II. Israele/Palestina, la storia moderna (1 Viewer)

sharnin

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Dopo la conquista romana e gli eventi che ne seguirono la maggior parte degli ebrei (ma non tutti) se ne andarono spontaneamente dalla Palestina.
Che 2000 anni dopo i supposti (ma come lo dimostrano? e con quali titoli di proprietà?) discendenti di costoro rivendichino dei diritto su quella regione di contro a quelli che ci sono sempre stati è semplicemente una truffa.

Dopo la caduta dell’Impero Ottomano che dominava tutta intera la zona, senza divisioni statuali al suo interno, “nel periodo nel quale le potenze europee, in primis l'Inghilterra, decidevano le sorti della Palestina e incoraggiavano il movimento sionista ad occuparla, la Palestina non era un deserto. Era, al contrario, un paese dove viveva una comunità politica e civile composta di oltre seicentomila persone, che dava nome al territorio e che lo occupava legittimamente da secoli.
I palestinesi parlavano l'arabo ed erano in gran parte mussulmani sunniti, con la presenza di minoranze cristiane, druse e sciite, che usavano anch'esse la lingua araba. Grazie al suo elevato grado di istruzione, la borghesia palestinese costituiva una élite della regione mediorientale: intellettuali, imprenditori e banchieri palestinesi occupavamo posti chiave nel mondo politico arabo, nella burocrazia e nelle industrie petrolifere del Golfo Persico. Questa era la situazione sociale e demografica della Palestina nei primi decenni del Novecento e tale sarebbe rimasta fino a qualche settimana prima della proclamazione dello Stato d'Israele nella primavera del 1948.”
Prima ancora dello stato di Israele gli inglesi e i banchieri ebrei loro soci come i Rotschild incominciarono a mandarci degli ebrei RUSSI che erano ESTRANEI a quel paese, gli Ostjuden, di cui TUTTI volevano liberarsi naturalmente dopo averli imbottiti di storie sulla Bibbia, la terra promessa etc., la loro superiorità, e bugie del genere.
Tra l'altro gli ostjuden erano, e sono, profondamente disprezzati da tutti gli altri ebrei, specialmente dai sefarditi.

Gli inglesi hanno creato dal nulla lo stato di Israele, con la scusa che i poveri ebrei erano perseguitati dappertutto e non sapevano dove andare. Però PROIBIRONO che andassero in Inghilterra!!!
Tra l’altro bisogna dire che il primo progetto prevedeva la creazione dello stato Ebraico in Sudafrica.
Ma in realtà la cosa ERA collegata all'eliminazione degli ebrei da parte dei nazisti - progetto “bilderberghiano”, perchè lo sapevano “tutti” i governi di questa persecuzione, e nessuno fece nulla per fermarla, lo sapevano anche i capi ebrei, e tutti erano daccordo: gli servivano queste vittime per poter creare lo Stato di Israele, lo ha praticamente detto persino Golda Mayr.
Quindi QUESTO PROGETTO PREVEDEVA DUE CRIMINI, IL GENOCIDIO DEGLI EBREI PRIMA E QUELLO DEI PALESTINESI DOPO.
Gli inglesi e i banchieri ebrei sionisti si preoccuparono di scavare e mantenere un solco di odio tra ebrei e arabi, un solco di odio che non esisteva, e di criminalizzare gli arabi. Gli ebrei immigrati, che avevano la coda di paglia, ci cascarono e gli faceva anche comodo, per non sentirsti degli usurpatori. Ma lo erano.
Nel frattempo lo Stato dei palestinesi non è stato contemporaneamente creato!

