Hanno suicidato De Donno, il medico del plasma iperimmune

perchè le case farmaceutiche lo volevano morto?
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Burioni dice:"produzione di anticorpi monoclonali umani"

Covid, via all’uso dell’anticorpo monoclonale di Gsk e Vir: cos’è il sotrovimab
Siglato l'accordo europeo per l'acquisto del sotrovimab, l'anticorpo monoclonale sperimentale che promette di curare i casi gravi di Covd 28 Luglio 2021
 
Ultima modifica:
"Via parallela al vaccino"
La notizia arriva dal direttore sanitario dell'Istituto di malattie infettive Spallanzani, Francesco Vaia, vicno ad un punto di svolta per la lotta alla pandemia. "Ora i no-vax non hanno più scuse", afferma Francesco Vaia, pronto a somministrare i monoclonali a soggetti sani per raggiungere la tanto sospirata immunità di gregge. Gli anticorpi, che hanno già dato ottimi risultati tra i contagiati, riducono fino all’80% il rischio di ricovero in ospedale, in particolare in terapia intensiva e potranno essere sfruttati anche come profilassi in via preventiva per chi non è malato. La ricerca è già in fase avanzata. "Contiamo di essere pronti per settembre - spiega Vaia al Messaggero - una via parallela al vaccino".

da
 
è stato ucciso, nessun medico sceglie liberamente una morte così atroce come l'impiccagione.
La mafia vuole far capire a tutti come vengono trattati chi non obbedisce.
La mafia/massoneria è ormai al centro del potere, nelle tv e negli stati.
Guardate come hanno fatto fuori il presidente di Haiti è ormai chiaro che si utilizzano sistemi di coercizione che vanno oltre leggi o norme contro la libertà.
 
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Certo che avere la presunzione di dire Zangrillo è uno scemo, mentre parliamo del direttore della rianimazione del San Raffaele di Milano, nonché ricercatore e scienziato di fama mondiale !!!

Dire che Giulio Tarro è uno scemo, un virologo di fama mondiale nonché candidato al premio Nobel che ha sconfitto diverse epidemie nonché scienziato riconosciuto nel mondo intero.

Sentir dire Montanari è uno scemo, parliamo di uno scienziato esperto in medicina con un esperienza di decenni e sposato con una grande ricercatrice nonché scienziata di fama mondiale.

Sentir dire Montagner è uno scemo, parliamo del premio Nobel scienziato riconosciuto nel mondo intero.

Sentirti dire che De Donno è uno scemo e tutti gli altri scienziati che si sono espressi nel silenzio dei media.

Questa è gente che vive negli ospedali in prima linea,
vive le malattie in prima linea,
vive questo periodo in prima linea,
prima di parlare di questi grandi Professori e ricercatori io ci penserei due volte, anzi.
Ma la cosa più sconvolgente è che a criticare che questi medici e scienziati ricercatori, sono un giornal-aio, un impiegato, una casalinga, oppure qualsiasi ignorante in materia che pende dalle labbra degli “esperti” che sono collusi, corrotti dalle case farmaceutiche (fate una ricerca, nome per nome, di tutti coloro sono in TV tutti i giorni e scoprirete tutti i rapporti e tutte le coincidenze)
Gli ignoranti fanno più paura, del virus.
 
l 28 maggio 2020 scrissi un post in cui spiegavo come la necessità di togliere la sanità dalla politica e dai palcoscenici televisivi e aziendali per riportarla ai medici trovasse il suo culmine nella notizia che un politico della attuale maggioranza fosse indirettamente coinvolto nell’affare plasmaderivati per curare il Covid: “Se i risultati continueranno a essere promettenti e con l’assenso dell’Aifa, si potrebbe arrivare a produrne in quantità industriale per almeno 4 anni. Il nuovo business, con ogni probabilità, sarà in mano alla Kedrion Biopharma, colosso dei plasmaderivati di proprietà della famiglia Marcucci: l’amministratore delegato è Paolo Marcucci, fratello maggiore del senatore e capogruppo Pd Andrea, che è consigliere”.



