Il Forteto non esiste: gli orrori di un storia che nessuno racconta
Inchiesta sul Forteto: ecco tutti gli orrori e gli errori di un storia di cui nessuno parla
Di Simone Cosimelli
Il Forteto - comunità
Un paio di mesi fa una giornalista russa, intervistando il presidente dell’associazione Vittime del Forteto, Sergio Pietracito, si fermò, visibilmente scossa, per fare una domanda di buon senso: chiese come mai una storia del genere non fosse conosciuta nel suo Paese. La risposta fu indicativa: «Nemmeno fuori Firenze se ne sa nulla, per questo ci battiamo». In un Paese normale, 30 anni di stupri e abusi su minorenni, perpetrati all’ombra del muro di connivenze della Toscana «rossa», non passerebbero inosservati. Ma nessuno avrà il coraggio di dire che l’Italia lo sia. E infatti è accaduto di tutto: oltre l’inimmaginabile, oltre la giustizia. E’ una vicenda orrenda quella del Forteto, e oggi, mentre si celebra il secondo grado di un processo tanto atteso, non se ne intravede la fine. Sono stati presi i mostri, ma non chi i mostri li ha prima osannati e poi protetti.
Tutto inizia nel 1977. Nel comune di Barberino nasce la comunità Il Forteto assieme all’azienda agricola, destinata a radicarsi nel territorio come baluardo del
made in Tuscany alimentare. L’iniziativa è di due uomini che si avvalgono di falsi titoli di studio in psicologia:
Rodolfo Fiesoli, detto il Profeta e capo indiscusso della struttura, e
Luigi Goffredi, l’ideologo. Tutto ruota attorno alla teoria, ancora in fase sperimentale, della “famiglia funzionale”. Cioè all’educazione alternativa dei minori tramite gli affidi a due soggetti, uomo-donna, il cui accostamento avviene a tavolino. La conoscenza reciproca è superficiale e svincolata dalla sfera dell’affettività, ritenuta nociva. Si cresceranno ragazzi disagiati senza il «fardello della materialità sessuale». Fiesoli e Goffredi si presentano come pionieri. L’ammirazione è incondizionata. Il Tribunale dei minori comincerà presto ad affidare bambini provenienti da situazioni difficili (genitori tossicodipendenti o assenti). E nel tempo intellettuali e psichiatri loderanno quel miscuglio di Freud e Don Milani. Eppure, fin da subito, cosa fosse realmente il Forteto avrebbe dovuto essere chiaro.
Nel settembre 1978 il magistrato Carlo Casini fa arrestare i due per abusi sessuali. E’ la prima avvisaglia degli scempi commessi, ma vengono scarcerati alcuni mesi dopo. La scesa in campo di Casini in politica, nella file della Dc, scatena infatti il
magistrato Gian Paolo Meucci (di tutt’altre vedute), padre del diritto minorile italiano e intransigente difensore del Profeta. Non basta allora il discorso di Rinaldo Innaco (DC), tenuto nell’ottobre 1980 in Consiglio regionale, dove si parla di costrizione e «regime di vita imposto e caratterizzato (…) dalla pratica dell’omosessualità».
Non basta la condanna in primo grado del 1981, confermata in Cassazione nell’84, per «atti di libidine violenti e maltrattamenti e lesioni». Non basta quella del gennaio 1985, pur passata in giudicato, della Corte D’Appello di Firenze per «atti di libidine e corruzione di minori».
La posizione di Meucci, che all’autorevolezza personale unisce l’assoluta deferenza dei colleghi, fa dimenticare il verdetto, con nessun effetto pratico. Un caso senza precedenti nella giustizia nazionale. Poi, contro ogni valutazione plausibile,
si affidano subito altri bambini. Dopo l’85, inizia il dominio incontrastato del Forteto.
