farmaci che uccidono... non solo vaxini

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PARACETAMOLO - ADHD - AUTISMO

Nonostante le strenue difese della scienzah, sembra che davvero il paracetamolo possa influenzare negativamente i mitocondri (guarda caso, sono il trigger per tutte le malattie croniche degenerative) e provocare ADHD o AUTISMO.

Questo è l'ultimo studio sullo scottante tema sollevato dall'amministrazione TRUMP e contrastato aspramente dagli "esperti" televisivi...

Il paracetamolo, come il vaccino non si può discutere.
Manco sollevare un dibattito.
Il PARACETAMOLO è una religione.


Però sussurratelo piano piano al vostro "esperto" che altrimenti potrebbe darvi del terrapiattaro.
 
PARACETAMOLO E GRAVIDANZA
Nella rassegna odierna, spiccano due articoli sull'argomento che vale davvero la pena accostare e comparare l'uni all'altro. Il primo, ospitato dall'autorevolissimo BMJ, è firmato da alcuni ginecologi e farmacologi inglesi e, dopo aver apoditticamente argomentato che il paracetamolo è sicuro in gravidanza, si scaglia contro l'assenza di studi farmacologici in questa condizione e chiede più ricerche cliniche. Su che basi allora argomentano che il paracetamolo è assolutamente sicuro, verrebbe allora da chiedersi?
Il secondo articolo è invece pubblicato sulle pagine web di ASSIS, associazione di studi e informazione e studi sulla salute presieduta dal pediatra Eugenio Serravalle, e presenta una sintetica quanto chiara e rigorosa disamina delle principali evidenze biologiche e cliniche sulla possibile associazione tra uso di paracetamolo in gravidanza e disturbi del neurosviluppo quali autismo, ADHD e via dicendo. Concludono gli autori che "Le prove epidemiologiche indicano un aumento modesto ma coerente del rischio di disturbi del neurosviluppo associato all’esposizione prenatale al paracetamolo. Le prove biologiche forniscono un razionale plausibile, con meccanismi multipli e convergenti. Le analisi tra fratelli e i bias metodologici non smentiscono, ma invitano a ulteriori ricerche di qualità superiore."
Quale dei due articoli utilizzi un approccio scientifico e basato sulle prove pare alquanto autoevidente. Se un appunto va fatto al secondo articolo, è quello di lasciare senza risposta il quesito su quali analgesici e antipiretici possano essere utilizzati in gravidanza. Converrebbe dunque chiarire, come sempre, che in gravidanza i farmaci devono essere l'ultima opzione e dunque condizione di dolore lieve dovrebbero prioritariamente essere gestite con rimedi non farmacologici. Lo stesso vale per gli stati febbrili lievi (l'articolo di ASSIS menziona peraltro almeno uno studio che mostra come l'uso di antipiretici in caso di febbre in gravidanza non modifichi gli esiti per il nascituro). Assodato che i FANS hanno controindicazioni per il feto, il paracetamolo allo stato attuale dovrebbe rimanere confinato a condizioni gravi e, per il trattamento del dolore, a situazioni severe in cui gli oppioidi debbano essere esplicitamente esclusi. Il tutto ovviamente sotto il controllo di un medico esperto.
E ovviamente che sia indispensabile più ricerca di qualità e condotta da ricercatori esperti, capaci e privi di conflitti di interessi, è lapalissiano.
 
