Convertibilità del Rublo e ritorsioni USA

proprio ieri ho letto un articolo in cui si diceva essere convinti che presto le nazioni Arabe si uniranno ed aranno la medesima moneta
il dollaro mussulmano

che sarà la moneta con cui venderanno il loro petrolio



allego qui un articolo interessante che mette in evidenza la fallacità della strategia di BUSH


Speciale John Law
http://michelespallino.blogspot.com/2006/09/speciale-john-law.html

Ogni tanto torno al filone storico, occasione datami dalla rilettura della famosa bolla che interessò la compagnia dei mari del sud, e soprattutto quella di John law (passato alla storia come lo schema del mississipi) entrambe nella parte iniziale del 18° secolo.
Ogni volta che rileggo queste vicende, resto sempre affascinato dai tanti paralleli tra questo periodo di speculazioni agli albori del capitalismo, e la situazione attuale. In particolare, mi colpisce il ruolo simile che hanno la carta moneta e gli eccessi creditizi, nonchè il ruolo che governi ed imprese ebbero ed hanno nell'attizzare gli eccessi finanziari.

Ciò che di norma succede è che di tanto in tanto un ondata di ottimismo irrazionale si diffonde nel mondo. Le persone credono di vivere l'inizio di una nuova era che porterà inimmaginabili ricchezze e prosperità a tutti. Ondate di nuovi paradigmi vengono associate alle nuove scoperte o all'apertura di nuovi territori, all'applicazione di nuove invenzioni, alla crescita dei prezzi di un importante materia prima, ai trattati di pace od a forti performance economcihe.
Una caratteristica ricorrente, è che di norma ciò avviene non all'inizio di un era di prosperità, bensì piuttosto alla fine di un periodo di prosperità; ed inoltre che sempre viene in compagnia di qualche forma di corsa maniacale verso gli investimenti.
Due esempi poco conosciuti, tra i tanti, sono appunto quelli relativi allo schema del missisipi inventato da John Law e alla bolla dei mari del sud, avvenuti in contemporanea all'inizio del 18° secolo come sopra menzionato.
Anche se nei successivi 300 anni le forme di investimento manicale sono continuamente cambiate, le caratteristiche e la natura degli attori partecipanti è rimasta sostanzialmente la stessa.
Il modello bolla implica sempre una scoperta che porta a straordinarie opportunità di profitto, dunque ad eccessi di trading e di indebitamenti, di speculazioni, seguiti puntualmente da una crisi durante la quale emergono frodi su scala massiccia, quindi l'atto conclusivo, in cui il pubblico ingannato chiede giustizia. In ogni situazione, lo stimolo monetario eccessivo e l'uso del credito foraggiano le ondate di speculazione irrazionale e la partecipazione pubblica, che coinvolge un sempre più ampio cerchio di persone che cercano di divenire ricche anche senza alcuna comprensione dell'oggetto della speculazione.

I due casi citati sono storicamente rilevanti perchè contengono tutti i principali fattori : corruzione, frodi, sistemi di dubbia correttezza, creazione di moneta e concessione di prestiti rischiosi al fine di mantenere viva l'orgia speculativa; il catalizzatore che porta all'iniziale collasso è anche qui la rivelazione della frode, nonchè l'incapacità dei grandi speculatori di avere alla fine la moneta necessaria a far fronte ai loro impegni; inoltre, la rivelazione che gli "insiders" come diremmo oggi, sono rimasti a secco (tipo Parmalat), o qualche notizia politica ed economica avversa, sono poi gli elementi che scatenano il panico, e dunque l'avidità e l'euforia lasciano il
posto alla paura e al desiderio di uscirne a qualsiasi prezzo.

Ciò che è realmente importante capire è che i promotori, sia della compagnaia dei mari del sud che di quella di John law, tentarono di supportare il mercato ad ogni costo. A un certo punto però, le forze contrarie si rivelarono superiori a ogni misura di supporto dei prezzi da loro presa.
Lo schema del Missisipi fornisce un esempio da manuale dell'inefficacia della stampa di moneta per stimolare l'economia e alleggerire il peso dei debiti.
Quello che fece John law rassomiglia molto a quello che sta facendo disperatamente Bernanke,
entrambi puntando a risolvere ogni problema, semplicemente aumentando l'offerta di moneta (non è solo per ignoranza storica che i giornali non ne parlano).
Simili politiche monetarie portano, come nel caso di Law, a distruggere la fiducia della gente nella carta moneta, ed all'inflazione. Vedremo se a quel punto anche la Fed, come Law, cospirerà con il governo per espropriare i possessori di oro. Certo, non possiamo dimenticare che nel 1933, nel pieno della grande depressione, il governo americano dichiarò illegale il possesso di oro.

