I biglietti della follia (2 lettori)

Aysia

Forumer attivo

"Mi ha scosso, non che tu mi abbia mentito, ma che io non ti creda più". F. Nietzsche


Carissimo,
oggi mi sento ancora più lontana da tutto di ieri.
Una sensazione di distacco che mi allontana da una vita che vorrei manipolare come fosse plastilina e farne piccole palline da lanciare con due dita come una volta si faceva con le biglie.
Ho voglia di momenti scarni. Lo squallore è balsamo per le mie ferite.
Mi piace pensare al mio futuro come ad un bicchiere di cristallo.
Bellissimo.
Io lo tengo in mano e poi, volutamente, lo lascio cadere. E osservo il suo frantumarsi in mille e più pezzi, piccoli diamanti di cristallo che schizzano ovunque.
Ho orrore della perfezione (o forse ne sono ossessionata? ), cerco attimi che siano come vecchie cartoline, ormai ingiallite, quelle che si trovano solo in certe bancarelle di mercati di bricolage.
Lasciami stare, non cercare di capirmi.
Sono ignota anche a me stessa.
Mi sto arrotolando come fossi una biscia o un porcospino prossimo al letargo.
Sembro inoffensiva, ma non avvicinarti troppo: potrei lanciare i miei aculei o morderti.
Un giorno qualcuno disse: Se tu mi graffi, io ti mordo.
Questa frase si è incistita in me, è corsa nelle mie vene fino a diventare mia.
Stai attento, io ti ho avvertito.
Le giornate dal sapore vuoto attraversate dalle tue parole sono state come sole troppo forte sulla mia pelle, che ora è diventata cuoio indurito.
Il sole poi mi è entrato dentro ed ora è una palla ardente che illumina, fino a farli sparire, tutti i mie pensieri.
Non dovevi farlo. Non posso, ora, che ripetere quel che scrisse Nietzsche: Mi ha scosso, non che tu mi abbia mentito, ma che io non ti creda più.
Maga Svagata.

* Il 3 gennaio 1889 Nietzsche ebbe un crollo psichico e, dal 3 a 7 gennaio, scrive a parenti ed amici i biglietti della follia. Il suo modo di scrivere suscitava sempre sensazioni forti ed appariva spesso trasgressivo oltre i rigidi schemi che gli uomini si sono imposti da sempre, tanto che alcuni suoi amici, quando hanno ricevuto i cosiddetti biglietti della follia, avevano pensato al suo solito gioco del mascheramento.
Quando la situazione appare chiara, l'amico Overbeck interviene ricoverando Nietzsche a Basilea e poi a Naumburg.
Dal 1890 è affidato alle cure prima della madre e poi della sorella. Nietzsche resta immerso per oltre 10 anni in una blanda pazzia.
Gli pseudonimi con cui Nietzsche firma questi messaggi ci fanno pensare ad indizi di natura autobiografica: Dioniso, Zagreo, Il Crocifisso, Anticristo.
 

doncraudio

intellettuale stronzissimo
Nel Doktor Faustus, Thomas Mann fa fare a N., nelle vesti di Adrian Leverkuhn, la cosa più contraria alla sua natura: andare in un lupanare e prendersi, proprio lui, la sifilide. La storia di Nietzsche-Leverkuhn, secondo Mittner, sarebbe “narrata in parte su documenti nietzschiani autentici”. Quali? L’unica fonte non più essere che quella di Paul Deussen che racconta divertito un episodio riferitogli da Nietzsche.

Un giorno, nel febbraio del 1865, Nietzsche si è recato da solo a Colonia, Là si era fatto accompagnare da una guida a vedere le cose ragguardevoli della città e alla fine le aveva chiesto di condurlo in un ristorante. Ma costui lo portò in una casa malfamata. “Mi vidi”, così raccontò Nietzsche il giorno dopo, “improvvisamente circondato da una mezza dozzina di apparizioni in veli e lustrini , che mi fissavano speranzose. Rimasi per un po’ senza parola. Poi mi diressi istintivamente verso il pianoforte, l’unico essere animato in quella compagnia, e ne trassi alcuni accordi. Questi mi liberarono dallo sbalordimento e me la svignai”.

Che cosa autorizzi da questo piccolo episodio, a credere che Nietzsche non sia scappato via terrorizzato dal bordello e vi abbia invece contratto la sifilide? Thomas Mann ne ha ricamato il suo (bellissimo) romanzo, ma l’ha fatto certamente per conto suo.

