come in america latina ... gli USA non cambiano mai tattica

tontolina

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Iraq: squadroni della morte filo-americani
Maurizio Blondet
11/12/2005
Un membro della temutissima «Brigata Badr», la milizia privata dell'ayatollah filo-iraniano Abdel Aziz HakimGli iracheni li chiamano proprio «squadroni della morte».
Indossano maschere nere, spesso operano insieme alla polizia irachena, sono ben equipaggiati: con visori notturni made in USA.
Irrompono di notte nella case di sunniti e laici, cercano armi, portano via il capofamiglia e i maschi che, di solito, vengono trovati uccisi giorni dopo.
In vista delle elezioni del 15 dicembre, questi terroristi organizzati sono diventati più attivi.
Solo la scorsa settimana una ventina di corpi di trucidati da questi gruppi sono stati trovati in due distinte discariche di cadaveri: undici cadaveri, con abiti civili addosso e le mani legate dietro la schiena, sono stati scoperti ad Al-Rutbah, sulla strada principale che unisce Baghdad al confine giordano.
Altri nove a lato di una strada a Nassiria.

Chi sono i terroristi in nero?
Secondo gli iracheni, una milizia segreta che ha l'appoggio dell'attuale governo iracheno, sciita, e perciò della polizia governativa collaborazionista.
Più precisamente, sarebbe la «Brigata Badr», la milizia privata di Abdel Aziz Hakim, un ayatollah che capeggia il Consiglio Supremo della Rivoluzione in Iraq.
Significativamente, l'ayatollah assassino ha l'appoggio dell'Iran.
Ma non gli mancherebbe l'appoggio dell'attuale governo iracheno, e degli occupanti.
Chi capita nelle loro mani, se è sunnita, ha poche probabilità di scamparla.
In questi giorni, i terroristi con le maschere nere stanno facendo campagna elettorale del terrore: per spaventare gli altri partiti politici in competizione.
Regolarmente coprono di vernice nera i manifesti dei sunniti, ed anche dell'ex premier Allawi.
Ma rispettano i manifesti del filo-iraniano Al-Hakim.
«Gli americani ci hanno regalato una nuova forma di terrorismo», dice un medico del primo ospedale di Baghdad.
«Questi odiano tutti noi secolarizzati, e vogliono istaurare un regime fondamentalista iraniano». (1)



Di recente si è scoperta una prigione segreta, dove si torturava, con 170 prigioneri.
A torturare erano uomini del ministero dell'Interno iracheno leali allo Sciri, il già citato Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica di Al-Hakim.
Insomma poliziotti che erano anche membri della Brigata Badr.
Lo Sciri è stato fondato nel 1982 a Teheran e la Brigata Badr, il suo braccio armato, un anno dopo. Durante la guerra di Saddam contro l'Iran questi gruppi si sono battuti dalla parte degli ayatollah. Non da irregolari, ma come combattenti convenzionali inquadrati nel Corpo delle «guardie islamiche rivoluzionarie iraniane» (i pasdaran), che pagava direttamente questi soldati.
Più avanti i pagamenti dall'Iran (che continuano tutt'oggi) sono avvenuti attraverso false organizzazioni caritative; le quali si sono spesso servite della MEBCO, una finanziaria svizzera di cui è proprietario…Ahmed Chalabi.
Già proprio lui: l'uomo scelto dai neocon americano-israeliani, che sperano di farne il successore di Saddam e capo del governo collaborazionista.
Il bancarottiere Chalabi, il traditore Chalabi, colto a passare informazioni segrete a Teheran; e il redivivo Chalabi, tornato di recente pienamente nella fiducia della Casa Bianca e dei suoi manovratori, l'American Enterprise e il Jewish Institute for National Security Affairs.



