degne di un Paradosso Vero.
Ma vediamo la descrizione esatta del "Paradosso di Schrödinger".
· Un gatto viene rinchiuso in una scatola opaca assieme a una fiala di cianuro.
· La scatola contiene un atomo di sostanza radioattiva che nel momento della disintegrazione metterà in movimento un martello in grado di rompere la fiala di veleno che ucciderà il gatto.
E come nella nostra vita nessuno sa il giorno in cui dovrà morire - ma solo la probabilità che quell’evento sia possibile a una certa fascia di età - così anche nella Fisica capita che le sostanze radioattive si trasformino in sostanze non radioattive (emettendo elettroni), secondo la stessa legge di probabilità, cioè quella che ci consente di prevedere la vita media dell’atomo, non certo la durata del singolo atomo.
Di un singolo atomo radioattivo non potremo mai conoscere il destino, ma solo la probabilità che, in un determinato istante, si trasformi in un atomo non radioattivo.
La probabilità di un evento di questo tipo si traduce in un’equazione matematica che prende il nome di «funzione d'onda».
Supponiamo allora che la funzione d’onda dell’atomo radioattivo del nostro esempio ci indichi che dopo un tempo “T” dall'inizio dell'esperimento esista la Probabilità “P” che quell'atomo radioattivo sia decaduto in un atomo non radioattivo e che – viceversa – la probabilità che non sia decaduto sia “Q”.
Cosa sarà successo al Gatto di Schrödinger dopo un’ora esatta?
Sarà morto o sarà ancora vivo?
Se la probabilità “P” è maggiore di “Q” si può pensare che il Gatto sia più vivo che morto ma la certezza reale dell'uno o dell'altro evento non esiste.
L'unico modo per sapere con sicurezza come stanno le cose è quello di aprire la scatola e guardare!
Sembra veramente che il destino del gatto, chiuso nella scatola, dipenda esclusivamente dal nostro comportamento.
Se all'apertura della scatola il Gatto risulta ancora in vita dobbiamo concludere che l'atomo radioattivo non si è ancora trasformato, per quanto la probabilità inversa “Q” dimostri l’esatto contrario.
Questo fatto è molto importante poiché nega l’insieme delle teorie Deterministiche di Newton e Laplace: il fatto di vedere il Gatto di Schrödinger vivo oppure morto ci porta a concludere che le cose in questo mondo esistono solo nel momento in cui le analizziamo di persona, non per come in assoluto avremmo voluto sintetizzarle secondo una legge fissa e immutabile come voleva Laplace.
L'osservazione del gatto distrugge l’intero impianto sperimentale di Newton e dei Deterministi, per quanto per essi il mondo avrebbe continuato ad esistere anche qualora gli avessimo voltato le spalle.
La vera stranezza dell’esperimento di Schrödinger sta nel fatto di aver collegato un fenomeno di natura quantistica (il decadimento dell'atomo radioattivo) con un fenomeno classico (il gatto vivo o morto).
E la differenza tra l’Atomo e il Gatto è fondamentale.
Infatti:
· Un Atomo Integro e un Atomo Decaduto rappresentano due STATI DIVERSI DELLA MATERIA (Mondo Quantistico)
· Un Gatto Vivo o un Gatto Morto rappresentano UNO SOLO DEI DUE STATI POSSIBILI (Mondo Classico).
Ma il nostro gatto chiuso nella sua scatola ha un destino collegato ad un fenomeno quantistico, e in questo senso diventa anch'esso un sistema quantistico del quale possiamo conoscere solo la probabilità del suo destino, non la certezza.
Il Gatto si troverà quindi, per tutto il tempo in cui rimarrà chiuso nella scatola, in una situazione inverosimile di vita e /o di morte.
Quindi per sapere se il gatto di Schrödinger è vivo o morto bisognerà aprire la scatola e questo significa che la trasformazione di una situazione di incertezza in una di certezza si ottiene solo nel momento in cui l'informazione passa all’osservazione diretta.
Per assurdo sembra quasi che siamo noi Osservatori a decidere il destino del Gatto, piuttosto che non le leggi della Fisica.
Ecco spiegato il Paradosso: se vedremo il Gatto vivo potremo stabilire che l’Atomo radioattivo si è trasformato, diversamente il Gatto morto ci farà pensare che l’atomo è rimasto immutato.
E’ chiaro il fatto che la teoria di Schrödinger dimostra l’intervento umano dell’osservazione: “il mondo cambia per come lo osserviamo e lo trattiamo, non per come si presenta realmente”.
Da questa teoria sembrerebbe quasi che se non esistesse l'Uomo non esisterebbe nemmeno l'Universo con i suoi fenomeni.
Eppure sembra così: la Realtà si realizza oltre l'Indeterminazione solo quando qualcuno la osserva.
E’ vero: all’inizio abbiamo scherzato col Gatto Imburrato tramite la congiunzione di una Legge vera (Statica del Gatto) con una Legge fantasiosa (Murphy aleatoria degli eventi).
Ma ancora un Gatto (quello di Schrödinger) ha spostato la nostra attenzione verso un argomento molto più fine.
Vorrei ora ricomporre e richiudere le osservazioni di oggi ancora su un Terzo Gatto ... una osservazione molto più frivola delle altre.
Il Gatto è un animale molto furbo e nessuno di noi ha pensato che, nell’esperimento, avrebbe anche potuto trovare il modo di scappare!
In questo caso lo Sperimentatore (cioè noi) avrebbe potuto soccombere per via del buco lasciato dal gatto.
La relazione si sposta dunque sul Risultato: Intelligenza del gatto + Stupidità dello sperimentatore.
Mi pare che questa variante scherzosa sia ottima per pensare che poi ... alla fine ... esiste sempre un ‘modo per riemergere’.
... E se la Fisica Quantistica oggi ci ha messi in guardia sulle facili sperimentazioni, io penso che tante altre soluzioni molto meno impegnative sotto il profilo scientifico, siano altrettanto adatte a Guardare il mondo in prospettiva.
Heisemberg ci ha insegnato che è possibile una maggior flessibilità in termini di Fisica Classica e anche Schrödinger ce l’ha confermato in pieno.
Le varianti dipendono solo dal nostro Punto di Osservazione ... e anche le soluzioni giocose pare siano ammesse!
Tra un Gatto Imburrato scagliato da una finestra, un Gatto a ridosso di una fiala al cianuro e un Gatto Furbo che elude l’esperimento, sinceramente non so cosa pensare !
Cerco di vedere il Mondo nella prospettiva che mi è più congeniale e che mi hanno insegnato ... ma mi ritengo pronto a cambiare tutte le volte che sarà necessario.
A presto ... per il collegamento del Gatto con la dimensione di Moebius!
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