Ultima modifica:
hs-PCR (Proteina C Reattiva ad alta sensibilità)
Una nuova dichiarazione scientifica sull'infiammazione dell'American College of Cardiology conferma il valore della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP) nel processo decisionale clinico, sottolineando l'importanza dello screening universale del biomarcatore nella prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari.
"La dichiarazione è molto completa, fornisce lo stato dell'arte ed è focalizzata sugli aspetti clinici pratici, che dovrebbero essere sufficienti per il medico praticante", ha affermato Wolfgang Koenig, MD, PhD, professore di medicina presso il Centro cardiologico tedesco dell'ospedale universitario TUM di Monaco di Baviera, in Germania, che non è stato coinvolto nella stesura della dichiarazione.
Gli autori hanno affermato che anche diversi altri biomarcatori infiammatori, come l'interleuchina-6, il fibrinogeno e il rapporto neutrofili/linfociti, predicono il rischio, ma la loro valutazione di routine contribuisce poco alla PCR (proteina C reattiva). Inoltre, i biomarcatori per rilevare l'infiammazione vascolare sono promettenti nella ricerca, hanno scritto, ma non dovrebbero essere utilizzati in contesti clinici di routine.
In un'altra raccomandazione, la dichiarazione ha osservato che il livello di PCR (proteina C reattiva) è almeno altrettanto predittivo di eventi futuri quanto i livelli di colesterolo LDL (lipoproteine a bassa densità) nei pazienti con malattia cardiovascolare nota, indipendentemente dal fatto che il paziente sia in terapia con statine.
Gli autori hanno anche sottolineato il ruolo fondamentale degli interventi sullo stile di vita per ridurre l'infiammazione sistemica; questo include l'esercizio fisico regolare di almeno 150 minuti a settimana, un'attenzione particolare alla dieta mediterranea o alla dieta Dietary Approaches to Stop Hypertension e un aumento dell'assunzione di acidi grassi omega-3.
"Una migliore stratificazione del rischio potrebbe quindi portare a un controllo più intensivo dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare e potenzialmente a un trattamento antinfiammatorio con colchicina. Altri farmaci antinfiammatori sono attualmente in fase di studio in studi di fase 2 e 3. Questo significa che non solo è possibile diagnosticare un'infiammazione sistemica di basso grado, ma che è diventata anche un'opzione terapeutica", ha affermato.
"La speranza principale", ha continuato Koenig, "è che i medici inizino a misurare regolarmente la PCR (proteina-reattiva) umana (hsCRP), il che porterebbe a un'identificazione e a un trattamento efficaci del carico infiammatorio e a una prognosi migliore per i pazienti".
Poiché gran parte della ricerca esistente sull'infiammazione e sul rischio di malattia si concentra sulla malattia aterosclerotica, Prabhu ha osservato che l'infiammazione gioca un ruolo chiave anche nella fisiopatologia di altre malattie cardiovascolari, come le malattie cardiometaboliche, l'insufficienza cardiaca e le aritmie.
"Siamo nelle fasi iniziali della nostra comprensione di come affrontare terapeuticamente l'infiammazione in modo appropriato in questi scenari di malattia", ha affermato. "Questo sarà senza dubbio il fulcro di molte ricerche future".
Cosa vi dicevo in precedenza?
C'è una schizofrenia negli aggiornamenti della letteratura scientifica che mi stanno arrivando da oltre un anno: da una parte la raccomandazione a ridurre sia colesterolo "cattivo" LDL il più possibile (in realtà, leggendo bene gli studi, senza indubbi vantaggi reali) e dall'altra la pressione arteriosa (anche se qualche obiezione si sta alzando) dopo lo studio SPRINT del 2015, un coacervo di bias e trucchi a partire da endpoint combinato fino a 5 outcomes!!! Infatti, presi uno per uno, questi outcomes non sono neanche lontanamente significativi. Invece sempre più drammatici sono gli effetti collaterali che conseguono a questo atteggiamento aggressivo sulla pressione arteriosa, soprattutto negli anziani.
Poi ci sono altre correnti di ricerca, avulse completamente dalle prime, che puntano sulla individuazione di alcuni indici infiammatori di rischio cardiovascolare e sulla infiammazione come fattore di rischio più importante.
Al momento non vedo nessuna intenzione di embricare i due diversi atteggiamenti, i quali, con più o meno cortesi "statement", si fronteggiano.
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ACC Scientific Statement
29 September 2025
Inflammation and Cardiovascular Disease: 2025 ACC Scientific Statement: A Report of the American College of Cardiology
Authors: George A. Mensah, Natalie Arnold, Sumanth D. Prabhu, Paul M Ridker, and Francine K. Welty.
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