IN ITALIA CI SONO MOLTE FORESTE
Un’inchiesta del Sole24ore torna infatti a squarciare il velo sul Corpo forestale dello Stato rivelando la straordinaria ed ingiustificabile disomogeneità tra il numero degli addetti in servizio nelle regioni del Mezzogiorno e quelli in servizio nelle regioni del Settentrione. Complice la molteplicità e la discordanza dei dati nazionali le cifre esatte non sono disponibili ma c’è abbastanza materiale per concludere - come ha titolato il quotidiano di Confindustria - che, per quanto riguarda i forestali, esistono “due Italie”. C’è l’Italia del Nord, dove il numero di addetti è compreso in una forbice che varia tra i 50 e i 1050, e l’Italia del Sud, dove la forbice può aprirsi fin sopra quota 30 mila. È il caso della Sicilia dove, secondo le stime della Flai Cgil, operano attualmente 30 mila e 754 forestali. Una cifra di per sè eclatante che tuttavia diventa ancora più singolare se rapportata ai 68 mila 308 forestali complessivamente censiti nel Belpaese. Dunque la Sicilia assorbe da sola la metà del corpo forestale dello Stato.
Il caso siciliano, tuttavia, non è isolato e semmai è la punta di un iceberg che, con la sola eccezione della Puglia (dotata di 990 addetti), si estende uniformemente per tutto il Mezzogiorno: 11 mila e 200 forestali in Calabria, 7 mila in Basilicata, 6 mila e 500 in Sardegna, 5 mila e 40 in Campania. Risultato: cinque regioni del Sud impiegano da sole 60 mila dei circa 68 mila forestali italiani. La sproporzione, visibilissima, è accentuata ulteriormente dal rapporto tra la superficie forestale regionale e il numero di addetti. Fatti due calcoli, infatti, si scopre che in Sicilia ogni operaio ha un raggio di competenza di 12 ettari, in Calabria di 56, in Basilicata di 52, in Campania di 97, in Sardegna di 191. Una bazzecola in confronto ai 7000 ettari a testa che toccano a un forestale friulano o ai 4 mila 220 del collega emiliano o ai 3 mila 910 del tapino ligure.
Dunque al Nord i forestali sono pochi e devono sgobbare come matti mentre al Sud sono tantissimi con poco o nulla da fare.
Inutile chiedersi perché lo Stato non metta a mano questo squilibrio. È del tutto evidente, infatti, che il Corpo Forestale viene adoperato come una soluzione politica a metà tra l’ammortizzatore sociale e il voto di scambio, garantendo livelli minimi d’occupazione da un lato e livelli massimi di consenso ai partiti dall’altro. Domanda: nei panni di un candidato alle elezioni amministrative in Sicilia ignorereste un bacino elettorale di 30 mila voti che, per l’indotto delle schede dei familiari, può moltiplicarsi fino a due, tre, quattro o cinque volte? Certamente no ed infatti così, a quanto pare, funziona in meridione dove nessuno pare avere intenzione di scalfire i privilegi di casta e chi ci prova incorre in clamorose sconfitte. Basti dire che in Calabria un accordo sindacale è stato in grado di bloccare una legge regionale che aveva stabilito il trasferimento di un migliaio di forestali dalla Regione alle Comunità Montane. E a nulla, per ora, è servito il biasimo della Corte dei Conti che ha eccepito sul fatto che “un semplice verbale, neppure ascrivibile tra le fonti secondarie del diritto, abbia disatteso il contenuto di una fonte primaria come la legge regionale”.