Gli unici ebrei che hanno veramente diritto di stare in quella zona sono quelli che c'erano già e i loro discendenti, non gli altri. Tra l’altro quelli che già c’erano, che erano una minoranza rispetto agli arabi, facevano la stessa vita degli arabi, con cui convivevano in santa pace e parlavano arabo, perchè l’ebraico era una lingua morta come il latino, usata solo in ambito religioso. Inoltre bisogna dire che tra ebrei palestinesi (veramente palestinesi) e arabi non c'è una grande differenza dal punto di vista etnico.
Sono stati fatti “ritornare” in Palestina moltitudini di ebrei i cui antenati non avevano mai avuto nulla a che fare con quei posti neanche 2000 anni prima, buttando fuori i palestinesi che ci stavano, e adesso si pretende che i palestinesi profughi molto recenti il cui diritto al ritorno è stato sancito dalla risoluzione 194 dell'Onu, non possano più tornare in Palestina! I palestinesi che stanno in Siria e Libano sono profughi, rifugiati, gente che vive nei campi profughi una non vita, una morte civile, guardando gli usurpatori che occupano la loro terra.Questo è anche peggio del genocidio. Quei palestinesi che stavano a casa loro prima che l'artificioso “Stato di Israele” li buttasse fuori di casa.

“L'intera vicenda dell'invasione sionista della Palestina e della autoproclamazione dello Stato di Israele ruota dunque attorno ad una operazione ideologica che poi si incarnerà in una sistematica strategia politica: la negazione dell'esistenza del popolo palestinese.
Nelle dichiarazioni dei maggiori leader sionisti - da Theodor Herzl a Moses Hess, a Menachem Begin, a Chaim Weizman - la popolazione nativa, quando non è totalmente ignorata, viene squalificata come barbara, indolente, venale, dissoluta. A questo diffusissimo clichet coloniale è strettamente associata l'idea che il compito degli ebrei sarebbe stato quello di occupare un territorio arretrato e semideserto per ricostruirlo dalle fondamenta e “modernizzarlo”. E secondo una interpretazione radicale della “missione civilizzatrice” dell'Europa e del suo “colonialismo ricostruttivo”, la nuova organizzazione politica ed economica israeliana avrebbe dovuto escludere ogni cooperazione, se non di carattere subordinato e servile, della popolazione autoctona (mentre lo Stato israeliano sarebbe rimasto aperto all'ingresso di tutti gli ebrei del mondo e soltanto degli ebrei).
Non a caso, la prima grande battaglia che i palestinesi sono stati costretti a combattere per risalire la china dopo la costituzione dello Stato d'Israele è stata quella di opporsi alla loro vera e propria cancellazione storica. Il loro obiettivo primario è stato di affermare - non solo contro Israele, ma anche contro paesi arabi come l'Egitto, la Giordania, la Siria - la loro identità collettiva e il loro diritto all'autodeterminazione. Soltanto molto tardi, non prima del 1974, le Nazioni Unite prenderanno formalmente atto dell'esistenza di un soggetto internazionale chiamato Palestina e riconosceranno in Yasser Arafat il suo legittimo rappresentante.
La negazione dell'esistenza di un popolo nella terra dove si intendeva installare lo Stato ebraico è lo stigma coloniale e, in definitiva, razzistico che caratterizza sin dalle sue origini il movimento sionista: un movimento del resto strettamente legato alle potenze coloniali europee e da esse sostenuto in varie forme. Dopo aver a lungo progettato di costituire in Argentina, in Sudafrica o a Cipro la sede dello Stato ebraico, la scelta del movimento sionista cade sulla Palestina non solo e non tanto per ragioni religiose, quanto perchè si sostiene, assieme a Israel Zangwill, che la Palestina è “una terra senza popolo per un popolo senza terra”.
