News, Dati, Eventi finanziari Euribor

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Forumer attivo
L'euribor 3 mesi ha toccato oggi quota 1.9%, quello settimanale è all'1.36. Quindi sotto il tasso BCE. Questo può significare che il mercato sconta un ulteriore taglio tassi della Banca centrale, ma significa anche che NON c'è richiesta di denaro. A Settembre le banche non si prestavano il denaro e questo fece schizzare l'euribor al 6%. Oggi non c'è richiesta di denaro. E questo mette in evidenza l'atto criminale che le banche stanno perpetrando, chiudendo di fatto ogni forma di accesso al credito.
 
però
il tasso euribor scende
ma le banche hanno alzato ben bene lo spread

in modo che i clienti non chiedono il prestito perchè comunque il tasso cambia ma lo spread resta immutato
 
LA COLPA E' DEI BANCHIERI NON DEI BANCARI


Venerdì scorso ho aiutato una mia amica giornalista a fare un'indagine presso alcune banche. Il risultato è stato questo articolo uscito sabato su Libero.

C. Conti e T. De Stefano
Avviso a chi, volente o nolente, si deve indebitare: ieri l’Euribor a tre mesi ha toccato il livello più basso dall’introduzione dell’euro. Tradotto, il tasso che le banche applicano sui prestiti trimestrali agli altri istituti, e in base al quale viene calcolato il tasso di interesse sulle rate dei mutui, è stato fissato all’1,94%.
Ma allora accendere un nuovo mutuo o chiedere un prestito conviene? Sì, se non ci fosse l’incognita “spread”, ovvero la maggiorazione applicata sul tasso Euribor, che varia in maniera decisa da banca a banca. Anzi, in molti casi vengono ritoccati al rialzo perché la liquidità degli istituti è scarsa e con il crollo della produzione industriale è aumentato il rischio di fallimento delle imprese. Il risultato? Le banche allargano i cordoni della borsa solo per aiutare le industrie clienti da tempo e quelle più affidabili. Chi invece vuole partire rimane col motore a secco.


Insomma, se gli imprenditori già navigati si sentono strozzati, per chi sogna da provetto Berlusconi la conquista di un prestito si trasforma in un’avventura disperata. Lo dimostra il pellegrinaggio di una coppia di fidanzati nelle filiali milanesi delle principali banche. Abbiamo indossato i panni di due trentenni. Fiorentina lei, napoletano lui. Entrambi con un po’ di esperienza nel settore del tessile e abbigliamento che aspirano a mettersi in proprio. E hanno trovato un’occasione: un fondo commerciale in affitto, zona centrale. Il costo dell’avventura? Intorno ai 300mila euro. Possono già contare su qualche soldino messo da parte (150mila euro in due) e magari sull’aiuto dei genitori. Serve una piccola spinta di 30mila euro per le spese iniziali. Ecco perché si rivolgono alle banche. Morale della storia: per ottenere soldi bisogna averli già e per aprire la cassaforte non servono idee, ma garanzie.

Unicredit, rubinetti chiusi
Ore 15, circa, di giovedì 12 febbraio. Mi presento alla filiale di Unicredit, a Milano, in corso Buenos Aires all’1, imbellettato di tutto punto. O almeno spero. Mi avvicino allo sportello centrale e chiedo di essere ricevuto da un consulente: «Vorrei informazioni per un finanziamento per una nuova attività...», spiego. «Attenda, che la collega sta per liberarsi», mi dicono. Mi siedo e aspetto. Entro ed espongo il caso, con dovizia di particolari, ma avverto dall’altra parte uno sguardo quasi stranito. E di tutta risposta mi sento “sottolineare”: «Guardi che la banca finanzia solo le attività già in corso». Cioè? «Quelle che possono dimostrare con tanto di bilancio l’andamento degli affari». Ah... ma non avete anche una Banca dedicata all’impresa? «Certo. Ma queste pratiche arrivano lì in un secondo momento, quando l’attività è già partita da almeno un anno». Nisba, insomma. Cincischio un po’ e mi gioco l’ultima carta. «A dire il vero noi avremmo 150 mila euro di liquidità da mettere sul piatto, potremmo usarli come garanzia...». Insisto ancora e mi chiamano il direttore. Buongiorno, riespongo il caso e mi propinano la stessa “tiritera”. Però si apre una spiraglio. «Se ne potrebbe riparlare - sottolinea il direttore - con garanzie reali o con un genitore che possa dare una mano». «Poi in presenza di un primo bilancio, tra un anno avremo un’idea di come si sta muovendo la società». «Quindi - replico - comunque dovremo aspettare un anno? E se invece le girassimo i famosi 150 mila euro?». «È chiaro - cambia tono - che se lei potesse girare questi titoli, allora sarebbe diverso». «Allora fissiamo un prossimo appuntamento?». «Va bene», ci scambiamo i numeri e il direttore mi ricorda che dovrò presentarmi con i dati di iscrizione alla Camera di Commercio, quelli dei soci e l’estratto della banca con i titoli.
Sensazione? Negativa. Poco considerato, per nulla spronato a provarci e ascoltato solo quando ho messo sul piatto un po’ di soldoni.