Lo Schema inventato da John Law è un importante evento della storia economica perchè rappresentò il primo tentativo di introdurre carta moneta su larga scala.
La Banca Generale era una banca di deposito, non di prestito, ed ebbe un grande successo per un pò di tempo. Con una limitata emissione a fronte dell'oro posseduto, tramite le sue filiali nelle varie province, diffuse i mezzi di pagamaneto cartaceo, all'epoca limitati a Parigi e Lione, ed ebbe anche un iniziale effetto benefico sul commercio e sulla produzione.
Il problema arrivò quando il governo acquisì la banca (che diventò Banca Reale) ed iniziò ad emettere biglietti senza più rispettare il vincolo dell'oro posseduto. Occorre capire che vi è sempre un limite alla quantità di moneta che si può mettere in circolazione,e questo limite alla fine viene imposto dai meccanismi del mercato.
A un certo momento, il pubblico francese iniziò a non avere fiducia nei pezzi di carta emessi dalla Banca Reale e quindi, nonostante tutti gli sforzi di John Law che era ministro delle finanze e reggente della Banca - nessuno volle più tenere altra carta moneta. Ne risultò un rapido deprezzamento di quelle in circolazione, soprattutto in temrini di oro, materie prime, immobili.
Vediamo pertanto che un sistema finanziario basato sulla carta moneta ( o sulla moneta elettronica) dipende quasi interamente dalla fiducia del pubblico in chi la gestisce, e quando questa fiducia viene scossa, le conseguenze dolorose di una crisi del sistema sono inevitabili.
Pertanto, chiediamoci: per quanto tempo ancora coloro che stanno finanziando i debiti degli USA,
vorrannnno essere acquirenti e detentori di azioni ed obbligazioni americane,
emesse in dollari? quando arriverà il giorno in cui non ne vorranno più sapere?
 
Il "doppio" rischio russo nella guerra del gas

(AGI) - Roma, 28 dic. - Anche sulla Sueddeutsche Zeitung trova risalto la notizia della politica dei prezzi di Gazprom che mette a rischio il regime bielorusso e l'immagine di Mosca.



In aprile, il colosso del gas russo aveva annunciato che la Bielorussia, nel 2007, avrebbe dovuto pagare il gas almeno il triplo. 'Un aumento del prezzo del gas potrebbe costare caro' ad Alexander Lukascenko, presidente bielorusso, si legge sul quotidiano tedesco: 'Se si piegasse a Gazprom, il suo potere, fondato sull'economia di Stato, sovvenzionata dalla Russia con prezzi di favore, potrebbe vacillare. Mosca, d'altra parte, e' uno dei pochi alleati rimasti al dittatore, quindi Minsk non si puo' permettere scontri col Cremlino, che sta alle spalle di Gazprom. Per ironia della sorte, ora chi, in Occidente, si augura la fine dell? era Lukascenko, deve simpatizzare coi russi'. 'Sul piano della politica ambientale invece, i prezzi bassi non sono piu' giustificabili - prosegue il quotidiano tedesco -: mentre quasi ovunque nel mondo l'energia e' un bene scarso, i bielorussi si sono potuti permettere di sprecarlo. Alla fine, Gazprom accettera? un compromesso, ma rafforzera' anche il suo controllo sul gasdotto bielorusso'. 'Per la Russia tale politica aggressiva e' rischiosa, visto che gia' ora Ucraina, Georgia, Armenia e Bielorussia cercano altre possibilita' o partner o puntano sul nucleare. Anche l'Ue e' interessata a ridurre la dipendenza dal gas russo, percio', a ragione, la presidenza di turno tedesca vuole elaborare una nuova strategia per l'Asia Centrale, dove si trovano Stati, come il Turkmenistan, dalla cui ricchezza di gas dipende la stessa Russia'.

www.finanza.espressonline.it
 
LA GUERRA del metano segna un altro punto a vantaggio della Gazprom, il colosso energetico russo.

E' scongiurata una nuova crisi di approvvigionamento per l’Europa sul modello di quanto accaduto lo scorso anno per tra Russia e Ucraina.



Ieri, infatti, la Bielorussia che si era opposta all’aumento delle tariffe del gas e che per questo nei mesi scorsi aveva avviato un braccio di ferro sui prezzi da pagare a Mosca ha ceduto all’ultimatum della Russia. I negoziatori di Minsk hanno dovuto accettare quello che il premier bielorusso Serghei Sidorski ha definito un accordo «dai termini spiacevoli», sottoscritto «in un’atmosfera pesante».
Così a partire da ieri il prezzo del metano russo raddoppierà per i bielorussi, passando dagli attuali 46 dollari a 100 dollari per mille metri cubi.
Non solo.
Il colosso monopolista del gas potrà acquisire il 50% delle azioni di Beltransgaz, l’operatore di Mink dei gasdotti, al prezzo di 2,5 miliardi di dollari scaglionati in quattro anni. Poche le soddisfazioni per l’ex repubblica sovietica nella trattativa.
I russi hanno concesso a Minsk solo un contentino e, in particolare, il raddoppio delle tariffe sul transito del metano russo destinato all’Europa occidentale, che passeranno da 0,75 a 1,45 dollari ogni 100 chilometri di tubi per mille metri cubi di gas. Ben poca cosa anche il fatto che che le posizioni di partenza russe erano anche più rigide, con aumenti per il gas fino a 105 dollari e un’offerta per Beltrangaz non superiore ai due miliardi di dollari. Altra condizione che soddisfa solo in parte i bielorussi la circostanza che, comunque il metano diretto ai bielorussi è il più a buon mercato nell'area ex sovietica, dopo i rincari fra i 130 dollari dell'Ucraina e i 235 della Georgia decisi nel 2006 da Gazprom. Per l'economia di Minsk, che basa la sua crescita sui privilegi del rapporto speciale con Mosca, le ripercussioni saranno comunque pesanti, e si aggiungono alla perdita di un'altra gentile concessione russa, l'esenzione doganale sull'import del greggio. La lavorazione di quel petrolio e la vendita all'estero dei prodotti raffinati formano una colonna importante del bilancio bielorusso, oltre ad attirare gli investimenti dei privati russi negli impianti petrolchimici del paese.




www.iltempo.it
 
Gasputin/ Bruxelles banedice l'accordo Minsk-Mosca: "Assicura rifornimenti"
Giovedí 04.01.2007 13:25


Valdimir Putin
L'accordo tra Bielorussia e Russia firmato all'ultimo minuto allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre è stato "valutato positivamente" dal Gruppo di coordinamento sul gas che ha riunito i rappresentanti dei Paesi dell'Ue riunito a Bruxelles. Lo ha reso noto un comunicato della Commissione europea in cui si sottolinea "l'importanza di un consolidato e stabile accordo pluriannuale per assicurare il transito del gas attraverso la Bielorussia".

