Tuttavia il punto di svolta attuale, per chi vuole capirlo (studiando il problema nella sua profondità storica ed economica)
è che la riforma ESM impone una scelta, obbligata e senza alternative, tra ristrutturazione del debito pubblico o definitiva ristrutturazione sociale italiana, cioè uno sconvolgimento ordinamentale e dunque costituzionale, –
o meglio la sua brusca e intollerabile accelerazione- , che è totalmente non voluto dal popolo sovrano; che però è in pratica impotente, persino nel suo estremo baluardo dell’istituzione parlamentare che della sovranità costituzionale popolare, è la più diretta espressione (ormai teorica).
Quando finiremo di pagare per i problemi delle intenzionali pecche istituzionali dell’eurozona che indica lucidamente De Grauwe?
Non saprei dirlo, data l’attuale coscienza e situazione politica. E mediatica. So solo che avremmo bisogno dello “spirito del 25 aprile“:
La forma repubblicana, e cioè
l’area di intangibilità del modello democratico di tutela dei diritti essenziali, in particolare socio-economici, che caratterizza la nostra Costituzione – e che è il
frutto della “concordia” e dell’armonia che in occasione del 25 aprile
avremmo interesse a difendere sopra ad ogni altra priorità -, ne risulta sufficientemente determinata, dissipando
i dubbi che al riguardo aveva sollevato Calamandrei in sede di assemblea Costituente. Alla luce di questo “diritto vivente” supremo (almeno nella perdurante giurisprudenza della Corte costituzionale), dovrebbe
preoccuparci, ora e in occasione della ricorrenza del 25 aprile, che la riforma costituzionale (ndq: vale “a fortiori” e di gran lunga, per la riforma dell’ESM) determini un effetto di sbilanciamento sull’Esecutivo di
decisioni che non solo sfuggiranno sempre più all’autonoma deliberazione parlamentare e alla indipendenza di giudizio degli organi costituzionali di garanzia, ma che sono assunte, in modo crescente e divorante, in sede sovranazionale, e quindi al di fuori del circuito di deliberazione dell’indirizzo elettorale, democratico e costituzionale…
Terminiamo perciò nel disperato appello del poeta Montale:
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”
Germania: debito pubblico/Pil
Francia: debito pubblico/Pil
Quello che è interessante, al di là della (ennesima) e contraddittoria perorazione della soglia del 60% (nell’eurozona, come in Giappone come negli USA), è
questa affermazione riassumente la sua analisi:
This link between the cost of debt and the level of debt itself is not just a minor inconvenience. It has profound implications for high debt countries, in particular for the high debt countries in the euro area where each government is responsible individually for its own debt.
Confermando
Cœuré – e in sostanza contraddicendo De Grauwe, che pone invece un’estrema attenzione sull’anomalia e sulla mancanza di logica economica
apparente della
governance dell’eurozona -, Blanchard non può negare, per quanto sotto-enfatizzandolo, che
il nodo della sostenibilità del debito pubblico nell’eurozona sta nel particolare rischio dovuto al fatto che “ogni governo è responsabile individualmente per il suo debito“.
4.2. Dunque si tratta di una
peculiarità istituzionale consistente nell’
assenza di garanzia da parte della Banca centrale, emittente tale moneta, e quindi di una
scelta politica, e non economicamente chiara né giustificabile, considerando che costituisce
un unicum in tutti i sistemi monetari adottati dai paesi avanzati dell’intero mondo.
Vi propongo in altri termini quest’ultima precisazione:
Blanchard,
nel fare l’elogio del risk-less debito pubblico (solo) sotto soglia del 60%, – senza curarsi della realizzabilità concreta di un tale target, ostentato “a prescindere”, e senza curarsi del fatto che la Francia sfida, impunemente indenne, da un decennio, questa “legge” tolemaica
mentre la Germania ha indugiato a lungo in questa sfida, ed è più che pronta a raccoglierla di nuovo con un’incombente ondata (anomala) di salvataggi bancari -,
pare parlare proprio e soltanto dell’Italia.
Cioè, in definitiva, mette in dubbio la sostenibilità del debito pubblico italiano a) per ragioni quantitative; b) per correlate ipotesi di futuri shock recessivi determinati da una crisi finanziaria non italiana. E, rispetto all’eurozona, neppure tanto esogena, vista la situazione di
Deutschebank.
