adesso le faccio un copia-incolla
L’oro nella seconda fase del mercato bull
(18/12/02) Nel panorama italiano siamo stati tra i primi, o forse i primi in assoluto, a segnalare la nascita del mercato bull dell’oro. Il nostro articolo del cinque febbraio 2002 (il sesto in ordine cronologico sugli oltre 140 da noi pubblicati) rimane ancora sulla home page. Nel corso dei mesi abbiamo trattato l’argomento con altri articoli che adesso abbiamo deciso di raccogliere, per facilità di consultazione, sotto una nuova sezione del menù di sinistra intitolata Commodities.
Siamo dell’idea che i mercati finanziari, azionari e obbligazioni, abbiano di fronte anni molto difficili. Mentre da oltre due anni quasi tutti gli esperti continuano a urlare e a sprecare fiato e parole sulla fine del mercato bear, il mercato delle commodities è in rialzo, da inizio 2002, di oltre il 25%, e sta dando agli operatori un segnale importante che ancora molti investitori stanno invece trascurando o sottovalutando.
Oltre l’oro ci sono altre commodities che meritano attenzione come petrolio, argento e natural gas, e non mancheremo di parlarne. Finora ci siamo dedicati solo al metallo giallo per il semplice motivo che per millenni esso ha rappresentato la moneta migliore di ogni sistema economico e ancora attualmente si contraddistingue come l’unica vera riserva di valore a fronte della quale non esiste debito.
Dopo la bubble e gli eccessi degli anni novanta, le economie abbondano oggi di debiti di ogni sorta, che in certi casi vengono confusi addirittura come fonte di ricchezza reale. Persino la moneta cartacea rappresenta un debito e, per quanto l’emittente (la banca centrale) non abbia alcun problema a metterne in circolazione quantità illimitate, le iniezioni di liquidità e gli sforzi massicci sostenuti per cercare di rilanciare le economie ne diminuiscono inevitabilmente il valore.
A nostro avviso l’aumento del prezzo dell’oro è riconducibile in gran parte a questa componente, per quanto le tensioni sulla situazione geopolitica internazionale stanno contribuendo a spingerlo con maggiore forza verso nuovi massimi. La debolezza del dollaro sembrerebbe spiegare la totalità del movimento rialzista dell’ultimo periodo, ed è attraverso questa chiave di lettura che vengono montate con un certo imbarazzo tutte le spiegazioni mirate a liquidare il rialzo dell’oro come cosa di poca importanza, piuttosto che come anomalia quasi stravagante, o infine come un rialzo destinato a esaurirsi entro breve. Ad esempio, ieri, Cramer di realmoney.com parlava di un possibile crash del prezzo dell’oro con la stessa esuberanza con la quale l’anno scorso recitava il suo ritornello “Don’t Fight the FED”, ritornello smentito clamorosamente dai fatti e dai numeri degli ultimi due anni.
A nostro avviso, quindi, tensioni geopolitiche e debolezza del dollaro rappresentano solo gli elementi catalizzatori di un mercato bull che in realtà trova radici e spiegazioni molto più realistiche come quelle che abbiamo citato.
Se prendiamo i grafici dell’oro in termini delle tre principali valute mondiali possiamo notare infatti che in tutti e tre i casi ci troviamo di fronte a un mercato bull con potenzialità che potremmo definire esplosive.
Molti avranno presente solo il grafico in termini di dollari, una tazza con manico che tecnicamente si presenta come un pattern estremamente bullish. Il manico è stato completato con il ritracciamento iniziato a maggio e la settimana scorsa si è avuta la rottura che lo ha spinto sui massimi degli ultimi 5 anni:
Fonte: Bloomberg
Se prendiamo il grafico dell’oro in termini di Euro, notiamo invece che il mercato bull è cominciato molto prima di quello presente sul grafico in dollari (settembre 1999 contro aprile 2001), ovvero il giorno dell’accordo quinquennale di Washington in cui le banche centrali europee si impegnarono a limitare le vendite delle proprie riserve in oro.