Nietzsche, sostengono altri, potrebbe essere ritornato alla carica ed essersi infettato dopo, negli anni di studio a Lipsia.

Questa ipotesi è confermata da una dichiarazione che Nietzsche stesso, già demente, fece ai sanitari nel gennaio 1890 e che fu registrata: “1866 infezione sifilitica”.

In base alle testimonianze raccolte dallo psichiatra Lange-Eichbaum e alla dichiarazione di Nietzsche, scrive Blunck, dobbiamo ritenere accertato il fatto che la demenza di Nietzsche “sia stata originata esclusivamente da una sifilide”, contratta a Lipsia e culminata nella paralisi progressiva.

Verrecchia fa notare che di accertato non c’è proprio niente. Quanto all’annotazione “1866 infezione sifilitica”, che compare nel “Krankenjournal” di Jena (ma nel gennaio 1889, non nel 1890), non si tratta di una dichiarazione di Nietzsche, bensì di una voce giunta da Basilea. Tanto è vero che è inserita nel breve “cenno biografico” e subito dopo la “storia clinica da Basilea”.

A fornire i dati fu il dottor Mahly, che accompagnò Nietzsche da Basilea a Jena. Anzi la voce della sifilide compare anche prima, fra le generalità che non furono certo fornite dal malato.

Quando la voce cominciò a circolare e a far rumore sulla stampa il professor Roscher scrisse alla signora Forster: “… così io ritengo un dovere della mia coscienza confermarle esplicitamente che a me, che potei essere vicino a Nietsche e a Rohde durante gli anni di studio a Lipsia, non è mai giunto il minimo sentore di una infezione “luetica” in quel tempo. Mi riesce anche del tutto incredibile che Nietzsche, il quale in fatto di Sesso viveva come un santo e come tale, a quel che mi risulta, veniva considerato da tutti gli amici di gioventù, possa essersi presa una simile infezione mediante una stravaganza”.

Lo stesso Rohde respinse con sdegno l’ipotesi che il suo amico si fosse infettato a quel modo, mentre Gast, “come amico e intimo conoscente di Nietzsche”, ci rideva sopra. Insomma, nessuno degli amici più vicini seppe mai nulla di codesta leggendaria infezione luetica; il che, anche tenendo conto della ritrosia di Nietzsche a confidarsi, è davvero singolare. Riferendosi al fatto che N. stesso avrebbe dichiarato di essersi infettato, Kurt Hildebrandt fa un’ipotesi assai verosimile: “Baswanger ha ammesso l’infondatezza di quella infausta registrazione, di cui si può in certo qual modo supporre la provenienza. Nel manicomio di Basilea, Nietzsche, nel più alto stadio della sua megalomania e della sua confusione, deve aver risposto alla domanda sulla lue: “Signorsì, due volte, nel 1866”. Già la dichiarazione di una infezione avvenuta due volte, cosa impossibile in circostanze normali, lascia pensare che Nietzsche non abbia capito bene la domanda. Forse la spiegazione, che Peter Gast dà di questo fatto non è falsa. Il 1866 fu l’anno del colera. Nietzsche credeva di essersi preso il colera per ben duo volte, nel mese di luglio a Lipsia e all’inizio di settembre a Nauburg, e s’immaginò di aver domato la malattia mediante le sue pronte cure. Ora, siccome lues (=malattia contagiosa) come parafrasi discreta di sifilide nel 1889 non era ancora generalmente conosciuta, a Nietzsche poté venire in mente il ricordo del colera, tanto più che egli si era profondamente impressa nella mente una notte trascorsa con un morto da colera”. A questo se non si vuole accettare tale ipotesi si può anche supporre che a mettere in testa a Nietzsche una simile idea sia stato Bettmann. Se l’aveva fatta sorgere in Overbeck, come dice il Bernoulli, figuriamoci quello che avrà potuto fare con Nietzsche, chiedendogli notizie della sua “natura sotto”.

Lo stesso professor Binswanger, del resto, dichiarò che Nietzsche non era più in grado di dare delle indicazioni e che quindi era impossibile stabilire l’eziologia del male: “La natura, il decorso come pure la durata della malattia portano a un senso né negativo né positivo per la soluzione del problema”. Il dottor Gutjahr, da parte sua, altro medico curante, scrisse: “Dopo di ciò ho visitato Nietzsche per trovare segni e residui di una lue e non ho trovato niente”.
 

Aysia

Forumer attivo
Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare.

Friedrich Nietzsche


 

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