Dal 1991 la Brigata Badr si è profondamente trasformata come forza di sicurezza segreta e d'intelligence, per operazioni di infiltrazione clandestina nel «nuovo» e «democratico» Iraq.
Il nuovo addestramento è opera del Corpo Qods, il gruppo di sovversione interno dei pasdaran iraniani, e a sua volta segretissimo.
La milizia Badr è ritenuta forte di 10-15 mila uomini, con un nucleo duro di 1500 uomini non solo addestrati, ma sperimentati in quasi vent'anni di lotta clandestina.
Con la «liberazione» americana, gli uomini della Badr sono entrati dall'Iran in Iraq nel settore centrale, occupando inizialmente la provincia di Diyala, altamente strategica perché vicina all'Iran e con popolazione mista sunnita e sciita.
Gli americani occupanti, dopo un debole tentativo di disarmare il Badr, hanno ceduto: «si tengano la loro sicurezza», dato il clima dell'Iraq, è la spiegazione ufficiale.
Ed hanno lasciato che, dal 2004, il Badr infiltrasse i suoi migliori uomini nei nuovi organi di polizia della «democrazia» irachena.

Allawi, premier collaborazionista dal luglio 2004 all'aprile 2005, li ha tenuti a bada, grazie ad alcuni ministri neo-baathisti.
Caduto Allawi tra scandali e corruzione, gli americani hanno sempre più fatto partecipare il Badr alla loro guerra contro il triangolo sannita.
Agenti ed elementi duri del Badr sono stati fatti entrare ai livelli alti della polizia e del «nuovo» esercito.
Fino al gennaio scorso: vittoria elettorale schiacciante del Supremo Consiglio (filo-iraniano), ed entrata trionfale di Bayan Jabr, comandante della Badr, agli Interni. Come ministro.
Da quel momento la polizia irachena è in mano agli ayatollah, che guardano a Teheran come ad un modello.
Con in beneplacito di Washington.



La Badr ha creato dal suo seno l'unità di commandos anti-sunniti Al-Liwa al-Dhib (Brigata Lupo), e la «Brigata Scoprione», che affiancano i Marines (e volentieri li sostituiscono) nella persecuzione armata dei sunniti e dei baathisti, ma anche dei normali iracheni secolarizzati.
La Badr è diventata un serbatoio che fornisce i combattenti, e l'intelligence capillare che tanto manca agli americani.
Ed ora ha un ruolo anche nella sicurezza di Baghdad.
Dispone di una vera rete di spionaggio in tutte le città importanti.
Ed opera in modo del tutto indipendente dal nuovo apparato di intelligence governativo, controllato dalla CIA.
Il braccio spionistico della Badr si occupa di identificare, spiare, infiltrare e tener d'occhio, per poi distruggere, 1) ex membri del Baath, ex professori universitari secolarizzati e sunniti; 2) insorgenti iracheni e stranieri (tipo «Al Zarqawi»); 3) il clero sunnita (spesso bersaglio di attentati); 4) i dirigenti dei partiti politici sunniti; 5) il nuovo servizio d'intelligence controllato dalla CIA, e infine 6) le forze americane.
Badr tiene nota quotidianamente dei movimenti delle truppe USA, di ciò che avviene nelle loro basi, e dei loro armamenti e tattiche.



Inoltre, lo spionaggio Badr ha «stazioni» d'ascolto a Damasco, Amman, Larnaka (Cipro).
La fazione sciita non ha potuto espandere a tal punto il suo potere senza la collaborazione americana.
Né si può spiegare con il debole controllo del territorio da parte degli occupanti.
V'è una preferenza strategica USA a favore degli sciiti fondamentalisti, contro i baathisti secolarizzati e modenizzanti.
Rivelata anche dal fatto che le forze del «nuovo» esercito iracheno, addestrate dagli USA, restano per loro volontà assai piccole e male armate.
Si dice per un tacito accordo coi «Paesi confinanti» (fra cui è l'Iran) a mantenere l'armata irachena più debole del più debole dei vicini.
Un'ambigua, inconfessata collaborazione è in corso in Iraq fra Teheran e gli USA, come già avvenne ai tempi dell'Iran-Contra.



Lo scopo strategico americano era fin dal '91 quello di «rigettare l'Iraq all'età della pietra a suon di bombe» (come disse all'autore di queste righe Edward Luttwak), perché il Paese era «troppo» moderno e tecnologicamente avanzato e perciò poteva diventare una potenza regionale minacciosa per Israele.
Un governo di ayatollah è, in questa strategia, la prospettiva migliore: assicura l'arretratezza permanente del Paese.
Le vittime?
Persone come Omar, 39 anni, intervistato da Asia Times.
Faceva l'ingegnere; ora campa vendendo sigarette e bottiglioni di benzina su una strada di Baghdad.
E' stato preso in casa di notte dagli uomini mascherati in nero; picchiato, portato in un luogo di detenzione e ancora torturato.
Anche sua moglie è stata trascinata via.
Sono entrambi salvi per miracolo.
Risparmiati, e non sa perché.
«Quegli uomini avevano tutti visori notturni sugli occhi», dice.
Made in USA.