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Sempre in quel periodo l’anestesista che da anni lavora con me in sala operatoria si ammalò di Covid-19. Oggi, dopo un anno gli chiedo di raccontarmi la sua storia da medico e da malato.
Così R.M. mi scrive:
“Era il maggio del 2020. Malessere generale, spossatezza, qualche colpo di tosse. Eseguo un tampone molecolare che risulta positivo. Essendo un medico eseguo una TAC polmonare per cercare di definire meglio il problema. Polmonite bilaterale. Inizio una terapia domiciliare con Clexane, Colchicina e Azitromicina. Dopo pochi giorni febbre in aumento, astenia profonda e SpO2 che scende al 94%. Vengo ricoverato presso il reparto Covid dell’Ospedale San Raffaele. Quando ho potuto parlare con la collega del reparto ho chiesto se fosse pensabile, considerata la mia situazione di immunocompromissione da precedente chemioterapia, una terapia a base di plasma iperimmune. La collega del S. Raffaele mi guarda, allarga le braccia e mi dice: sì, potrebbe essere un’idea ma non siamo autorizzati e organizzati per farlo.
Inizio perciò un ciclo di Remdesivir per 10 giorni nei quali il quadro rimane invariato con puntate febbrili fino a 39°. Saturimetria stabile con O2 terapia. Termino il ciclo di Remdesivir e dopo 48 ore vengo dimesso. La sera stessa ricompare febbre alta e tosse. Su insistenza della famiglia contatto un collega dell’Ospedale di Melegnano che mi organizza il ricovero immediato presso il loro reparto Covid. Riformulo ai colleghi la mia idea del plasma iperimmune che questa volta viene accolta con attenzione. Contattano l’Ospedale di Pavia e viene presa in carico la procedura per la somministrazione del plasma. Eseguo accertamenti ematici finalizzati allo scopo e finalmente viene programmata la trasfusione.

Giungo al fatidico giorno sempre più prostrato e con febbre elevata. Viene programmata la trasfusione la mattina di un sabato di giugno. Le condizioni erano queste: febbre 39°, astenia profonda, tosse, saturimetria stabile su 94%. La giornata di sabato trascorre senza sostanziali novità. La domenica mattina mi risveglio e provo qualcosa che non provavo da tempo: appetito e assenza di febbre. Il pomeriggio mi sento un altro. Sono sempre senza febbre e mi sento progressivamente meglio. Il lunedì mi sembra di essere rinato: sto bene. Sono bastate 48 ore per risolvere clinicamente la mia situazione dopo circa 45 giorni di tentativi vari con diversi farmaci.
Dopo lo stupore iniziale comincio a ragionare sulla mia storia che da paziente fortunatamente si è risolta. Ufficiosamente ne parlo a distanza con miei colleghi rianimatori che mi confermano risultati eclatanti su pazienti gravissimi.
Perché la terapia con plasma iperimmune non raccoglie consensi ufficiali?
Costa troppo poco rispetto ad altre terapie farmacologiche
e non rende abbastanza alle case farmaceutiche?
Temo che sia proprio così.
Trials clinici con plasma sono stati boicottati a più riprese.
Pochi centri si sono dedicati a questa ricerca.
Poca informazione su questo tema è stata propagandata. La salute è una merce che deve sottostare alle regole dell’economia e quindi del profitto?”


Ringrazio di cuore il collega e amico di tanti martedì di sala operatoria che ha voluto “metterci la faccia”, da medico e da paziente.
Una esperienza diretta con la freddezza di un medico rianimatore che ha trascorso 45 giorni all’inferno e in due giorni si è trovato in paradiso, nonostante la sua condizione di immunodepresso.


Domenico De Felice
Domenico De Felice

Medico, opinionista di sanità sociale
SCIENZA- 30 LUGLIO 2021
De Donno e il racconto di chi è sopravvissuto grazie alla sua plasmaterapia
De Donno e il racconto di chi è sopravvissuto grazie alla sua plasmaterapia











Il 28 maggio 2020 scrissi un post in cui spiegavo come la necessità di togliere la sanità dalla politica e dai palcoscenici televisivi e aziendali per riportarla ai medici trovasse il suo culmine nella notizia che un politico della attuale maggioranza fosse indirettamente coinvolto nell’affare plasmaderivati per curare il Covid: “Se i risultati continueranno a essere promettenti e con l’assenso dell’Aifa, si potrebbe arrivare a produrne in quantità industriale per almeno 4 anni. Il nuovo business, con ogni probabilità, sarà in mano alla Kedrion Biopharma, colosso dei plasmaderivati di proprietà della famiglia Marcucci: l’amministratore delegato è Paolo Marcucci, fratello maggiore del senatore e capogruppo Pd Andrea, che è consigliere”.