I nazionalisti ebrei volevano una conquista attraverso il terrorismo, sono loro che già negli anni venti e trenta cominciarono a far esplodere ordigni nei mercati arabi. Infatti è in nome di questa logica coloniale che espulsero grandi masse di palestinesi - non meno di settecentomila - grazie soprattutto al terrorismo praticato da organizzazioni sioniste come la Banda Stern, guidata da Yitzhak Shamir, e come l'Irgun Zwai Leumi, comandata da Menahem Beghin, celebre per essersi resa responsabile della strage degli abitanti - oltre 250 - del villaggio di Deir Yassin.
Poi, a conclusione della prima guerra arabo-israeliana, l'area occupata dagli israeliani fu fatta espandere ulteriormente, passando dal 56 per cento dei territori della Palestina mandataria, assegnati dalla raccomandazione della Assemblea Generale delle Nazioni Unite, al 78 per cento, includendo fra l'altro l'intera Galilea e buona parte di Gerusalemmme. Infine, a conclusione dalla guerra dei sei giorni, nel 1967, come è noto, Israele si impadronisce anche del restante 22 per cento, si annette illegalmente Gerusalemme-est e impone un duro regime di occupazione militare agli oltre due milioni di abitanti della striscia di Gaza e della Cisgiordania. Il tutto accompagnato dalla sistematica espropriazione delle terre, dalla demolizione di migliaia di case palestinesi, dalla cancellazione di interi villaggi, dall'intrusione di imponenti strutture urbane nell'area di Gerusalemme araba, oltre che in quella di Nazaret.
Ma, fra tutte, è la vicenda degli insediamenti coloniali nei territori occupati della striscia di Gaza e della Cisgiordania a fornire la prova più persuasiva della malafede israeliana. Come spiegare altrimenti il fatto che, dopo aver conquistato il 78 per cento del territorio della Palestina, dopo aver annesso Gerusalemme-est ed avervi insediato non meno di 180 mila cittadini ebrei, lo Stato di Israele si è impegnato in una progressiva colonizzazione anche di quell'esiguo 22 per cento rimasto ai palestinesi, e già sotto occupazione militare? Come è noto, a partire dal 1968, per iniziativa dei governi sia laburisti che di destra, Israele ha confiscato circa il 52% del territorio della Cisgiordania e vi ha insediato oltre 200 colonie, mentre nella popolatissima e poverissima striscia di Gaza ha confiscato il 32 per cento del territorio, istallandovi circa 30 colonie.
Complessivamente non meno di 200 mila coloni oggi risiedono nei territori occupati, in residenze militarmente blindate, collegate fra loro e con il territorio dello Stato israeliano attraverso una rete di strade (le famigerate by-pass routs) interdette ai palestinesi e che frammentano e lacerano ulteriormente ciò che rimane della loro patria.
Si può dunque concludere che il “peccato originale” dello Stato di Israele è il suo carattere strutturalmente sionista: il suo rifiuto non solo di convivere pacificamente con il popolo palestinese ma persino di gestire la propria egemonia in modi non repressivi, coloniali e sostanzialmente razzisti. Ciò che l'ideologia sionista è riuscita ad ottenere è stata la progressiva conquista della Palestina dall'interno. E ciò ha dato e continua a dare al mondo - non solo a quello occidentale - l'impressione che l'elemento indigeno sia costituito dagli ebrei e che stranieri siano i palestinesi. In questa anomalia sta il nucleo della tragedia che si è abbattuta sul popolo palestinese, la ragione principale delle sue molte sconfitte: il sionismo è stato molto più di una normale forma di conquista e di dominio coloniale dall'esterno. Esso ha goduto di un consenso e di un sostegno generale da parte dei governi e della opinione pubblica europea come non è accaduto per alcun'altra impresa “coloniale” e tutto questo perchè gli angloamericani avevano bisogno di un gendarme del petrolio e di una quinta colonna nel Mediterraneo.