Maurizio Blondet




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Note
1) Dahr Jamail and Harb al-Mukhtar, «The government men in masks who terrorize Iraq», Asia Times, 9 dicembre.







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Nessuna inchiesta sulle bombe di Londra
Maurizio Blondet
16/12/2005
Archiviati gli «attentati» londinesi, inutile indagare, Al Qaeda ha colpito ancoraLONDRA - Il 7 luglio, quattro bombe (apparentemente portate sul posto da quattro «suicidi islamici») esplosero nella metropolitana di Londra, uccidendo 52 persone e ferendone centinaia.
Oggi, sei mesi dopo, il ministro dell'Interno inglese Charles Clarke (Home Office) annuncia: non ci sarà alcuna inchiesta pubblica e aperta sui fatti (1).
Nessuna discussione giudiziaria di prove e indizi.
Al posto di un vero processo, o almeno di una commissione parlamentare d'indagine, il ministero stesso pubblicherà «una narrativa degli eventi».
Una narrativa di sua propria concezione: com'è noto, il genere narrativo comprende esclusivamente romanzi, racconti, fiction.
La scusa è la stessa addotta dalla Casa Bianca per bloccare ogni inchiesta seria, giudiziaria e parlamentare, sull'11 settembre: una vera indagine «sottrarrebbe risorse e attenzione alla lotta contro il terrorismo» e agli «urgenti compiti della sicurezza», senza dire che «occuperebbetroppo tempo».
Non c'è tempo per la verità.



Così, non sapremo mai più perché i quattro giovani terroristi «suicidi», andando a morire a Londra da Leeds, comprarono anche il biglietto di ritorno del treno.
E perché parcheggiarono l'auto a noleggio nel parcheggio della stazione di Leeds, pagando il regolare pedaggio per la giornata, e con il biglietto del pagamento bene in vista.
Mai sapremo perché si fecero saltare ad Aldgate e ad Edgware, quartieri popolati da musulmani, con la certezza di ammazzare (come è stato) quasi più musulmani che odiati cristiani.
Non sapremo come mai nessuno di loro, prossimo al suicidio per Allah, abbia lasciato un proclama, un video.
Come mai il più giovane di loro, un diciottenne che viveva coi genitori, non abbia lasciato una lettera d'addio alla mamma; e come mai solo la sera prima aveva partecipato ad una partita di cricket come nulla fosse.
Come mai quello che si fece saltare sull'autobus a due piani a Tavistock, poco prima era entrato tranquillo in un McDonald's a farsi un hamburger.
Sull'autobus, invece, i testimoni se lo ricordano agitatissimo, sudato, che frugava freneticamente nel suo zaino, si alzava, tornava a sedersi, frugava ancora.
Perché?
Non lo sapremo.



Non sapremo se i quattro giovani, musulmani, ma britannici di nascita e di cultura, sapevano di dover morire o se, invece, siano stati usati come ignare pedine.
Silenzio definitivo sui loro collegamenti con centrali estere, e quali centrali, e di quale «estero».
Nulla sapremo dell'esplosivo usato: era il miscuglio casalingo e instabile di perossido di acetone come ci è stato detto, o un plastico militare d'alta potenza?
Non lo sapremo mai.
Non vedremo mai né perizie tecniche, né reperti di autopsie.
Non sapremo mai se i quattro «suicidi» abbiano innescato loro, manualmente, gli ordigni, o se questi fossero radiocomandati.
Nulla sapremo della strana «esercitazione» in corso quel mattino: dove una impresa di sicurezza, la Visor Consultants, per conto di «un cliente» non identificato, stava simulando un attacco con bomba proprio nelle stazioni della metropolitana dove realmente avvenne la strage.