Per il commissario Ue all'Energia Andris Piebalgs, che ha partecipato all'incontro, "un rifornimento di energia sicuro e prevedibile è un dovere per l'economia europea e un diritto per i cittadini europei". Piebalgs ha anche ricordato che la sicurezza dei rifornimenti energetici sarà l'elemento chiave delle proposte sull'energia che saranno presentate dalla Commissione il 10 gennaio. Sul passaggio di proprietà alla russa Gazprom del 50% dei gasdotti bielorussi, il portavoce si Piebalgs si è limitato a rilevare che "è una questione bilaterale".

Nella riunione il Gruppo di coordinamento del gas, a cui ha partecipato per la prima volta l'ambasciatore di Minsk presso l'Ue Vladimir Senko, ha valutato come sufficienti le misure prese dagli Stati membri, principalmente Germania, Polonia e Lituania, che sarebbero stati più toccati da un'ipotetica interruzione dei rifornimenti dalla Bielorussia, attraverso cui transita il 20% del gas russo diretto in Europa.

http://canali.libero.it/affaritaliani/economia/uegasrussia0401.html
 
ECCO PERCHè è stato ASSASINATO

La guerra civile e il petrolio dell'Iraq nelle mani dei Boia di Saddam e dei finanziatori della strategia del terrorismo

http://www.etleboro.com/view_news.php?lan=ita&id=1531

A pochi giorni dalla morte di Saddam continua in maniera sempre più accesa la guerra civile che da mesi ormai sta martoriando l'Iraq.L'invasione dell'Iraq e lo stesso processo di Saddam hanno aperto una grave ferita tra la popolazione iraqena divisa tra sciiti e sunniti che trucidano migliaia di civili per la conquista del potere, grazie ai finanziamenti dell'America e dell'Onu.



La stessa esecuzione di Saddam è stata una vera vendetta dei suoi avversari politici, che hanno così fatto il lavoro sporco di una decisione presa da tutta la Comunità Internazionale e dall'America in particolare nel momento in cui hanno invaso quel paese.
Gli sciiti hanno processato e condannato Saddam, inscenando un vero linciaggio e a dimostrazione di ciò occorre tener presente che mentre restavano solo alcuni secondi di vita al presidente iracheno, i suoi boia si sono messi a gridare il nome di "Mouktada". Ma c'è di più, se si analizzano con maggiore attenzione le immagini del video dell'esecuzione trasmesso in tutto il mondo, si potrebbero riconoscere qualcuno dei personaggi che prendono parte all'esecuzione. L'uomo che stringe la corda al collo di Saddam presenta la stessa fisionomia, nonchè statura, con alcuni rilevanti particolari di Mouktada Assadr, capo degli sciiti di Bagdad, che più volte ha giurato vendetta a Saddam per rivendicare la morte del padre.
Tra le tante informazioni che ogni giorno ci pervengono dall'Iraq tramite i forum, vi mostriamo le immagini che mostrano come probabilmente il boia che aggiusta il cappuccio, temendo di essere scoperto è Mouktada Assadr: stessa statura, stessa barbetta, e porta un anello nella stessa posizione. La notizia non è stata data con certezza, ma è stata presa seriamente in considerazione a Bagdad, soprattutto tra coloro che si sono fermamente opposti a questa condanna.






Il video shock della salma di Saddam Hussein




Chiunque abbia divulgato queste immagini, nonché quelle del video della terribile fine destinata a Saddam, ha senz'altro continuato a fomentare l'odio e i conflitti tra le forze che si stanno scontrando oggi, avvantaggiando l'America. L'intero processo, la decisione di anticipare l'esecuzione, il linciaggio e poi la profanazione della morte del Rais sono state viste dalla comunità internazionale come una scelta consapevole e autonoma degli Irakeni, che hanno scelto così come condannare il proprio tiranno. È ovvio invece che vi è una regia di fondo che va al di là degli sciiti e dei sunniti, che non hanno alcun potere se non quello sulle masse grazie all'esercizio del potere religioso. L'America oggi finanzia direttamente i religiosi sciiti cha, saliti al potere, hanno destinato alla diretta esportazione verso gli Stati Uniti di oltre il 30% delle riserve petrolifere, mentre Saddam manteneva uno stretto rigore nella produzione. Mentre finanzia la guerra civile e fomenta gli animi, nascondendosi dietro gli sciiti per non assumersi, come sempre, delle dirette responsabilità, getta nel panico totale uno Stato che si troverà così gestito non da un governo ma dal caos.
Mantenendo uno stato di guerra civile, l'America sarà così in grado di mantenere uno stretto controllo sul Paese, e sugli approvvigionamenti di petrolio senza sprecare altre risorse umane o fare investimenti. L'Iran inoltre è pronto a beneficiare anch'essa della tempesta della guerra civile iraqena per costruire un alleato, finanziando parte della ricostruzione con un prestito di oltre un miliardo di dollari.
Lasciare il paese nel caos totale, in mano agli sciiti significa evidentemente destinare queste risorse ad altre operazioni, come ad esempio una guerra in Iran che si prepara da molti mesi ma che sta divenendo una realtà sempre più vicina.