Fonti
A. Giardina M. Liverani B. Scarcia La Palestina Ed. Riuniti
e altre

***


QUANTO MI HA SCRITTO IL PROF HALEVI

Israele è sempre stato così anche prima della formazione dello Stato. Fino al 1977 avevano due discorsi, uno per l'estero ed uno per l'interno. Quello interno in ebraico ha sempre detto la verità: gli "arabi" devono essere cacciati e se non ce la facciamo a cacciarli dobbiamo soffocarli o ammucchiarli da una parte e prendere piu'terreni possibile. Ammuchiandoli si creeranno loro difficoltà umane (bisogna spostarli, far saltare le case ecc, si separano le famiglie)inducendoli a emigrare, lo stesso dicorso vale per le difficoltà economiche e sociali che questa politica comporta per la popolazione palestinese. Il ragionamento e' lo stesso sia che si tratti degli arabi israeliani sia che si tratti di quelli del West Bank o Gaza ma anche se fossero del Kuwait varrebbe lo stesso discorso.
Ho sempre visto Israele come uno Stato fondamentalista. Inizialmente il fondamentalismo era principalmente sionista: gli ebrei devono tutti tornare in Palestina, tutta questa terra e' moralmente nostra, gli abitanti arabi sono il risultato delle varie invasioni avvenute dopo la distruzione del secondo Tempio. Con questa mistica si giustifica tutto.
Questa visione era comune sia al sionismo laburista che a quello nazionalista. Il secondo non voleva stadi intermedi ma una conquista attraverso il terrorismo, sono loro che già negli anni venti e trenta cominciarono a far esplodere odigni nei mercati arabi e via dicendo. Il sionismo laburista era invece stalinista e procedeva per tappe: aveva un'ala diplomatica di alleanza con la Gran Bretagna (Haim Weitzman)la cui funzione era di mediare per ottenere l'appoggio britannico contro la moderazione, ed il sostegno alla Gran Bretagna contro il nazionalismo arabo.
Il discorso esterno proviene da questa tradizione mentre quell'interno e' sempre stato schietto: cacciamo gli arabi se si può e non perdiamo l'occasione quand'essa si presenta. Dopo il 1977, con la vittoria della destra di Begin, i due discorsi si sono unificati anche perche' la destra non ha mai fatto mistero di non volerli tenere separati. Inoltre l’ enunciato nazionalistico di destra si è fuso con quello fondamentalistico religioso. Fino al 1967 il fondamentalismo religioso era contro lo Stato sionista, considerava la formazione d'Israele un atto profano. Dopo il ’67, con la conquista della Cisgiordania, il fondamentalismo religioso ha cambiato natura ed origine. Vi hanno contribuito elementi americani (come ad esempio il partito di estrema destra Shas, dipende da un gruppo fondamentalista (i Lubavich) di New York, ed altri. Con la vittoria della destra nel 1977 i due discorsi si sono fusi sia perche' i fondamentalisti sono necessari alle coalizioni di destra sia perche' la destra nazionalista ha sempre di piu' assorbito l’enunciato fondamentalista. Nei fatti non c'e' pero' differenza tra laburisti tipo Peres, Sharon o fondamentalisti. Tutti vogliono la stessa cosa, solo che alcuni lo dicono apertamente, invece gente come Peres si cela dietro sorrsio e compartamenti responsabili.

Negli anni venti-30 dietro il progetto sionista c'era la Gran Bretagna.
Tuttavia, dopo la grande rivolta palestinese del 1936-39, gli inglesi capirono che dovevano fare dei passi indietro. Si attirarono le ire dei nazionalisti di Begin e Shamir che cominciarono a sviluppare dei legami con i nazisti, attuando anche degli attentati contro i soldati britannici in Palestina. Anche l'ala laburista (Ben Gurion, Golda Meir ecc) giurò odio alla Gran Bretagna, ma in silenzio ed in un modo diverso.
Nel 1941 aprirono dei contatti con Stalin facendogli capire che volevanao la partenza dgli inglesi dal Medioriente e che loro, i sionisti, sarebbero stati capaci di ottenerla, mentre gli arabi no.
Stalin era della stessa opinione, inoltre pensava che appoggiando i sionisti i laburisti avrebbe ottenuto l'appoggio degli ebrei americani.
Comunque dal 1941 al 1953 si sviluppo' una stretta alleanza tra l'Urss e Ben Gurion. Come dice giustamente Begin nelle sue memorie (parafrasando) " capii (nel 1947) che avremmo vinto quando Radio Mosca cominciò ad elogiarci e a tacciare i regimi arabi di essere reazionari". Vennero le armi - dalla Cecoslavacchia - (aerei, cannoni e mitragliatrici da campagna)che decisero della vittoria militare del 1948-9. Venne anche il petrolio, dato che l'oleodotto di Haifa venne interrotto dalla Siria ed il porto di Eilat non c'era. Il petrolio sovietico tenne in in piedi Israele fino al 1952. E' interessante notare che gli americani non protestarono mai per i legami tra Urss e Israele, e continuarono a donare dei soldi a Tel Aviv ma non armi. Queste arrivarono solo dopo il 1967, fino ad allora le armi israeliane erano prevalentemente francesi (soprattutto l'aviazione),riultato del legame con Parigi nel 1956.
Israele e' un condensato (come i pomodori) imperialistico-nazionalista fondamentalista. Prevedo che diventerà un puro stato fascista perche' per rimanere ebraico dovrà esercitare un terrore fascista sugli arabi circostanti. Infatti anche in base alla sola dinamica demografica interna la popolazione ebraica in Israele diventerà minoritaria, o 55% contro 45% fra pochi decenni. Infatti molti "democratici", adieu aux droits de l'homme, sostengono che bisogna far di tutto per aumentare la componente ebraica se si vuole evitare il fascismo.