Lo disse, eccitato e sgomento, lo stesso capo della Visor, tale Peter Power, alla BBC radio: poi tacque e non rispose più ai giornalisti.
Nessun giudice lo obbligherà mai più a testimoniare.
Né sarà più possibile fare un collegamento tra le almeno cinque esercitazioni in corso in USA e a New York il mattino dell'11 settembre, e questa misteriosa esercitazione di Londra.

Nessuno sarà obbligato a rivelare il nome del «cliente» della Visor, da cui non dovrebbe essere impossibile risalire al «mandante». E nemmeno si parlerà più dell'avviso preventivo che ricevette Netanyahu, il ministro israeliano che si trovava a Londra quel mattino, di non uscire dall'albergo.
Il Mossad ha ammesso di averlo avvisato, avendo saputo quel che stava per accadere: ma con «soli due minuti di anticipo».
Su questa faccenda, che tanto puzza, sarà steso il velo definitivo dell'omertà di Stato.



E nemmeno si saprà come mai Robin Cook, ex ministro degli Esteri, dopo l'attentato parlò di punto in bianco del fatto che «Al Qaeda, per quanto ne ricordo io, è il nome del database americano con i nomi dei guerriglieri mandati dalla CIA a battersi in Afghanistan».
E quale malattia misteriosa uccise Robin Cook due giorni dopo, a 59 anni, mentre passeggiava in ottima salute.
Forse Robin Cook non era un cardiopatico, ma un eroe che sapeva e minacciava di accusare gli architetti della strage
.

Non lo sapremo mai più.
A tutte queste domande risponderà una «narrativa» del ministero dell'Interno.



Dedichiamo questa notiziola ai lettori (ne abbiamo) i quali continuano a credere che il «terrorismo islamico» sia vero, indubitabile, comprensibile.
Che le responsabilità siano ben evidenti: «Al Qaeda», «Al Zarkawi» e simili figure.
Che i ministeri degli Interni non abbiano nulla da nascondere, e che non ci siano complicità con servizi ricollegabili a un «estero» vicino e molto esperto in false flag operation.
Attenti alla strategia della tensione: il nostro difensore istituzionale può essere il nostro nemico.
I nostri alleati, i peggiori terroristi.
Attenzione, voi troppo fiduciosi.
Anche perché da più parti, in questi giorni, si fa circolare una voce che preannuncia un attentato sul metrò di Milano per il 23 o il 24 dicembre.
Persone con facce «da marocchino» andrebbero in giro ad avvertire, discretamente, di tenersi alla larga dal metrò in quei giorni.



Forse è una voce metropolitana.
La diffondiamo nella vaga speranza che il solo fatto di pubblicarla possa trattenere gli architetti del possibile attentato.
Ma temiamo molto.
Perché da tempo il «terrorismo islamico» non dà segni di vita, e in altissimo loco possono aver valutato che l'opinione pubblica ha bisogno di una rinfrescata alla memoria, ha bisogno di ricordarsi che è ancora e sempre minacciata dal «grande nemico» senza volto.
E le date, consentirebbero bellissimi titoli: «Natale di sangue a Milano», «Al Qaeda colpisce l'Italia».
Al Qaeda o qualcun altro?
L'inchiesta non ci sarà.
Anche noi ci dovremo accontentare di narrativa.

Maurizio Blondet




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Note
1) «No inquiry into 7 july bombings», BBC, 14 dicembre 2005.










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http://effedieffe.com/interventizeta.php?id=842&parametro= esteri
 
anche qualcosa circa i coccodrilli nelle fogne di New York andrebbe bene

o della sagoma di satana in persona che si intravede tra i fumi delle torri gemelle l'11 sett

:-o
 
e la congiura

demo-pluto-giudaica che ha fatto avvisare gli ebrei di nn essere nelle torri proprio a quell'ora.........dove la metti :lol:
 
la storia si ripete sempre...