A far “merenda”, trasferita la sede nel paesino di Vicchio, passano in tanti: politici, giudici del Tribunale dei minori, sindacalisti, dirigenti dei servizi sociali. Di fatto, tutta la Sinistra toscana (PCI, PSI, PdUP, Sinistra Indipendente) favorisce la nuova realtà. Il Forteto diventa una passerella obbligata. Fiesoli è paragonato a Don Milani. Stupisce, commuove, incanta. Scrive libri. I ragazzi intanto, all’oscuro delle condanne e allontanati dalle famiglie naturali, vengono traviati mentalmente: molti diranno di aver considerato normale il fatto di essere abusati sessualmente. E fino al 2009 la comunità ne riceve circa 60. La mattina a spalare la calce e lavorare i campi, la sera in balia dei "genitori". Nel frattempo, la Cooperativa, l’altra faccia del Forteto, acquista prestigio: 130 occupati, un fatturato di quasi 20 milioni, eccellenze alimentari esportate dall’America all’Australia. Un vanto per tutta la Regione. Il 13 luglio del 2000, però, tornano i guai. La Corte europea dei diritti dell’uomo, in seguito alla denuncia di due madri a cui veniva impedito di vedere i figli, condanna l’Italia con una multa di 200 milioni di lire per danni morali. La sentenza di Strasburgo pesa eccome, ma si alzano le barricate: e non cambia nulla. Anzi, solo dal ’97 al 2010, il Forteto ottiene contributi dalla Regione per 1 milione e 254 mila euro. Si arriva poi al novembre 2011. Al TEDxFirenze (manifestazione socio-culturale), Fiesoli interviene a Palazzo Vecchio sull’educazione minorile in qualità di esperto: presenziava, e fu ringraziato, l’allora sindaco Matteo Renzi. Proprio il mese successivo, però, viene arrestato per atti di pedofilia. L’accusa è schiacciante. Nasce una commissione d’inchiesta regionale per indagare sul sistema di potere appena scoperchiato e nel gennaio 2013 viene stilata una relazione dove si elencano i soggetti che hanno frequentato la comunità. Tra i tanti noti (109): Livia Turco, Piero Fassino, Vittoria Franco, Susanna Camusso, i giornalisti Betty Barsantini e Sandro Vannucci.
Dopo il tentativo dell’avvocato del Profeta di far ricusare il presidente del collegio giudicante, Marco Bouchard (unico caso nella storia della Repubblica), così da rallentare il dibattimento in odor di prescrizione,
il 17 giugno 2015 la sentenza in primo grado condanna 16 dei 23 imputati.
17 anni e mezzo per Fiesoli, 8 per Goffredi, e via via a scendere per gli altri componenti di quella che ormai è considerata una setta. Le testimonianze delle vittime, scappate dal Forteto, sono determinanti. Nelle motivazioni della Corte si legge: «Il Forteto è stata un’esperienza drammatica, per molti aspetti criminale, retta da persone non equilibrate (…) Le perversioni del Fiesoli e compagni sono state di volta in volta avallate, tollerate. Chi ha reagito, chi ha protestato, chi ha contestato è stato emarginato, isolato, escluso, denigrato e, finalmente, allontanato». Nell’estate 2015, il caso arriva a Roma. Una mozione a firma di Deborah Bergamini (FI) chiede un’inchiesta parlamentare e il commissariamento dell’azienda per il presunto intreccio con la comunità. Il PD interviene: e affossa la mozione. Si parla di responsabilità individuali e non collettive: smentendo i fatti, le vittime e la sentenza. Le opposizioni ringhiano («La decisione del Governo è sconcertante: non ha alcuna logica, alcuna sensibilità, alcun senso politico»). Invano.
A livello locale, invece, le polemiche non si sono mai spente. Un libro,
Setta di Stato, scritto dai giornalisti Tronci e Pini, ha fatto rumore. Si è istituita una commissione regionale Bis per indagare sulle responsabilità politiche, che del Forteto sono state la stampella e lo scudo. Ma non avendo i poteri di un’autorità giudiziaria, finora ha avuto le mani legate di fronte alle reticenze di chi è stato interpellato alle audizioni, o peggio ha scelto di tacere. Nessuno infatti ricorda, nessuno c’era o sapeva. Non ricorda, per esempio, Giuliano Pisapia (sindaco uscente di Milano), membro del collegio che patrocinò il Profeta in Cassazione nell’85. Non ricorda Rosy Bindi, più volte accostata al Forteto. Ha pensato di non poter aiutare, dopo aver promesso il contrario, Bruno Vespa: che anni addietro ricevette pressioni per non mandare in onda una puntata di Porta a Porta sull’argomento. Convocato, non si è presentato. Secondo la sentenza
, negli anni, centinaia di persone sarebbero state segnate. Con intere famiglie rovinate. Otto ragazzi, una volta usciti, non ce l’hanno fatta: stroncati dalla tossicodipendenza, dall’indigenza e dai traumi passati. Spesso, ci si chiede come sia possibile che fatti di entità molto minore siano squadernati sulle pagine dei giornali e dibattuti nel Talk show, quando invece del Forteto, in tutta Italia, non se ne sa niente. Malgrado un processo in corso (con sentenza il 29 giugno), un’indagine da concludere e ancora tanto da scavare, e capire. Si dà una spiegazione, l’unica sensata: il Forteto fa paura.
Il Forteto non esiste: gli orrori di un storia che nessuno racconta