Sul piano strettamente politico-militare la fonte del potere israeliano deriva dagli Stati Uniti. Kennedy cambio' la politica di Eisenhower, che favoriva la conservazione araba, in un appoggio piu aperto ad Israele. Ma fu Johnso, nel bel mezzo delle guerra nel Vietnam, a vedere in Israele uno strumento strategico, sia localmente sia nei confronti dell'Urss o piuttosto della paventata formazione di una grande flotta sovietica nel Mediterraneo. Gli Stati Uniti hanno basato la loro politica nell'area su due pilastri: la Turchia e Israele. E' con Johnson che la lobby ebraica, che prima aveva un'influenza relativa, assume un ruolo vieppiu importante.
Ogni tanto gli Usa si rendono conto che il pilastro israeliano crea cmplicazioni ma finiscono sempre per rafforzarlo. L'anno scorso Cheney disse chiaramente che l'asse si stava spostando dal Medioriente verso il Caspio e che bisognava chiudere il conflitto israelo palestinese. Molti, tra cui io stesso, credettero ad un mutamento di rotta rispetto all'appoggio totale di Israele da parte di Clinton. Ora si vede invece che il mutamento dell'asse viene concepito dagli Usa in fomrma di scontro accentuato con l'Iran. Questo da' nuova importanza ad Israele che dal 1963 non fa che propagandare nei circoli Usa la necessita'di una guerra contro l'Iran.