«E' chiaro che gli raccontano delle balle, ma dopo averli incontrati anch'io mi chiedo fino a che punto i nostri giornali dicano la verità. Questi non sono i 'barbari selvaggi' di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti?

http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=860&parametro= religione



quante ne raccontano a noi? qualche verità trapela grazie ad internet e poi diventa una valanga....
a noi hanno detto delle armi di distruzione di massa....
hanno raccontato che terroristi islamici hanno attaccato NY ma poi si sono dimenticati di informarci che una delle torri gemelle era MINATA e che il proprietario sarà processato (non si sa se per le mine o per aver informato la popolazione) :rolleyes:

non riesco a non paragonare il nostro periodo con il profondo medio evo...
 
eccone UNA davvero grossa ervita a giustificare l'attacco imperialista USA di matrice taxana

http://www.movisol.org/ulse353.htm

Si riapre l'indagine sul Nigergate in America. Il SISMI porti il "Dossier Ledeen" in Parlamento

di Paolo Raimondi, presidente del Movimento
internazionale per i diritti civili – solidarietà
Il Los Angeles Times ha scritto il 3 dicembre 2005 che il Federal Bureau of Investigation ( FBI) ha ricevuto l'ordine di riaprire le indagini sul Nigergate in quanto sono state raccolte nuove informazioni e “alcuni personaggi hanno incominciato a cooperare con gli investigatori”.
Questa nuova indagine dovrà prendere in considerazione il ruolo svolto da Micheal Ledeen, il neoconservatore dell'American Enterprise Institute che da trent'anni fa il bello e cattivo tempo anche in Italia, in compagnia dei servizi segreti paralleli e delle reti della P2 di Licio Gelli & co.
La storia degli acquisti di uranio in Niger da parte del regime di Saddam è la bugia principale dietro la guerra in Iraq e può diventare la pietra tombale, l'impeachment, per il super falco della Casa Bianca, il vice presidente Dick Cheney, che sulla base di queste fabbricazioni ha spinto l'Amministrazione USA nell'avventura delle guerre preventive.
Il suo braccio destro, Lewis “Scooter” Libby si è già dovuto dimettere quando il procuratore speciale Patrick Fitzgerald ha potuto dimostrare che era stato lui a rivelare che Valerie Plame era un agente della CIA, come rappresaglia contro il di lei marito, l'ambasciatore Joe Wilson, che dal febbraio 2002 aveva ufficialmente denunciato la storia dell'uranio del Niger come una bufala.
La bugia era stata architettata a Roma con la partecipazione di Rocco Martino, un personaggio dei servizi segreti paralleli di casa nostra e di altri paesi. È importante notare che nel dicembre 2001 Michael Ledeen, insieme a due personaggi dell'Office for Special Plans del Pentagono, Larry Franklin (nel frattempo incriminato in USA per spionaggio a favore di Israele!) e Harold Rhode, e al trafficante di armi iraniano Manucher Ghorbanifar, famoso per lo scandalo dell'IranContra nel periodo di Bush padre, si trovavano a Roma per incontrare i capi del nostro servizio segreto militare e altri referenti istituzionali, e un gruppo di cittadini iraniani legati a queste reti, con i quali incontri e concertazioni si sono protratti per tre giorni.
La precedente indagine sul Dossier Niger doveva solo accertare se vi fosse stata “un'intenzione fraudolenta e criminale” allo scopo di ottenere “benefici finanziari” a scapito di cittadini o enti americani. Solamente un mese fa, interpellata dal settimanale di area democratica Executive Intelligence Review, dell'economista e politico americano Lyndon LaRouche che guida la campagna “Impeach Cheney”, la FBI aveva risposto che “non vi erano state vittime di una simile frode finanziaria, secondo la legge americana”.
Adesso il Los Angeles Times ha scritto che “l'indagine cercherà di provare se il falso dossier sia stato promosso da cittadini americani che sostenevano l'invasione dell'Iraq, o da membri del'Iraq National Congress ( INC)” di Ahmad Chalabi, il tirapiedi di Rumsfeld e Cheney che aveva promesso una facilissima vittoria in Iraq.
Anche il senatore democratico Jay Rockefeller, co-presidente del Comitato sui servizi segreti del Senato, ha richiesto all'FBI di riaprire l'indagine e di sentire tra gli altri anche il famigerato Rocco Martino, che, stranamente, non è mai stato formalmente interrogato.
E' per questo motivo che rinnovo la richiesta rivolta al Parlamento italiano e al gen. Pollari, capo del SISMI, di rendere disponibile il dossier raccolto dai nostri servizi segreti sul conto di Michael Ledeen e le sue attività in Italia, per chiarire soprattutto il ruolo da lui ricoperto nella falsa storia dell'uranio del Niger, dossier di cui lo stesso Pollari aveva ammesso l'esistenza.
 