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Sempre in quel periodo l’anestesista che da anni lavora con me in sala operatoria si ammalò di Covid-19. Oggi, dopo un anno gli chiedo di raccontarmi la sua storia da medico e da malato. Così R.M. mi scrive:

“Era il maggio del 2020. Malessere generale, spossatezza, qualche colpo di tosse. Eseguo un tampone molecolare che risulta positivo. Essendo un medico eseguo una TAC polmonare per cercare di definire meglio il problema. Polmonite bilaterale. Inizio una terapia domiciliare con Clexane, Colchicina e Azitromicina. Dopo pochi giorni febbre in aumento, astenia profonda e SpO2 che scende al 94%. Vengo ricoverato presso il reparto Covid dell’Ospedale San Raffaele. Quando ho potuto parlare con la collega del reparto ho chiesto se fosse pensabile, considerata la mia situazione di immunocompromissione da precedente chemioterapia, una terapia a base di plasma iperimmune. La collega del S. Raffaele mi guarda, allarga le braccia e mi dice: sì, potrebbe essere un’idea ma non siamo autorizzati e organizzati per farlo.

Inizio perciò un ciclo di Remdesivir per 10 giorni nei quali il quadro rimane invariato con puntate febbrili fino a 39°. Saturimetria stabile con O2 terapia. Termino il ciclo di Remdesivir e dopo 48 ore vengo dimesso. La sera stessa ricompare febbre alta e tosse. Su insistenza della famiglia contatto un collega dell’Ospedale di Melegnano che mi organizza il ricovero immediato presso il loro reparto Covid. Riformulo ai colleghi la mia idea del plasma iperimmune che questa volta viene accolta con attenzione. Contattano l’Ospedale di Pavia e viene presa in carico la procedura per la somministrazione del plasma. Eseguo accertamenti ematici finalizzati allo scopo e finalmente viene programmata la trasfusione.
Giungo al fatidico giorno sempre più prostrato e con febbre elevata. Viene programmata la trasfusione la mattina di un sabato di giugno. Le condizioni erano queste: febbre 39°, astenia profonda, tosse, saturimetria stabile su 94%. La giornata di sabato trascorre senza sostanziali novità. La domenica mattina mi risveglio e provo qualcosa che non provavo da tempo: appetito e assenza di febbre. Il pomeriggio mi sento un altro. Sono sempre senza febbre e mi sento progressivamente meglio. Il lunedì mi sembra di essere rinato: sto bene. Sono bastate 48 ore per risolvere clinicamente la mia situazione dopo circa 45 giorni di tentativi vari con diversi farmaci.

Dopo lo stupore iniziale comincio a ragionare sulla mia storia che da paziente fortunatamente si è risolta. Ufficiosamente ne parlo a distanza con miei colleghi rianimatori che mi confermano risultati eclatanti su pazienti gravissimi. Perché la terapia con plasma iperimmune non raccoglie consensi ufficiali? Costa troppo poco rispetto ad altre terapie farmacologiche e non rende abbastanza alle case farmaceutiche? Temo che sia proprio così. Trials clinici con plasma sono stati boicottati a più riprese. Pochi centri si sono dedicati a questa ricerca. Poca informazione su questo tema è stata propagandata. La salute è una merce che deve sottostare alle regole dell’economia e quindi del profitto?”

Ringrazio di cuore il collega e amico di tanti martedì di sala operatoria che ha voluto “metterci la faccia”, da medico e da paziente. Una esperienza diretta con la freddezza di un medico rianimatore che ha trascorso 45 giorni all’inferno e in due giorni si è trovato in paradiso, nonostante la sua condizione di immunodepresso.

Questa testimonianza ha ancor più valore nel ricordare un grande uomo che proprio in questi giorni ha deciso di suicidarsi.
Il dottor Giuseppe De Donno che sentii al telefono proprio nel maggio scorso.
Ha avuto tutti contro il primario di Pneumologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova che per primo aveva iniziato le cure con le trasfusioni di plasma iperimmune e che agli inizi di giugno 2021 si era dimesso dall’ospedale per iniziare lo scorso 5 luglio la nuova professione di medico di base a 54 anni.
Giuseppe De Donno, trovato morto il pioniere della terapia al plasma per curare il Covid. Matteo Salvini: “Lascia un vuoto grande”


 

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