È stata accreditata sempre più come probabile la notizia che Israele abbia preparato dei piani per distruggere i siti iraniani di arricchimento dell'uranio per mezzo di armi tattiche nucleari. A di questa notizia, le autorità iraniane hanno lanciato un allarme ai propri centri sensibili, dichiarando che ogni attacco militare non resterà senza replica. La decisione di Israele è tanto improvvisa quanto aspettata ma molti, considerando la guerra fredda che l'Iran sta conducendo, ma molto probabilmente rappresenta pura propaganda per intimidire il nemico, volutamente alimentata mediante la stampa inglese e statunitense.
In realtà la vera minaccia tesa contro Israele è quella della crisi energetica. Infatti, solo la settimana scorsa, l'Iran ha infatti deciso di interrompere gli approvvigionamenti di gas alla Turchia, mettendo in crisi la distribuzione di gas non solo verso l'Europa, ma anche verso Israele, vera destinataria del gasdotto Bakou-Tbilissi-Ceyhan. Un tale pericolo potrebbe essere a tutti gli effetti evitato al passaggio del progetto di legge dell'Iraq, che, introducendo gli Accordi di divisione di produzione (PSA), permetterà alle società di BP, Shell, Exxon e Chevron di firmare dei contratti di 30 anni per estrarre il brut iracheno. Con questi contratti le compagnie petrolifere potrebbero trattenere sino al 60 o 70 per certo della produzione, finanziando n contropartita gli investimenti per lo sfruttamento e la trivellatura. Più di 300.000 barili al giorno saranno pompati a partire dai campi petroliferi di Kirkouk, verso il terminale di Ceyhan in Turchia, per poi sfociare sino in Israele.

Per cui, nonostante sia stata assicurata ad Israele energia a sufficienza per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, questa situazione molto instabile e probabilmente non durerà ancora a lungo. Temiamo che si propaghi invece un conflitto che coinvolgerà i paesi del Medioriente e dell'Asia centrale, perché oggi gli Stati lottano sul filo del rasoio nelle negoziazioni per l'approvvigionamento energetico.
Chi oggi perde in queste trattative perde la guerra, e possiamo dire che l'Europa in un certo senso ha già perso il primo scontro di questo conflitto tra le grandi potenze. Il fallimento delle trattative tra Bielorussia e Russia danneggia, a stretto giro, la Polonia e la Germania, mentre in Italia resta nel silenzio una probabile crisi energetica. Il conflitto potrebbe dunque nascere intorno all'Iran, bersaglio da tempo delle ostilità dell'Onu e dell'America, per poi estendersi alla Siria, che è stata sfiorata dal conflitto libanese, fino ad arrivare nel Caucaso. È verso l'Adzerbaidjan e il Turkemenistan che si dirigerà questa guerra, perché lì risiedono le più preziose riserve di gas e petrolio, contese da Russia e America.
Esiste in tutto questo senz'altro una regia, perché ad ogni azione corrisponde una reazione immediata e prevedibile. Ogni qual volta che un rubinetto viene chiuso, una guerra si prepara a colpire l'ostacolo contrattuale, per risolvere sul campo lo scontro delle trattative per gli approvvigionamenti.
[VIDEO ]
 
la guerra dele Pipeline tra Putin e Bush è in pieno svolgimento e forse ora emerge la vera storia della serbia
http://www.etleboro.com/view_news.php?lan=ita&id=1589


La verità su Vukovar rivelata dalla Cia. La rebalcanizzazione e il gioco dei media

Viene reso noto in questi giorni un rapporto della CIA che mette sotto accusa un ex-dirigente croato, Tomislav Mercep, per crimini di guerra commessi contro "migliaia di serbi" durante il conflitto serbo-croato tra il 1991 il 1995.



Il rapporto pubblicato dall'agenzia governativa americana toglie così il segreto che era stato posto su episodi di guerra che la storia hanno tramandato come delle atroci stragi ad opera invece dei generali serbi.
Viene precisato infatti che le dichiarazioni sulle atrocità imputate a Mercep ed ai suoi uomini sono state verificate sulla base delle prove raccolte dalle organizzazioni internazionali per i diritti dell'uomo e dalle testimonianze di superstiti, tuttavia, il governo croato, temendo la reazione di quella fazione politica che sosteneva il generale, ha evitato di indagare su queste accuse. Il procuratore generale della Croazia ha ricevuto così nel 2006 dal Tribunale penale internazionale (TPI) per l'ex-Iugoslavia i documenti sui crimini commessi contro i serbi a Vukovar e nella regione di Pakrac.
Le rivelazioni che vengono fornite a distanza di così tanto tempo dalla Cia sono alquanto discordanti da quanto invece è stato detto in questi anni sulle stragi di Vukovar e Packarac, che da sempre sono state imputate ai serbi. La storia recente infatti descrive la battaglia di Vukovar come una strage ad opera della Guardia Volontaria serba, guidata da Zeliko Raznatovic, che perpetuò così atroci crimini contro la popolazione civile croata, facendo prigionieri di guerra, razzie e depredando l'intero villaggio. Le autorità ritrovano la più grande fosse comune trovata in Croazia, in cui furono riesumati i corpi di 200 croati, soldati e civili uccisi dopo l'occupazione serba della città nell'autunno del 1991.