- Per capire questo rinnovato timore, a così alto livello politico(…scientifico) in cui si scarica (implicitamente ma necessariamente) l’attenzione sull’Italia, e in definitiva sull’esigere il sacrificio del suo sistema bancario e, più ancora, dei suoi risparmiatori,per un pericolo finanziario-bancario che non sta negli NPL, ma nei level-3 e conseguenti problemi di “veridicità” e “realtà” dei bilanci degli istituti tedeschi (e francesi), dobbiamo fare un passo indietro.
Al giugno del 2018 (appunto).
E si tratta di un evento che solo marginalmente, se non addirittura strumentalmente, si aggancia della colossale montatura per cui l’Italia era divenuta un pericolo poiché aveva appena creato un governo che, “a priori”, avrebbe dovuto destabilizzare l’intera eurozona (facendo un deficit di 2,04 contro il…2,1 dell’anno precedente!); si tratta in realtà del
c.d. accordo di Meseberg.
Tra Francia e Germania.
Accordo nel quale, – ben prima che il Nadef 2018 e la manovra successiva fossero presentate, e quindi ben prima che qualsiasi minaccia italiana si profilasse all’orizzonte con una sua immaginaria
government profligacy, ci si “preoccupa” del futuro radioso dell’eurozona.
E tra un complimento reciproco e l’altro, cosa ti tirano fuori Macron e la Merkel, concretizzando un progetto a lungo rimuginato, ma attualizzato nelle forme più consone al sopravvenuto problema dell’asset inflation causata dal QE e che richiedeva un’immediata “rimessa in riga” dell’Italia?????????
(L’analisi di De Grauwe ne risulta letteralmente devastata…)
“Unione Economica e Monetaria
– Per garantire un’economia forte, l’Unione europea ha bisogno di una solida unione monetaria. Questa moneta è l’euro, che è accessibile a tutti gli stati membri e che quasi tutti gli stati membri intendono adottare conformemente ai trattati dell’Ue. La condivisione della stessa valuta comporta esigenze specifiche in termini di coordinamento economico e di integrazione. Di conseguenza,
Francia e Germania hanno deciso di proporre misure chiave nella seguente tabella di marcia per rafforzare ulteriormente la zona euro e renderla un’autentica unione economica.[ l'obiettivo è distruggere l'Italia - il mezzo da utilizzare è il MES]
Meccanismo europeo di stabilità (Mes)
Come primo passo, dobbiamo modificare il Trattato intergovernativo del Mes al fine di includere uno strumento di garanzia comune, migliorare l’efficacia degli strumenti precauzionali per gli stati membri e rafforzare il suo ruolo nella valutazione e nel monitoraggio dei programmi futuri. E in una seconda fase possiamo quindi garantire l’integrazione del Mes nella legislazione europea, preservando le caratteristiche chiave della sua governance.
Ulteriori attività dovrebbero essere intraprese in un quadro appropriato per il sostegno alla liquidità necessaria alla risoluzione.
La condizionalità rimane un principio di base del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità e di tutti gli strumenti del Mes ma va adattato a ciascuno strumento.
Ricordiamo che qualsiasi decisione di fornire sostegno alla stabilità attraverso il Mes a uno stato membro dell’area dell’euro include un’analisi della sostenibilità del debito (Dsa).
Per migliorare il quadro esistente promuovendo la sostenibilità del debito e migliorarne l’efficacia, dovremmo iniziare a lavorare sulla possibile introduzione dell’euro CaC ( collective action clauses) con l’aggregazione a un solo capo. Se ritenuto appropriato, il Mes può facilitare il dialogo tra i suoi membri e investitori privati, seguendo la prassi del Fondo monetario internazionale.
Il Mes dovrebbe avere un ruolo rafforzato nella progettazione e nel monitoraggio dei programmi in stretta collaborazione con la Commissione e in collegamento con la Bce e sulla base di un compromesso da trovare tra la Commissione e il Mes. Dovrebbe avere la capacità di valutare la situazione economica generale negli stati membri, contribuendo alla prevenzione delle crisi. Ciò dovrebbe essere fatto senza duplicare il ruolo della Commissione e nel pieno rispetto dei trattati.
Ogni qualvolta uno stato membro richiede l’assistenza finanziaria del Mes, può anche richiedere l’assistenza finanziaria dell’Fmi.[dalla padella alla brace]
Il Mes potrebbe essere rinominato”.
- Non so come dirlo altrimenti.
La sequenza (politico-decisionale) è:
Accordo bilaterale di Meseberg =>
immediata trasposizione in un accordo al vertice dell’eurozona, in margine al Consiglio UE a
fine giugno 2018, =>
approvazione nelle sue linee essenziali e costitutive della riforma ESM, esattamente riassunta nel comunicato finale del
14 dicembre 2018,
che ricalca fedelmente l’accordo bilaterale e intergovernativo di Francia e Germania => Approvazione definitiva della riforma, completa e approfonditamente studiata, annunciata da Centeno, in esito all’Eurogruppo del 7 novembre, “entro dicembre“.