..............

geniale. :lol:


Oiboh ..e ora che Ciampi ha detto che gli Italiani sono andati in Iraq dopo che la guerra era finita...............lo sconfessiamo :lol:
 
tontolina ha scritto:
interessante
http://www.finanzaonline.com/forum/showthread.php?t=610522
ma chi sono i VERI TERRORISTI PLANETARI?


Atomiche contro l’Iran? Scienziati contro
Maurizio Blondet
06/01/2006
«L’uso preventivo della bomba atomica contro un avversario non nucleare, in una guerra non provocata, segnerà una svolta tragica»Oltre 1500 fisici, fra cui otto premi Nobel, hanno firmato una petizione - fatta circolare nel mondo dall'università di San Diego - che chiede a Bush di cancellare la «nuova dottrina americana sull'uso della bomba atomica». (1)
Tale nuova dottrina è stata delineata nel documento ufficiale «Nuclear Posture Review» nel 2001, e messa a punto nei dettagli dal rapporto del Pentagono «Doctrine for joint nuclear operations».
Questi due documenti rovesciano la vecchia dottrina americana - che dichiarava che gli USA non avrebbero mai usato la bomba atomica per primi, ma solo come risposta a un attacco atomico del nemico.
La nuova «posture» infatti annuncia che gli USA sono pronti a lanciare la bomba in via preventiva contro «installazioni sotterranee avversarie» (allusione all'Iran), contro avversari «che usanoo intendano usare [sic] armi di distruzione di massa» contro le forze armate americane, e anche per imporre «una rapida fine di una guerra nei termini favorevoli agli USA».
Gli scienziati firmatari notano che l'applicazione di questa dottrina rischia di essere «affrettata dagli eventi imminenti nel Golfo Persico», ossia dall'annunciato attacco alle installazioni atomiche dell'Iran.



Sia che l'attacco preventivo venga scatenato da Israele (l'ex primo ministro Netanyahu lo invoca, e Sharon non lo ha escluso), sia dagli americani, è in ogni caso inevitabile che - data la presenza di truppe USA nel vicino Iraq - l'America venga coinvolta in un conflitto contro l'Iran.
Ed è improbabile che il conflitto resti confinato alle armi convenzionali, per la necessità di proteggere le vite dei soldati USA in Iraq: è uno dei casi previsti, «porre rapidamente fine al conflitto nei termini favorevoli» agli Stati Uniti.
Tanto più che l'Iran può reagire con missili che recano nelle testate armi chimiche.
Tuttavia, l'uso preventivo della bomba atomica contro un avversario non nucleare, in una guerra non provocata, notano gli scienziati, segnerà una svolta tragica.
Da quel momento tutte le 182 nazioni che hanno firmato i Patti di non-proliferazione si sentiranno in pericolo, e parecchie di loro si affretteranno a dotarsi del proprio deterrente nucleare.
Ne risulterebbe un mondo con troppe potenze atomiche e col rischio che conflitti minori o regionali possano escalare allo scontro nucleare.



Nella petizione, gli scienziati criticano fortemente il concetto di «armi di distruzione di massa» usato dal Pentagono per accusare i suoi nemici; il concetto mette insieme l'arma atomica e altre come gas e armi biologiche, offuscando la distinzione tra le armi diverse e il nucleare, immensamente più letale.
Una guerra atomica può distruggere la civiltà.
E non c'è differenza fondamentale fra bombe atomiche «piccole» intese a colpire installazioni sotterranee, e le «grandi» atomiche lanciate su città od eserciti.
Il «tabù» delle armi atomiche ha servito l'umanità per 60 anni, dicono gli scienziati.
Se l'uso di tali armi contro Paesi non-nucleari diventa dottrina ufficiale americana, verrà il momento in cui il loro uso diverrà inevitabile, se non altro per mancanza di piani alternativi.

Maurizio Blondet




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Note
1) Jorge Hirsch, «Americas nuclear ticking bomb», San Diego Tribune, 3 gennaio 2006. Hirsch è docente di fisica a San Diego, e uno dei promotori della petizione. La si può leggere su http://physics.ucsd.edu/petition/.




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BUSH TERRORISTA PLANETARIO... PEGGIO DI HITLER
 

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