La pubblicazione del rapporto della Cia, che parla di migliaia di serbi trucidati dall'armata fascista croata, certamente stravolge la storia che per molto tempo è stata divulgata dai media internazionali, e dalle Organizzazioni Internazionali, e sulla base della quale la Croazia ha rivendicato le proprietà dei serbi scacciandoli dalle loro terre.
Nei primi anni di guerra, la macchina mediatica dei proprietari delle tv e dei giornali avevano montato dei veri e propri casi, come il bombardamento di Lubiana , e il Manifesto che Médicins Sans Frontières pubblicava in tutto il mondo diffamando il popolo serbo, redatto dallo stesso giornalista che aveva sostenuto che in Kosovo furono uccisi più di 400 bambini .




Le immagini che documentavano l'esistenza di campi di concentramento in cui veniva perpetuato un genocidio ai danni della popolazione Bosniaca rivelandosi successivamente una finzione mediatica del team giornalistico britannico che produssero il filmato





Molteplici testate internazionali hanno infatti confermato l’esistenza di campi di sterminio, ma NESSUNA prova è stata mai prodotta, trattandosi di campi organizzati per lo scambio delle persone, perché esisteva la guerra politica delle enclavi. Ci scandalizziamo così tanto quando sentiamo dai telegiornali che a Napoli un' anziana signora muore per uno scippo, mentre i Balcani non scandalizzano molto il popolo italiano: ringraziamo dunque i giornalisti occidentali, il mondo occidentale. Tutto rientra nella "normalità", come le armi vendute nei supermercati come cioccolatini, e le migliaia di morti per le rapine.
I contractor della DTS, potente società privata di sicurezza che dispone di aerei e flotte di propria proprietà e organizza azioni di sabotaggio in tutto il mondo, furono denunciati e condannati dall’ONU perchè segregavano minorenni bosniache musulmane. Per non rendere pubblica questa notizia, furono creati i cosiddetti “campi da stupro”, che fomentarono ancora di più la guerra. Se oggi continuano a ricamare su tali massacri è solo per confermare tale versione della storia, e dissipare i dubbi e le incoerenze che nel tempo sono diventate evidenti, solo perché sempre più nei Serbi si fa viva l’intenzione di denunciare la Nato e le Banche per etnocidio.
Le truffe giornalistiche hanno fatto sì che si costruissero degli alibi e dei casus belli, per cambiare il pensiero delle persone e indurre l'intera opinione pubblica a schierarsi a favore di quelle forse che volevano la guerra.[/size+

Bernard Kouchner fondatore di Medici Senza Frontiere, e capo della missione in Kosovo (Minuk)
Se oggi la Cia dice questo, nonostante il grande ruolo che ha avuto la Nato, è perché oggi è in atto un processo di ribalkanizzazione che dà alla Serbia un importante ruolo per via del progetto della pipeline che attraverserà i territori dei Balcani per approvvigionare l'Europa del gas e del petrolio proveniente dal Mar Caspio e dall'Iraq e Iran. Dopo le tante umiliazioni che la Serbia ha dovuto subire, i demiurghi di Washington hanno cambiato strategia nei confronti dei Balcani al fine di controllare questa regione prima che lo faccia la "diplomazia" di Putin. È stata così negata l'Indipendenza al Kossovo, mentre si cerca di realizzare la rebalcanizazzione della regione, cioe un'unione balcanica. Chiediamo dunque che ci spieghino che cosa sia la Yugoslavia e cosa invece la rebalcanizzazione, se non la stessa cosa ma con un nome diverso. Gli Stati dei balcani non sono nati in maniera spostanea, perché sono etnie e razze molto eterogenee tra di loro, un'unica terra per anni ha tenuto insieme musulmani, ortodossi, zingari, albanesi, cattolici e ebrei, in una situazione di equilibrio precario. Dopo sono sopraggiunte le intelligenze occidentali, gli inglesi e gli americani, che hanno deciso di divedere i popoli fomentando guerre e odi razziali.




In realtà hanno provocato l'ennesimo fallimento, cancellando e riscrivendo la storia a loro piacimento, a seconda degli interessi da soddisfare, com'è accaduto in maniera simile per l'Italia del Sud e la storia del Risorgimento. Con la Serbia questo gioco è in parte fallito, perché è riuscita a rimanere in piedi e a resistere al destino che era stato scritto per lei dai Banchieri e le lobbies del petrolio.
Sulla scia di questo revisionismo storico ad opera degli stessi personaggi che hanno truccato le carte, potremo arrivare a leggere in un futuro la verità, ossia che la guerra di Bosnia, ad opera dei famosi Karadzic e Mladic che non è stato altro che una invenzione dei media. I generali serbi allora fecero solo il loro dovere in difesa del proprio popolo caduto nella trappola di Srebrenica tesa dai Mujaidin. Tanto è vero che negli accordi di Dayton, la Republika Srpska alla fine del periodo stabilito dalla convenzione può chiedere un Referendum per ottenere l'indipendenza. Oggi la Bosnia è una Federazione di Stati controllata da un Commissario Europeo che fa i soli interessi della Banca Mondiale e del FMI, e da una schiera di personaggi che si aggrappa agli specchi, conclude con incarichi governativi la propria carriera e fa razzia di ciò che trova in favore delle lobbies che lo hanno condotto al potere.
 
pabletto ha scritto:
tontolina ha scritto:
Terremoto sulle Borse asiatiche e sugli oleodotti: è la guerra
indispensabile lina!!!!!!!! :up:
L'embargo bancario all'Iran e la propaganda del petroeuro

In nome della guerra economia dichiarata all'Iran, Washington ha annunciato che congelerà gli averi della banca pubblica iraniana "Sepah", accusata di finanziare la produzione e le transazioni di armi.