Fonte: Bloomberg
Infine in termini di Yen, il mercato bull è cominciato a fine 2000 e di recente si è riportato sulla resistenza rappresentata dai massimi di inizio anno, in una sorta di consolidamento simile al manico disegnato sul chart in dollari.
Fonte: Bloomberg
Riteniamo che anche qualora la discesa del dollaro verso le altre valute dovesse interrompersi, l’oro sarà in grado di mantenere la propria forza verso ogni moneta cartacea, continuando in tutti e tre i grafici il proprio movimento rialzista. Considerandolo di fatto una moneta come le altre, non c’è ragione per cui dovrebbe continuare ad apprezzarsi solo in termini di dollari e non anche di euro e di yen. Sicuramente il dollaro è la valuta che in questo periodo mostra maggiori difficoltà, tuttavia anche le altre due divise presentano una serie di problemi legati sia alle economie nelle quali circolano sia alla gestione stessa da parte delle banche centrali, che di fatto le rendono molto deboli verso l’unica vera riserva di valore disponibile universalmente.
I tre grafici mostrano e spiegano in modo eloquente questa chiave di lettura. In senso stretto l’oro non è un investimento in quanto non produce niente. Di fatto però è l’unica moneta che, dopo oltre 20 anni di mercato bear, si sta rivelando da quasi due anni quella vincente e che, meglio delle altre, rappresenta uno strumento a difesa del valore, del capitale e del risparmio. Chi compra oro in questo momento, quindi, lo fa principalmente:
- come protezione contro l’inefficacia degli sforzi delle banche centrali che alla fine dei conti si risolve in una diluizione di valore della valuta cartacea in circolazione;
- come assicurazione contro il mercato bear attuale, di probabile estensione pluriennale, avvicendatosi in maniera del tutto naturale al mercato bull (azionario ma anche obbligazionario) più lungo ed eccessivo della storia;
- come investimento in senso improprio. Abbracciando l’opinione che l’oro sia sottovalutato rispetto alle altre valute o agli assets finanziari, è naturale ritenere che esso possa continuare ad apprezzarsi nel prossimo futuro.
Il mercato bull degli ultimi venti anni ha portato a uno squilibrio tra la domanda e l’offerta sia tra gli asset finanziari che tra le commodities. Tra i primi prevale oggi un eccesso di offerta. Tra le seconde prevale invece, in molti casi, una scarsità di offerta.
In termini di domanda e offerta la fine di un mercato bull si concretizza nella presenza di una domanda inferiore all’offerta. I prezzi pertanto scendono. Contrariamente, l’inizio di un mercato bull si concretizza come una domanda che ha cominciato a superare l’offerta. E’ esattamente quello che è successo rispettivamente sui mercati azionari e su quelli delle commodities. I mercati obbligazionari sono ancora in una situazione di limbo o stallo per cui domanda e offerta sembrano avere raggiunto, dopo un lungo mercato bull simile a quello azionario, il proprio equilibrio, nonostante l’offerta continui a crescere in maniera esponenziale.
Adesso potremmo entrare in una fase nella quale sia sulle borse che sui mercati obbligazionari l’eccessiva offerta potrebbe trovare sempre meno domanda, provocando quindi una discesa drammatica dei prezzi, mentre tra le commodities l’aumento della domanda potrebbe trovare un’offerta insufficiente ma soprattutto impossibile da creare nel breve periodo, in quanto gli asset reali, a differenza di quelli cartacei, non si possono produrre stampandoli durante la notte o digitando elettronicamente delle cifre su un computer.
Alla fine i mercati non rappresentano altro che la formazione di prezzi come risultato dell’incrocio tra domanda e offerta. Con una ottica di medio lungo periodo domanda e offerta spingono verso un rialzo delle commodities come forse non si vede dagli anni settanta e verso un ribasso degli asset cartacei come forse non si è mai visto. Al di là delle tensioni geopolitiche e della debolezza del dollaro, i mercati globali ci stanno comunicando questa informazione. La maggior parte degli amplificatori purtroppo fa girare sempre la stessa musica: è la fine del mercato bear… è la fine del mercato bear… è la fine del mercato bear…