La solidarietà con i palestinesi è più urgente che mai se si vuole aprire uno spiraglio per la pace, non solo in Israele ed in Palestina ma in tutta la regione che va fino al Golfo Persico. Infatti le dichiarazioni del capo-gruppo repubblicano al Congresso Dick Armey non cadono dal cielo. Armey ha recentemente sostenuto che Israele dovrebbe prendersi l'intera Cisgiordania aggiungendo anche di credere che i palestinesi dovrebbero andarsene. Queste dichiarazioni mostrano quanto sia profonda la condivisione nella maggioranza repubblicana al Congresso delle idee più estremiste della destra israeliana al potere. Il 28 aprile il Daily Telegraph di Londra riportava un'intervista con lo storico militare israeliano Martin van Creveld le cui osservazioni meritano di essere trascritte. Van Creveld sostiene che Sharon ha sempre tenuto in serbo l'obiettivo di disfarsi dei palestinesi. Un simile scenario può facilmente concretizzarsi. Sharon dovrebbe attendere l'emergere di un'opportunità come un'offensiva americana contro l'Iraq che molti israeliani pensano avverrà agli inizi dell'estate. Continuiamo: "L'espulsione dei palestinesi richiederà solo l'uso di alcune brigate le quali non strapperebbero le persone casa per casa ma per scacciarle userebbero l'artiglieria pesante. Al paragone il danno provocato a Jenin apparirà come una puntura di spillo" Dopo aver escluso che le forze armate arabe possano essere in grado di ostacolare questa nefandezza lo storico israeliano sviluppa la seguente analisi. Alcuni credono che la comunità internazionale non permetterà una tale pulizia etnica. Non ci conterei. Se Sharon decidesse di procedere, il solo paese che può fermarlo sono gli Stati uniti. Tuttavia gli Usa si considerano in guerra con la parte del mondo musulmano che ha appoggiato Osama bin Laden e non obietterebbero che a questo mondo venga impartita una lezione, specialmente se l'operazione risulterà rapida e brutale come nella campagna del 1967 ed in particolare se non interromperà troppo a lungo il flusso del petrolio. Gli esperti militari israeliani stimano la durata della guerra in otto giorni perché non intervengano i paesi arabi. Essa terminerà con l'espulsione dei palestinesi e con la Giordania in rovine. Qualora i paesi arabi intervenissero il risultato sarebbe lo stesso con i principali eserciti arabi distrutti. Incidentalmente - ma non proprio - pochi giorni dopo sono arrivate le dichiarazioni del capo-gruppo repubblicano al Congresso.
L'analisi di van Creveld è pertanto fondata su una buona conoscenza degli obiettivi politici non solo di Sharon ma anche dei dirigenti americani.
Un importante elemento dell'analisi è costituito dalla connessione che è stabilita tra una nuova guerra su larga scala all'Iraq e l'espulsione dei palestinesi. Questo fatto, nota lo storico, spiega perchè Sharon abbia sollecitato Colin Powell a non permette che la situazione israelo-palestinese ritardi l'operazione nei confronti dell'Iraq.
Ne consegue che la solidarietà con i palestinesi va di pari passo con la mobilitazione per la cessazione dell'embargo e contro i piani di guerra all'Iraq. In questo contesto le differenze tra Netanyahu e Sharon son solo di facciata. Il primo dice apertamente ciò che il secondo pensa di fare. L'opposizione di Sharon alla formalizzazione del rifiuto da parte del Likud dello stato palestinese è puramente tattica volta a non dichiarare apertamente gli obiettivi per avere maggiore libertà di azione. Così faceva anche Ben Gurion. Pertanto è assolutamente imperativo che le forze no-global si mobilitino in una dimensione di massa tipo Genova e come i 100 mila manifestanti di Tel Aviv per i diritti nazionali ed umani dei palestinesi la cui persistente negazione porta alla globalizzazione della guerra.

***

Un articolo che mi aveva mandato:
L’apartheid in Israele
.di Joseph Halevi

La situazione dei palestinesi israeliani -sistematicamente investiti, fin dalla fondazione dello Stato, da misure volte a ridurne i diritti di cittadinanza – rappresenta l’esempio di ciò che i vari governi di Tel Aviv intendono per relazioni normali con gli abitanti originari della Palestina storica. Aggravate il quadro in Israele di un multiplo molto, molto grande e otterrete la situazione nei terriitori palestinesi ocupati da Tel Aviv, dopo l’aggressione effettuata nei confronti dei Paesi arabi vicini con la guerra del giugno 1967, cui allora si opposero solo e soltanto i comunisti israeliani.
Nel contesto della lotta contro l’apartheid insito nella struttura istituzionale di Israele, che anche un galantuomo come Giovanni Berlinguer oggi – ma non ai tempi di suo fratello sgeretario generale del Pci – si rifiuta nei fatti di riconoscere come tale, il movimento arabo-ebraico Ta’ayush (http: //taayush. tripod. com/) ha lanciato un appello a manifestare nella città israeliana di Lod (Lidda) situata ad una ventina di chilometri ad est di Tel Aviv.
Nel 1948 questa città era interamente araba e la maggioranza ne venne barbaramente espulsa verso la Cisgiordania e costretta marciare senz’acqua nella torrida estate mediorentale. Lo stesso accadde alla popolazione della vicina città di Ramle e si calcolano ad oltre trecento i morti civili di quell’esodo forzato.
L’ordine venne direttamente da David Ben Gurion. Venne cioè dal laburista fondatore dello Stato laburista e non da un qualsiasi Sharon. Fu Rabin a svelarlo in un passo delle sue memorie. Il riferimento venne censurato nella versione in ebraico, ma fu scoperto e pubblicato dal New York Times. Però i palestinesi se lo meritano!, essi non sono che dei terroristi ed ogni collegamento tra Israele e razzismo è improprio, non è vero, povero Giovanni (Berlinguer)?
Oggi Taayush è al centro della mobilitazione volta a difendere i diritti dei palestinesi che – ridotti violentamente a minoranza – ancora risiedono nella città.
La manifestazione prevista per oggi, lunedì 22 luglio, si propone di protestare contro la demolizione di case costruite, o in via di cotruzione, da cittadini israelo-palestinesi in un quartiere periferico della città. Gli abitanti, specifica Taayush nel suo volantino, non hanno la possibilità di ottenere abitazioni alternative nell’ambito dei progetti di alloggio del Municipio perchè questi escludono i cittadini arabi. Le case destinate a demolizione sono state costruite su terreni privati registrati fin dal periodo del mandato britannico. Gli avvisi di demolizione sono stati inviati ai legittimi proprietari circa due settimane fa e solo allora essi seppero che i loro terreni erano stati confiscati sin dal 1995, non avendo ricevuto alcuna notificazione e compenso al momento della requisizione.
Sottolinea quindi l’appello di Taayush: “La politica di demolizione di case non è una mera questione burocratica. Attraverso regole e norme varie Israele conduce una persistente battaglia contro i suoi cittadini arabi. Protestare contro la demolizione di case costituisce un aspetto principale della protesta contro la discriminazione e l’apartheiid in Israele. La presenza di Taayush apporterà una specifica dimensione unitara arabo-ebraica alla protesta e servirà a sottolinerae che questo non è un mero problema locale o puramente etnico. E’una questione che tocca tutti noi”.
E’ del tutto legittimo associare Israele a forme di apartheid e di razzismo e di questo sono pienamente consapevoli le organizzazioni progressiste israeliane che si battono sul terreno contro l’apartheid, lo è però molto meno Giovanni Berlinguer.
 