Il Tesoro aveva già annunciato ad inizio settembre di aver già cominciato ad eliminare ogni relazione tra il sistema finanziario americano e altri stabilimenti iraniani, accusati di sostenere delle gli Hezbollah. Di conseguenza le istituzioni finanziarie e le imprese hanno cominciato nel mondo intero a rivalutare le loro relazioni commerciali con l'Iran, riducendo o interrompendo le loro relazioni commerciali con l'Iran. Gli Stati Uniti hanno chiesto infatti insistentemente a tutti i governi di rispettare gli obblighi imposti dalla risoluzione 1737, imponendo di chiudere così tutte le agenzie della banca Sepah all'estero, particolarmente quelle di Roma, Parigi e Francoforte.
Sono queste le prime misure della guerra economica contro l'Iran, che hanno senz'altro come obiettivo quello di colpire non l'economia del Paese ma i centri nevralgici delle istituzioni, accumulando prove di circostanza contro le pratiche finanziarie dell'Iran, soprattutto con la Russia e la Corea del Nord.

Già da un anno i banchieri Europei e americani stanno ostacolando l'ingresso al sistema finanziario mondiale delle banche iraniane, diffondendo la notizia su un loro probabile coinvolgimento in racket internazionale o traffico di armi di distruzione di massa. La guerra economica contro l'Iran è da tempo in atto, anche senza una risoluzione ONU, ad opera delle lobbies del petrolio e quelle bancarie che vogliono mettere le mani sui giacimenti di gas e di petrolio dell'Iran. L'intero sistema bancario americano è stato bloccato alle cinque banche pubbliche iraniane, in modo da isolare poi uno stato intero. Infatti, essendo prima il petrolio negoziato tradizionalmente in dollari, gli Stati Uniti hanno vietato alle banche americane di contrattare direttamente con una banca iraniana per la vendita del petrolio.
In risposta a tale mossa, l'Iran lanciò il suo piano di creare una borsa internazionale per lo scambio dei prodotti petroliferi utilizzando come moneta di contrattazione l'euro e non il dollaro. Allo stesso modo, la Banca Centrale ha affermato che a partire dal gennaio 2007 avrebbe cominciato un'attività di diversificazione delle riserve fino ad eliminare i petrodollari accumulati.

Entrambe le dichiarazioni sono state ottime strategie politiche, ma prive di un fondamento economico o tecnico, in quando non possedeva ancora le giuste infrastrutture telematiche e le relazioni per coinvolgere dei partner negli scambi. Inoltre è trapelata attraverso i media iraniani la notizia che la Banca Centrale abbia prosciugato tutte le sue riserve monetaria, in seguito all'embargo bancario che da tempo sta subendo l'Iran e lo ha costretto a indebitarsi nei confronti dei suoi stessi partner come Russia e Cina. Per tale motivo dinanzi alla notizia che l'Iran abbia cambiato le sue riserve di dollari in euro, possiamo avanzare l'ipotesi che abbia cambiato la denominazione del suo debito in realtà. Tale scelta, sebbene ha un motivo strategico e politico di fondo, è stata criticata da molti perché potrebbe in futuro portare all'accrescimento del debito in seguito all'aumento del cambio dell'euro. Il passaggio delle importazioni e dei petrodollari in euro potrà forse aiutare a sfuggire agli ostacoli messi dagli americani ai loro trasferimenti di denaro, appoggiandosi alle banche francesi e tedesche, ma la conversione dei dollari accentuerà ancora di più le perdite di cambio dell'Iran.
Inoltre la decisione molto politica dei mullah non ha avuto alcuna incidenza sul mercato dei cambi, scossa più che altro dalle manovre della Russia, della Nigeria e dell'Adzerbaijan. L'Iran ha forse voluto emulare altre economie più forti, come la Cina, che basa invece le sue riserve sulla bilancia commerciale, sulle sue esportazioni.

L'economia iraniana è indebitata fino al collo, non può permettersi di tentare speculazioni monetarie, e può solo giocare con le sue dichiarazioni ad effetto per colpire l'opinione pubblica. Quella che era la guerra dell'Iran al dollaro si è rivelata una grande bufala, perché in realtà è stato il dollaro a boicottare Teheran e le sue banche pubbliche. Per tale motivo è cambiata la strategia di difesa dell'Iran, che ha così deciso di far leva sul gas per colpire direttamente la Turchia, ma indirettamente l'Unione Europea ed Israele, chiudendo i rubinetti al Bakou-Tbilissi-Ceyhan. Costringendo così tali Paesi a cambiare i canali di distribuzione, dalle major occidentali alla Gazprom, fida alleata, che sta proponendo così un percorso alternativo al Gas. Allo stesso tempo ha deciso di prendere parte alla spartizione dei poteri dell'Iraq, scegliendo così di finanziare con un miliardo di dollari la ricostruzione del Paese, e in un certo senso una lobby che dovrebbe fare gli interessi dell'Iran o della Russia.

