Domani proseguirò con altri scatti che saranno pubblicati nel libro e visibili in mostra.
Adesso vi lascio con alcune note sul lavoro di Monica, prese dal sito della Galleria Alberto Peola e che ritengo esprimano bene il suo approccio alla fotografia e in particolare all'unicita' del processo di sviluppo e stampa che, ricordo, è un carattere distintivo della Carocci fin dagli esordi negli anni '90.
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Le opere di Monica Carocci sono, infatti, molto lontane dalla pretesa oggettività della fotografia. I contorni non sono definiti, i luoghi sono incerti, senza fisionomia netta. Lo spazio, scandito in orizzontale e verticale, è animato dagli interventi che l’artista opera sulla pellicola del negativo e sulla carta di una prima stampa in dimensioni ridotte, successivamente rifotografata e ristampata ingrandita.
«Cerco di guidare la luce ottenendo immagini personali, le mie fotografie sono le immagini del mio pensiero. Il tempo passato in camera oscura è il tempo passato a inseguirle. Il risultato spesso è casuale, ottengo risultati diversi da quelli di partenza, vado avanti per tentativi ed errori, anche perché io continuo a vedere immagini dopo lo sviluppo del negativo».
Non è quindi la fotografia nella sua perfezione tecnica e formale che interessa Monica Carocci, ma l’immagine ultima, frutto di successive manipolazioni pittoriche - abrasioni, aggiunte, cancellature, variazioni cromatiche -, fissata definitivamente da un ultimo scatto e da un’ ultima stampa in bianco e nero.La fotografia diventa un meccanismo che dissimula, sovrappone, deforma il reale, collocandolo in una dimensione di indeterminazione, di evocazione.
Monica Carocci è nata a Roma nel 1966. Vive e lavora a Torino."