Lo stretto sentiero della Yellen
La Fed riprenderà ad alzare i tassi d'interesse. Quando e come? Non si sa. Ma il sentiero di ritorno alla normalità della politica monetaria sembra avviato, con la ripresa di alcuni riferimenti agli obiettivi di inflazione e occupazione. Certo non è ancora il ritorno delle regole. Ma c'è una logica nell'ambiguità della Fed: il sentiero su cui si deve muovere è assai stretto,con le ragioni dell'economia che s'intrecciano con quelle della politica.
Ma anche se la Fed ha palesato ieri un cambio di atteggiamento, la domanda di fondo resta sempre la stessa: i tassi saliranno prima o dopo l'estate? E a ben vedere, quello che tanto i mercati finanziari quanto l'economia reale vorrebbero davvero capire è quale sarà il sentiero che i tassi di interesse seguiranno da qui ai prossimi due anni.
Finora la Fed aveva scelto di non avere un sentiero, se non quello, allusivo e opaco, di tracciare la sua strategia con affermazioni quantitative. In generale - o almeno fino a quando al timone della Fed c'era Ben Bernanke - almeno gli obiettivi di medio termine erano stati fissati: i tassi di interesse sarebbero stati stabilmente bassi - cioè nulli - almeno fino al momento in cui il tasso di disoccupazione non fosse sceso sotto il 6%, o l'inflazione non fosse salita sopra il 2%. Con la Yellen anche i target di medio periodo si sono scoloriti, e l'unica bussola è stato quella di garantire lo status quo per “un tempo indefinito”. Il progressivo migliorare dello stato di salute dell'economia americana ha reso non sostenibile la garanzia illimitata di mantenere un atteggiamento ultra-espansivo. Per cui la Yellen è passata a definire la politica monetaria - confermando nei fatti l'orientamento ultra-espansivo - come “pazientemente” in attesa di vedere tutti gli indicatori economici confermare che l'economia statunitense fosse tornata su un cammino di crescita regolare e non inflazionista. Nel momento in cui (quasi) tutti gli indicatori segnalano il bello stabile, il “pazientemente” è apparso sempre meno sostenibile. E così è sparito; allo stesso tempo, sono ricomparsi i riferimenti all'inflazione e allo stato dell'occupazione.
Contemporaneamente, però, nuove nuvole si sono affacciate all'orizzonte, soprattutto come effetto riflesso delle politiche monetarie negli altri Paesi, con l'espansione quantitativa della Bce a fare da capofila. Il dollaro forte diviene il simbolo della scelta che la Fed dovrebbe fare in termini di fine della espansione monetaria. Di riflesso, chi vorrebbe continuare nella politica monetaria espansiva vede il dollaro forte come un evento rilevante e non transitorio, che consiglia di posticipare l'inizio del rialzo dei tassi. Al contrario, i sostenitori di un ritorno a tassi di interesse normali, cioè positivi, interpretano il rafforzamento del dollaro come fenomeno fisiologico, e comunque come evento non rilevante al fine di non ritardare ancora il ritorno alla normalità.
In ogni caso, è l'assenza di un sentiero che rende la Fed un fattore che contribuisce ad aumentare l'incertezza, invece che a ridurla. I sentieri possibili sono tanti, tra due estremi. Da un lato, vi è un sentiero “dolce”: i tassi di interesse diventano lievemente positivi, ma rimangono bassi e stabili - diciamo sotto il 2% - fino al 2017. Dal lato opposto, vi un sentiero “ripido”: i tassi intraprendono una salita più ripida, che li porta entro due anni ad almeno il 4%. Ricordiamo che una normalizzazione dei tassi di interesse secondo le regole standard utilizzate prima della grande crisi implica che, in assenza di shock e con una crescita economica coerente con il potenziale dell'economia, i tassi dovrebbero essere al 4%.
Il sentiero “dolce” non dispiacerebbe alle colombe, il sentiero “ripido” sarebbe più gradito ai falchi. Oggi la composizione del consiglio della Fed vede una prevalenza delle colombe; ma i falchi sono resi più forti dalla maggiore forza che i Repubblicani hanno nel Congresso, dopo le ultime elezioni. E - mai dimenticarlo - nel 2016 ci sono le elezioni presidenziali. Il sentiero stretto della Fed sarà alla fine tracciato dai pesi e contrappesi dei dati economici da un lato e dagli interessi politici dall'altro. Anche il fatto che sia ancora nascosto fa parte del gioco.
di Donato Masciandaro - Il Sole 24 Ore