Nel Medioriente si sta aprendo infatti una vera guerra tra le lobbies arabe finanziate da una parte dalla Russia, attraverso l'Iran, e dall'altra dall'America. Bush ha infatti esplicitamente dichiarato che il contingente americano non lascerà l'Iraq fin quando non saranno individuati ed eliminati i gruppi di terroristi che alimentano la guerra civile. In realtà vogliono ricreare una lobby islamica, distruggendo quella che sino ad oggi ha controllato l'Opec, e porla sotto lo stretto controllo dell'America, per poi utilizzarla contro l'Occidente e nelle strategie di guerra al terrorismo.
 
Il trucco di Kyoto che creerà un business per i petrolieri

Il grande business del gas pare non abbia fine, e dopo il balzo in rialzo dei prezzi per l'esportazione grazie alla guerra delle negoziazioni, Gazprom entra nel mercato dei certificati verdi di Kyoto.



Il gruppo energetico Gazprom, attraverso la sua associata Gazprombank, ha concluso un importante joint venture con la banca Dresdner per investire nei progetti che generano crediti di emissione nella cornice dei meccanismi previsti dal protocollo di Kyoto e del mercato europeo delle Emission Trading (ETS).

Il mercato dell'energia così come è stato impostato sarà esso stesso un mercato finanziario che attira capitali, speculazioni e guadagni in virtù di meccanismi tecnici, come quello che può essere il mercato delle emission trading. Infatti, come stabilito dalla direttiva per lo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra, che recepisce a sua volta il protocollo di Kyoto, un Paese industrializzato ha la possibilità di vendere ad un altro i diritti di emissione in eccesso che derivano da una riduzione dell'inquinamento oltre la soglia che si è impegnato a rispettare. Le quote che eccederanno la percentuale di inquinamento consentita potranno essere negoziate all'interno di un vero e proprio mercato, e potranno essere acquistati da coloro che hanno un deficit di inquinamento. Questi meccanismi flessibili previsti dal Trattato di Kyoto, e ammessi dalla Carta Europea dell'Energia e dalla programmazione europea per l'energia, si basano sulla teoria secondo la quale l'inquinamento si compensa nel suo globale con una riduzione delle emissioni in un'altra regione del mondo, un principio che riflette la teoria dell'entropia. E così grazie alle cdd. Joint implementation, che prevedono la concessione di un credito per la realizzazione di un progetto da parte di un paese "inquinante" in un altro paese, la costruzione di una centrale nucleare o di una centrale a gas, si potrebbero guadagnare ulteriori diritti ad inquinare.

Allo stato attuale la Russia che ha ratificato il testo internazionale nel 2005, è in grado di "vendere" ai gruppi occidentali dei diritti di emissione che corrispondono agli investimenti realizzati sul suo proprio territorio per limitare la produzione di gas ad effetto serra (globali), come ad esempio impianti di sfruttamento del gas. La Russia ha migliorato la sua efficienza energetica dell'11% per un guadagno di oltre 10 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi sarebbero attribuibili alla Gazprom grazie al miglioramento dell'efficienza produttiva dei suoi impianti.
Il programma di investimento della Gazprom è già partito, mediante l'acquisizione di una molteplicità di aziende russe per l'estrazione di metano, per poi partire con un piano di espansione degli impianti e degli oleodotti da 70 miliardi di dollari. Parte di tale budget è stato destinato alla Royal Ducht/Shell per l'acquisizione del 50% di Sakhalin.2, il più grande progetto al mondo per la produzione di gas liquefatto; un'altra parte alla costruzione di un gasdotto che collega direttamente Russia e Germania nonché allo sfruttamento industriale del giacimento dello Shtokman. Sarà una vera macchina da guerra quella che Gazprom sta costruendo, attirando su di sé capitali provenienti da ogni parte del mondo e mobilitando le più importanti Banche d'affari. Basti pensare che oltre il 18% del mercato russo delle attività di finanziamento delle fusioni è in mano alla Jp Morgan, e altri saranno pronti ad investire.
Il trucco che si nasconde dietro Tokyo è stato subito colto da Gazprom che ha saputo subito introdursi nel meccanismo e domarlo a proprio piacere, per produrre altro business: speculazioni su speculazioni. L'esempio di Gazprom calza perfettamente, e con un grande paradosso, spiega come questo quadro normativo dell'efficienza energetica è stato studiato proprio per favorire, ancora una volta, le lobbies del petrolio. Kyoto, come la Carta Europa dell'Energia, non porteranno alla risoluzione del problema dei gas serra né allo sperato sviluppo delle energie alternative, perché non hanno margini di utili paragonabili a quelli che si potrebbero ottenere con gli impianti nucleari o a gas. Questi ultimi, oltre a rappresentare la fonte di energia più redditizia al momento, consentono di ammortizzare parte dei costi proprio in virtù di questi meccanismi di compensazione dell'inquinamento.
L'impostazione di fondo che è stata data al sistema energetico è senz'altro profondamente sbagliata, perché non ha alla base un'impostazione ambientalista o scientifica, ma prettamente economica e speculativa, perché segue gli stessi principi che regolano un mercato di transazioni mobiliari. Apre infatti un mercato di investimento per le stesse grandi società del petrolio, che saranno ulteriormente incentivate a migliorare e ad estendere i loro impianti produttivi, o a sviluppare energia nucleare, ma non a sviluppare tecnologie alternative votate al cambiamento dei modelli di consumo e di risparmio energetico.
 
una lezione
http://www.saperinvestire.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1274&Itemid=44

Dal Baratto all’euro, parte seconda
di Luca Fiore

Seconda puntata dell’articolo su baratto, moneta e sistemi monetari. Breve storia dei sistemi monetari basati, direttamente o indirettamente, sull’oro, fino ad arrivare ai cambi flessibili

Con il precedente articolo, eravamo arrivati al punto in cui il passaggio da moneta merce a moneta segno, fece finire i metalli preziosi nei forzieri delle banche centrali, facendo diventare l’oro la moneta “universale”.