felixeco

Forumer storico
ogni lettura è interessante

e ogni fonte può essere opinabile.


Per esempio la frase:
Infine, a conclusione dalla guerra dei sei giorni, nel 1967, come è noto, Israele si impadronisce anche del restante 22 per cento, si annette illegalmente Gerusalemme-est


va vista al contrario.

La Lega araba comandata da Nasser attacca al grido"DISTRUGGEREMO ISRAELE IN TRE GIORNI".Viene sconfitta e arretra;israele occupa tutte le terre da dove era possibile con i cecchini colpire scuole e ospedali.

Solo quando si torna alla pace ricomincerà a rendere le terre:ma l'unico stato che vuole la pace è l'Egitto;infatti il nuovo presidente Sadat sarà ucciso per questo, ma le terre del Sinai sono tornate egiziane.
E' chiaro che le terre prese a seguito di una aggressione non le mollerà sino a che nn ci sarà un trattato di pace che gli stati circostanti nn vorranno mai..........forse
 

sharnin

Forumer attivo
Re: ogni lettura è interessante

felixeco ha scritto:
e ogni fonte può essere opinabile.


Per esempio la frase:
Infine, a conclusione dalla guerra dei sei giorni, nel 1967, come è noto, Israele si impadronisce anche del restante 22 per cento, si annette illegalmente Gerusalemme-est


va vista al contrario.

La Lega araba comandata da Nasser attacca al grido"DISTRUGGEREMO ISRAELE IN TRE GIORNI".Viene sconfitta e arretra;israele occupa tutte le terre da dove era possibile con i cecchini colpire scuole e ospedali.

Solo quando si torna alla pace ricomincerà a rendere le terre:ma l'unico stato che vuole la pace è l'Egitto;infatti il nuovo presidente Sadat sarà ucciso per questo, ma le terre del Sinai sono tornate egiziane.
E' chiaro che le terre prese a seguito di una aggressione non le mollerà sino a che nn ci sarà un trattato di pace che gli stati circostanti nn vorranno mai..........forse

Penso che le mie fonti, essendo israeliani, e personaggi di un certo rilievo - il prof. Halevi è professore di Economia a Sidney - siano piuttosto attendibili.
Tra l'altro hanno a disposizione la stampa in ebraico, e forse anche in arabo.
 

