Pure i turchi
Ci stanno spolpando
Lumberjack diventa turca. Marchio acquistato da Ziylan
Mamma li turchi! Mamma li francesi! Mamma li tedeschi! Continua lo shopping dei paesi che hanno un futuro in quei paesi che sono inesorabilmente avviati al tramonto. L'Italia è tra questi ultimi
Mamma, li turchi! Un altro pezzo d’Italia, della sua inventiva, della sua storia industriale, del suo stile e modo di intendere la vita è stato ceduto all’estero. Si tratta della veronese “3A Antonini” Lumberjack. Il presidente del consiglio di amministrazione del Gruppo Ziylan, Mehmet Ziylan, ha comunicato di avere rilevato la società calzaturiera italiana, attraverso la Brand Park, costituita appositamente dai turchi per gestire il marchio italiano, così come tutte le acquisizioni future del Gruppo.
Vendita Lumberjack: i numeri dei compratori
Lumberjack, ha affermato Ziylan, ha un grande valore e rappresenta una tappa importante nella storia di mezzo secolo della sua società, il coronamento di un sogno. Il patron ha anche aggiunto che l’obiettivo è di arrivare a un fatturato annuo per l’italiana di 250 milioni entro 5 anni.
Ziylan Group fu fondata negli anni ’60 da Ahmet Ziylan e oggi vanta un fatturato annuo di 400 milioni di euro, la produzione di 20 milioni di scarpe e 5 mila dipendenti, arrivando ad essere così la prima in patria e una delle più importanti in tutta la regione. In sostanza, la società produce ogni giorno 120 mila paia di scarpe e ha tra i suoi marchi Flo, Polaris, Kinetix. Controlla sette società e possiede 239 negozi.
Lumberjack, simbolo dell’Italia nel mondo, conta oggi 32 negozi monomarca nel mondo e mille multimarca. Ma stando a quanto dichiarato dal presidente del gruppo turco, il quartier generale sarà mantenuto in Italia, precisamente a Milano, dove vi saranno gli uffici per il team stilistico, per il retail e il marketing, con l’obiettivo di espandere le vendite in Europa e nel mondo. Pertanto, pur avendo perso la proprietà del marchio, l’Italia dovrebbe continuare ad avere in patria gli uffici, il cervello della società.
Aziende italiane in vendita: pro e contro
Ad ogni modo, la cessione di Lumberjack rappresenta l’ennesima conferma della perdita di controllo di numerosi marchi storici da parte del capitalismo asfittico italiano, caratterizzato dall’alta nomea delle sue famiglie, ma prive di capitali effettivi per gestire il rilancio di quanto è stato costruito nei decenni. E’ il sintomo della caduta dell’Italia e dell’avanzata di altre economie, come, appunto, quella turca, che si trova già al diciassettesimo posto nel mondo per pil a parità di potere d’acquisto, ma che punta decisamente ad entrare nella top ten entro il prossimo decennio. E già negli ultimi dieci anni la sua ricchezza è triplicata, rileva il Fondo Monetario Internazionale.
Ma solo per limitarci agli ultimi tempi, non possiamo non ricordare la cessione ai russi dello spumante
Gancia, a causa dell’impossibilità della famiglia fondatrice di provvedere al ripiano dei debiti e al rilancio della società. Da mesi si parla dell’acquisizione da parte dei francesi di
Edf dell’italiana Edison, società elettrica storica, che è passata nelle mani di Parigi proprio in questi ultimi giorni.
Come non ricordare l’addio all’Italia di qualche settimana fa della Ducati, ceduto per 800 milioni niente di meno che ai tedeschi dell’Audi, cioè al gruppo Volkswagen. Ma la lista è terribilmente lunga e coinvolge asset storici e legati proprio alla nostra italianità, come anche Ansaldo, Bulgari, Parmalat, Valentino, Findus, Selenia, etc (
Ducati passa all’Audi: ennesima sconfitta per il capitalismo italiano).
Cosa c’è di male nell’essere acquistati da stranieri? In teoria, proprio nulla! Anzi, ciò è il segno dell’appetibilità dei nostri marchi, del loro valore, della grande considerazione di cui godono fuori dalla nostra patria. Ma per converso, evidenzia come non ci siano capitali interni in grado di provvedere a queste rilevazioni, di come i nostri marchi siano spesso sotto-quotati in borsa e poco curati a livello industriale, con un potenziale inespresso a causa proprio delle ridotte dimensioni delle società di controllo.
E preoccupa ancora di più che queste acquisizioni siano solo a senso unico, cioè siano solo gli stranieri a comprare gli italiani e quasi mai viceversa.