Al fine di garantire la solvibilità delle varie economie, si fece quindi strada la consuetudine, ufficializzata da tutti gli Stati negli ultimi trent’anni del XIX sec., di emettere moneta in proporzione alle riserve di metalli preziosi. Il primo Paese ad adottare la base aurea fu, nel 1816, la Gran Bretagna, seguita nel 1873 dagli Stati Uniti e via via dagli altri Paesi.
Nacque così il gold standard. In un momento in cui i commerci internazionali si andavano intensificando sempre più, legare la propria moneta all’oro era un modo per stabilizzare le transazioni commerciali e finanziarie internazionali, i corsi dei cambi e le condizioni monetarie interne.

Assunto imprescindibile del Gold Standard è la piena convertibilità dei biglietti di banca in oro, suo fine ultimo la prevenzione delle pressioni inflazionistiche. Le nazioni vincolate non permettevano variazioni del tasso di cambio tra le rispettive valute.

Possiamo fare l’esempio del tasso di cambio dollaro/sterlina. Queste due monete (scelte a caso…), avevano un valore relativo di circa 5 dollari per sterlina, poiché quest’ultima era definita in termini di un ammontare di oro pari a cinque volte quello occorrente per definire un dollaro.

I metalli preziosi, nel gold standard, vengono quindi utilizzati per regolare i deficit delle bilance commerciali. Questo sistema presenta però un grande limite. In presenza di bilance commerciali costantemente in deficit, l’unica arma che può essere utilizzata è il ricorso alla svalutazione, che provoca inevitabilmente instabilità a tutto il sistema.

Il collasso economico del 1929 segnò la fine del Gold Standard,
anche se per il rinnovamento del sistema bisognerà ancora aspettare qualche anno.



Fu nella conferenza di Bretton Woods, dal nome della località dove nel 1944 si riunirono i rappresentanti delle maggiori economie, che vennero sanciti i principi di un nuovo sistema finanziario e monetario internazionale, il Gold Exchange standard.
Il dollaro diventa il punto di riferimento di tutto il sistema. Le monete nazionali sono convertibili in dollari, che a loro volta possono essere scambiati, ad un tasso prestabilito ($35/oncia), in oro. Tutti gli Stati dichiararono il valore delle loro monete in termini della moneta americana, le c.d. parità.

Alle rispettive banche centrali il compito di mantenere il tasso di cambio all’interno di una banda di fluttuazione dell’1%.

A Bretton Woods nacquero anche il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Il primo aveva come compito principale quello di fornire in prestito a ciascuno Stato la valuta necessaria, tramite le quote associative (in moneta ed oro) versate dagli Stati aderenti, per superare momentanee difficoltà nei pagamenti internazionali.
La seconda, detta in seguito Banca Mondiale, sorse per aiutare le economie da poco uscite dal secondo conflitto mondiale, tramite prestiti per lo sviluppo, a risollevarsi.




Nel 1971 gli Stati Uniti, in un momento in cui l’80% delle riserve valutarie era denominato in dollari, si resero conto di non poter più far fronte alle potenziali richieste di convertibilità. Nixon decise così, unilateralmente, di mettere fine a questo sistema, dichiarando l’inconvertibilità tra dollaro ed oro, ed aprendo di fatto la via al sistema di cambi flessibili.

Da questo momento i deficit non genereranno più flussi di metalli preziosi, ma svalutazioni delle monete. Un’economia con un deficit della bilancia commerciale, vedrà la sua moneta perdere di valore. Mutatis mutandis nel caso di un avanzo. La svalutazione (o la rivalutazione) della moneta dovrebbe riportare la situazione alla normalità.

Il prossimo articolo chiuderà questo mini-capitolo denominato “Dal baratto all’euro”. Tratteremo la recente nascita della moneta unica, ripercorrendo gli ultimi 50 anni di storia economica europea.


Luca Fiore
 
tontolina ha scritto:
una lezione

Da questo momento i deficit non genereranno più flussi di metalli preziosi, ma svalutazioni delle monete. Un’economia con un deficit della bilancia commerciale, vedrà la sua moneta perdere di valore. Mutatis mutandis nel caso di un avanzo. La svalutazione (o la rivalutazione) della moneta dovrebbe riportare la situazione alla normalità.



Luca Fiore


:ciao:
ma se una parte del deficit commerciale è dovuto ad aziende ( con parte produttiva delocalizzata al estero) della stessa nazione che importano i prodotti ,ma anche i profitti e relative tasse ( inoltre quotano nel mercato borsistico domestico), non sarebbe più corretto togliere questa parte di deficit dal conteggio? :eek:
posso aver detto una cavolata ma mi sembra che in questo caso il grosso del malloppo faccia il giro ; consumatore -multinazionale piuttosto che da stato a stato. :-? :-?
 

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