La mò forever

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Re: ogni lettura è interessante

sharnin ha scritto:
Penso che le mie fonti, essendo israeliani, e personaggi di un certo rilievo - il prof. Halevi è professore di Economia a Sidney - siano piuttosto attendibili.
Tra l'altro hanno a disposizione la stampa in ebraico, e forse anche in arabo.

sinceramente non avevo mai letto nulla di sto qui e mai sentito, mi sono detto eppure letture di economisti in gamba israeliani ne ho incontrato da diverse parti......sciarninnnnnnnnnnn e meno male che metti il "piuttosto " alla sua età è ankora un lettore ( non ha un PhD) l' unico articolo pubblicato in una rivista internazionale di rilievo è stata fatto nel 2005 sull' international journal of political economy, con tutto il rispetto x la persona ed in particolare x lo studioso che sicuramente è di spessore ma non mi sembra che stai citando un economista israeliano al top specie nell' economia politica come invece lo disegni tu :-o
 

carrodano

Forumer storico
Ogni popolo ha diritto ad esistere.
Lo stato palestinese e quello ebraico devono riuscire a convivere.

I problemi sono tanti, ma la storia deve essere interpretata in modo tale da favorire la pace.

Ricordiamo la differenza tra storia e storiografia.

Un saluto a tutti
scarnin, felix, la mo'.
 

sharnin

Forumer attivo
Re: ogni lettura è interessante

La mò forever ha scritto:
sinceramente non avevo mai letto nulla di sto qui e mai sentito, mi sono detto eppure letture di economisti in gamba israeliani ne ho incontrato da diverse parti......sciarninnnnnnnnnnn e meno male che metti il "piuttosto " alla sua età è ankora un lettore ( non ha un PhD) l' unico articolo pubblicato in una rivista internazionale di rilievo è stata fatto nel 2005 sull' international journal of political economy, con tutto il rispetto x la persona ed in particolare x lo studioso che sicuramente è di spessore ma non mi sembra che stai citando un economista israeliano al top specie nell' economia politica come invece lo disegni tu :-o

Io non lo cito affatto come economista, se hai ben capito; non so che età abbia, so che insegna a Sidney e ha insegnato a Grenoble, e ha tenuto dei corsi a Bergamo. E' stato allievo di Paolo Sylos Labini. Io lo considero una persona intelligente e ho postato vari suoi articoli. Scrive su riviste di sinistra.
Certamente non è funzionale al sistema. Del resto anche gli altri autori, che non sono economisti, probabilmente non li hai mai sentiti nominare.
Ti rendi conto di cosa vuol dire funzionale al sistema o meno?
Ci sono emerite teste di c. che sono funzionali al sistema e perciò molto reclamizzate.

Manco Tuor è professore di Ecnomia, però è intelligente.
 

carrodano

Forumer storico
Una fonte è attendibile o meno quando si riferisce a fatti, le opinioni espresse sono un'altra cosa.

L'attendibilità di una fonte non può essere misurata solo dalla non-funzionalità ad un certo sistema politico-culturale,, di un autore.
 

La mò forever

Forumer attivo
Re: ogni lettura è interessante

sharnin ha scritto:
il prof. Halevi è professore di Economia a Sidney


ho letto che gli argomenti postati da te non comprendono aspetti economici, ma tu 3 o 4 post prima lo rikiami come professore di economia dando l' impressione di strumentalizzare la sua professione x attribuire autorevolezza a ciò che posti....io conseguentemente sono andato a vedere chi è xchè mai sentito, è un pekkato veniale che mi puoi passare ?
sia alievo di chi vuoi a me non interessa, come non mi interessa la retorika di basso livello sugli incardinati o meno nel sistema.....
 

sharnin

Forumer attivo
carrodano ha scritto:
Una fonte è attendibile o meno quando si riferisce a fatti, le opinioni espresse sono un'altra cosa.

L'attendibilità di una fonte non può essere misurata solo dalla non-funzionalità ad un certo sistema politico-culturale,, di un autore.

Forse non avete ben capito, io cito questi come persone colte e consapevoli che hanno vissuto, loro o le loro famiglie, questi eventi. Ne sapranno più di voi, o no?
 

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