Gli Stati bancarottieri
In un suo recente pregevole libro ( Sta­atsbankrott , Orell Füssli, 2010) il pro­fessor Walter Wittmann ci dimostra come gli Stati siano dei pessimi de­bitori e come con l'andazzo attuale non ci si possa preparare che al peggio. Diffu­sa è la convinzione che i titoli (debiti) sta­tali siano il modo più sicuro per investi­re i propri risparmi. Purtroppo, la storia insegna come gli Stati ripaghino i propri debiti con moneta inflazionata, quindi deprezzata, quando addirittura non sva­lutata. In alcuni (molti) casi si arriva ad­dirittura a quella che elegantemente vie­ne chiamata «ristrutturazione del debi­to», che più semplicemente vuol dire fal­limento (o, se meglio vi piace, concorda­to) con conseguente perdita parziale o to­tale per i creditori-risparmiatori.
La cultura che abbiamo ereditato dallo scorso secolo ha idealizzato lo Stato, nel primo cinquantennio con economia di guerra e dittature, nella seconda parte con uno Stato che ha sostituito l'assisten­za alla solidarietà con conseguenze an­che sociologiche devastanti. Si è dimen­ticato che lo Stato non produce ricchez­za, ma ne usa e consuma parte per le sue esigenze e dovrebbe occuparsi di creare il quadro che nell'interesse di tutti faciliti la produzione.
Nel libro vengono ricordate (ci limitia­mo al 900) la bancarotta russa del 1918, quella tedesca del 1929, e la successiva ristrutturazione del debito del 1939, la svalutazione francese dopo che nel 1934 il Fronte popolare prese il potere. Rinun­
* Finanziere
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Gli Stati bancarottieri
ciamo ad elencare quanto successo nel Sudamerica e nei Balcani. Nell'ultimo dopoguerra abbiamo avuto in Germania la riforma valutaria (1948), in Italia un'inflazione galoppante che ha annullato praticamente i debiti anteguerra, idem in Giappone, nei Balcani ed in Grecia (fallita). La musica non è diversa per i Paesi satelliti dell'Unione sovietica (Cortina di ferro) dove i debiti vennero semplicemente azzerati. Nel 1948 Mao in Cina, arrivato al potere, annullò tutti i debiti statali. Nel 1956 fallisce l'Argentina, negli anni Sessanta ben quattordici Paesi falliscono, tra i quali nuovamente l'Argentina. La lettura del libro è quantomai istruttiva e costituisce tra l'altro una miniera di informazioni sulla mala abitudine degli Stati di non onorare gli impegni con i propri creditori.
L'odierna preoccupante situazione finanziaria di molti dei 27 Stati dell'Unione europea è nota. La politica attuale di finanziare le esigenze pubbliche con deficit ed aumento dei debiti è a tutti evidente, politici o meno. Molti degli attuali sistemi pensionistici rischiano il fallimento tra qualche decennio. Se si considerassero gli impegni pensionistici futuri, in molte nazioni il tasso di indebitamento passerebbe al 300-400% del PIL.
Purtroppo le misure che andrebbero prese per arginare questa deriva sono note, ma è altrettanto noto che nessun partito ha il coraggio di sostenerle e peggio ancora che non sembra trovino il consenso democratico della maggioranza. In una realtà nella quale i privilegi di categoria e corporativi si sono moltiplicati a dismisura la coalizione del no è sempre vincente.
ll professor Wittmann, molto lucidamente, teme che nessuna politica per capovolgere veramente il pericoloso asse inclinato sul quale ci troviamo verrà messa in atto. Ragione per la quale non ci resta che aspettare che gli Stati presentino ancora una volta il conto ai cittadini. Fra alcuni anni (non essendo capaci o non avendo il coraggio e la determinazione di adottare le misure necessarie) ci troveremo alla porta del fallimento. Sui debiti verrà pas sato un colpo di spugna, la spugna essendo o una pesante inflazione, o una svalutazione dichiarata della moneta, o una ristrutturazione (cancellazione parziale) dei debiti stessi. L'odierna politica delle banche centrali di tassi innaturalmente (e pericolosamente) bassi favorisce anzitutto l'indebitamento degli Stati. Le Banche centrali stampano moneta che immettono nel circuito a tassi poco più di zero. Le banche utilizzano queste somme per sottoscrivere obbligazioni di Stato a tassi modesti, ma lucrando comunque su uno spread interessante. Belli i discorsi sull'economia reale, sull'obbligo delle banche di assistere le imprese. La vera assistenza oggi è diretta agli Stati che hanno enormi necessità di finanziamento e rifinanziamento (a basso tasso).
Conclusione: se vogliamo proteggere i nostri risparmi, e non sarà facile, non lasciamoci abbagliare dall'illusione che lo Stato sia in genere e nel tempo un saggio utilizzatore dei mezzi affidati ed un affidabile debitore. I fatti provano il contrario.