Tutto col costante assenso dei rappresentanti governativi italiani pro-tempore.[che tradiscono il mandato parlamentare]
Il presupposto strutturale di ciò, da portare alle sue estreme conseguenze e avendo di mira, necessariamente, per esclusione (non occorre Sherlock Holmes) l’Italia, va però ribadito, perché non sta emergendo nel dibattito, anche parlamentare (finalmente), sulla questione:
Cœuré 2016: “Il debito sovrano nell’eurozona è così esposto al rischio di credito in un modo in cui non lo sono le altre economie avanzate”
E ciò accade invero per un disegno intenzionale.
… i paesi membri non assumono la responsabilità per il debito di ciascun altro, e alla Banca Centrale Europea, per ottime ragioni, è vietato dal Trattato “il “finanziamento monetario”, che significa l’acquisto diretto del debito dei vari Stati membri “.
Blanchard 2019:
in the euro area each government is responsible individually for its own debt.
- Che se poi vogliamo andare un po’ più indietro, in fatto di chiarimenti sui “divieti” contenuti nei trattati e sui “disegni intenzionali”, basta vedere qui e qui (p.6). Su questo blog, dove si dice ciò che è manifesto, genetico e scontato, ma completamente assente dal dibattito politico e mediatico italiano. Ma non pare che ci sia alcun pericolo che sia mai dibattuta in un Eurogruppo o in un Eurosummit, a latere di un Consiglio Ue, alcuna proposta italiana; quand’anche fosse mai avanzata. Nell’interesse italiano.[grazie TRIA grazie CONTE]
Ma se l’interesse democratico-costituzionale italiano avesse mai avuto un peso,
nell’intera storia della costruzione europea, molto semplicemente l’Italia si sarebbe limitata ad aderirvi in conformità
dell’art.11 Cost. e non avrebbe mai considerato legittima, e prima ancora: conveniente, l’introduzione del vincolo esterno monetario. Ma questa è una lunga storia: un’adesione ai trattati europei conforme all’art.11 Cost. non è mai stata in agenda.
Ce lo chiarì Giuliano Amato (qui, p. 1c).
E questo per i più vari motivi,
che abbiamo più volte ricostruito.
La Costituzione del 1948,
non è mai stata accettata dal “Quarto Partito“, che è stato costante e inesorabile nell’utilizzare la leva terroristica del debito pubblico, (sistematicamente a sproposito); e la costruzione europea, specialmente con la sua propaggine ossessiva dell’abolizione della sovranità monetaria, è sempre stata uno strumento ideale per una restaurazione antidemocratica.
- Basti rammentare come l’etichetta giustificatrice dell’anticomunismo, che gioca tutt’ora una fortissima suggestione (…?), sia in realtà un’iperbole posticcia che ha tutt’altro obiettivo. Un obiettivo “reale” che non poteva investire la totale neutralizzazione della Costituzione del 1948 (qui, pp.4-4.1.). In Italia la realizzazione di questo obiettivo è la caratteristica fondante dell’europeismo:
“Nonostante l’etichetta di “socialista” “
Spaak aveva abbandonato le convinzioni che potevano inquietare l’establishment, prima di diventarne una colonna. Nominato primo ministro nel 1938, era stato sostenitore di una politica di appeasement e conciliazione con le potenze fasciste. Dopo la guerra, si trasforma in apostolo della costruzione europea e delle difesa dell’Occidente. Un antibolscevismo ossessivo lo induce a indicare alla pubblica collera l’insieme dei comunisti occidentali, accusati di “indebolire gli Stati in cui vivono” e di agire come “una quinta colonna a confronto della quale la quinta colonna hitleriana non era che un’organizzazione di boy scout”. (Denord, Schwarz, op. ult. cit., pag. 25).
…
Sulla questione dell’anticomunismo bisogna però fare un poco di chiarezza: da parte dei circoli europeisti neoliberali
l’ostilità non era certo confinata al bolscevismo: il bersaglio era
*ogni forma* di politica economica alternativa al neoliberismo stesso, in primis il laburismo inglese, considerate tutte quali “strade” verso il totalitarismo.
…
Ci si dimentica spesso in effetti che il bersaglio polemico concreto di
The Road to Serfdom di
Hayek è il
laburismo britannico.