Va meglio a Intesa
Altra giornata, altro giro. Ore 10,20 di venerdì 13 febbraio. Mi presento alla filiale di Intesa-SanPaolo in via Bazzini al 2. Mi accoglie un gestore affari. Simpatico. Espongo il caso, questa volta dico di essere correntista, e ci diamo del tu... Un buon inizio. Mi dice: «La cosa si può fare, ma servono delle garanzie fidejussorie». In soldoni: i genitori dovrebbero garantire, magari con proprietà immobiliari. E poi finalmente arrivano i numeri. «Guardi, il rientro è fino al massimo di 5 anni, e le possiamo fare l’Euribor a 1 mese (intorno all’1,60%) più uno spread del 3,5%». Totale: 5,10% per 5 anni su 30 mila euro.
Mi gioco la carta dei 150 mila euro. «Bene, replica, con altre garanzie lo spread si riduce, possiamo avvicinarci al 3%». «Io le consiglierei di mantenere almeno la metà dei soldi liquidi per la vostra attività, mentre 25 mila euro dovrebbero restare in garanzia alla banca e altri 25 mila potrebbero essere investiti in un fondo monetario che rende come un Bot, ma può essere disinvestito facilmente». E poi? «Poi dovrebbe aprire un conto corrente imprese presso di noi». Cioè? «Le consiglio il Business Light, 10 euro al mese fino a 30 operazioni più 1,20 euro se ne fa altre». Poi chiede di me: «Perché ti vuoi lanciare?», «Che esperienze hai?». Insomma, si interessa e mi dà dei consigli non scontati. Esco, confuso da numeri e nuovi conti, ma rigenerato, come se qualcuno mi avesse dato almeno una chance rispetto agli altri che pretendevano solo.
Rata all’italiana



Primo piano. Il funzionario della Bpm per le aziende ha la faccia rassicurante e rimane spiazzato quando l’aspirante imprenditrice si presenta accompagnata da un “amico” (in realtà un consulente finanziario indipendente (mercato libero)esperto in investimenti, non si sa mai). Certo fa sorridere l’ingenuità di chi vuole avviare un’attività proprio adesso che c’è la crisi. Partiamo da zero, lo travolgiamo di domande. “Il consiglio che le posso dare è di rivolgersi a una cooperativa di garanzia”, inizia lui. Silenzio, è che diavolo c’entrano le coop? «Sono dei consorzi fidi che favoriscono l’accesso al credito, consigliamo la Fidicomet, lì si può chiedere una fideiussione». In sostanza la garanzia necessaria per avere il prestito. Il consorzio ci passerà ai raggi x, cercherà di capire la solidità del nostro patrimonio e anche di quello degli eventuali soggetti (papà, aiutaci tu) che ci potranno dare una mano. Il mio amico consulente si altera: «ma come, per avere il prestito è obbligatorio passare da un intermediario che poi ci farà pagare i costi della fidejussione?». Il funzionario risponde che attraverso la cooperativa di garanzia si possono anche ottenere delle agevolazioni. «E i tempi del prestito?». Il funzionario ci mostra una tabella: per i prestiti da 25 a 100mila euro i tempi medi sono di 7 giorni. Ci lascia anche un manualetto della Bpm su come preparare un mini piano industriale. A leggerlo viene il sospetto che per avere i 30mila euro non basterà una settimana.


Rata in tedesco
Il tour si conclude con la visita allo straniero. Sportello della Deutsche Bank, ufficio “clienti business”. Raccontiamo la nostra storia. Partono domande a raffica. Fossi il direttore di filiale nominerei il giovane funzionario dipendente dell’anno. Riceviamo una valanga di informazioni. Anche i tedeschi, però, ci tirano in ballo la cooperativa di garanzia (questa volta il nome suggerito è l’Eurofidi) che comunque ha un costo aggiuntivo. Quindi, se qualcuno (il solito papà?) garantisce per noi con una fideiussione o un pegno titoli come i Bot è anche meglio. Quanto ai tassi, con il fisso al 6% per un massimo di 60 mesi «la rata da pagare si aggira sui 580 euro». Meglio poi distribuire il nostro prestito da uno strutturato a medio termine e un cosiddetto fido di cassa per l’accesso rotativo al credito, «in sostanza due linee di credito diverse che la tutelano anche strada facendo». Se avete un’impresa, per colpa della ciclicità del vostro business o di alcune scadenze, può accadere che per certi periodi abbiate bisogno di andare a debito sul vostro conto corrente. Meglio quindi premunirsi. Infine ci confessa che un prestito in 7 giorni è un miraggio, «i tempi decorrono dalla consegna di tutti i documenti, insomma ci vorrà un mese».
Parliamo della crisi: lui ci dice che il suo è anche un «lavoro sociale». Usciamo pensando che la colpa, se non diventeremo imprenditori, sarà pure dei banchieri ma non dei bancari.
Pubblicato da consulenza finanziaria di Mercato Libero a martedì, febbraio 17, 2009 13 commenti
 

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